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14 marzo 2008

Tendenze globali dell’occupazione femminile 2007
Studio ILO allerta sulla « femminilizzazione » dei lavoratori poveri

Giovedì 8 marzo 2007 - ILO/07/06

GINEVRA (Notizie dall’OIL) — Le donne al mondo che lavorano non sono mai state così numerose, tuttavia il persistere di differenze rispetto ai lavoratori uomini a livello di status, sicurezza del posto di lavoro, salario e accesso all’istruzione sta contribuendo alla « femminilizzazione dei lavoratori poveri ». È quanto emerge da un nuovo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), pubblicato in occasione della Giornata mondiale della donna1.

Secondo il Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione femminile – sintesi 20072, il numero delle donne presenti sul mercato del lavoro – siano esse occupate o in cerca di occupazione – ha raggiunto il livello più elevato. Nel 2006, secondo le stime dell’ILO, dei 2,9 miliardi di lavoratori nel mondo 1,2 miliardi erano donne.

Nonostante ciò, sempre secondo l’ILO, sono sempre più numerose le donne senza lavoro (81,8 milioni), occupate in lavori poco produttivi nel settore agricolo o nei servizi o quelle che, a parità di mansioni rispetto agli uomini, ricevono salari più bassi. L’ILO ha anche aggiunto che la percentuale di donne in età lavorativa che ha un’occupazione, o cerca un lavoro, ha smesso di crescere ed in alcune regioni è anche diminuito, anche perché un numero sempre maggiore di giovani donne decide di studiare anziché lavorare.

« Nonostante alcuni progressi, sono ancora troppe le donne oggi che svolgono lavori mal remunerati, spesso nell’economia informale, senza adeguata protezione giuridica, con scarsa o nessuna protezione sociale e con un livello di precarietà molto alto », ha dichiarato il Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia. « Promuovere il lavoro dignitoso come strumento fondamentale per il raggiungimento dell’uguaglianza tra uomini e donne è un percorso che permetterà di aumentare il livello dei salari e di accrescere le opportunità di lavoro per le donne e di far uscire molte famiglie dalla morsa della povertà ».

Il rapporto aggiunge che per consentire alle donne e alle loro famiglie di uscire dalla povertà è indispensabile creare opportunità di lavoro dignitoso che permetta loro di svolgere un’attività produttiva e ben remunerata in condizioni di libertà, sicurezza e dignità umana. In caso contrario, il processo di femminilizzazione dei lavoratori poveri continuerà e rischierà di essere un problema anche per le prossime generazioni.

Il rapporto inoltre rileva che oggi un numero maggiore di donne in età lavorativa ha un lavoro retribuito (47,9 per cento) rispetto a 10 anni fa (42,9 per cento). Tuttavia, lo studio fa notare che più una regione è povera, più le donne rischiano, rispetto agli uomini, di non essere retribuite quando collaborano in imprese familiari o di lavorare per conto proprio per redditi minimi.

Accedere ad un lavoro retribuito è una tappa essenziale verso la libertà e l’autodeterminazione per molte donne, sostiene l’ILO. Nonostante ciò, nelle regioni più povere del mondo la percentuale di donne che lavorano in imprese familiari, sul totale degli occupati, è di gran lunga superiore a quella degli uomini ma con meno probabilità per le donne di essere retribuite.

Nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia del sud-est, 4 donne lavoratrici su 10 sono classificate come collaboratrici in imprese familiari, contro 2 uomini su 10. Nell’Asia del sud, il rapporto è di 6 donne su 10 contro, anche qui, soltanto 2 uomini su 10 nella stessa condizione. In Medio Oriente e nell’Africa del nord le proporzioni sono di 3 donne su 10 ed un solo uomo su 10.

Secondo il precedente Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione femminile (2004)3 le donne rappresentavano almeno il 60 per cento dei lavoratori poveri nel mondo – coloro che lavorano ma non guadagnano abbastanza per innalzare, se stessi e le proprie famiglie, al di sopra della soglia di un dollaro al giorno per persona. Secondo il rapporto lanciato oggi dall’ILO « non c’è ragione di credere che questa situazione sia cambiata negli ultimi due anni o che cambierà a breve ».

Le differenze diminuiscono, ma persistono

Secondo i dati dell’ILO, nel 2006 le donne rischiavano più degli uomini di rimanere disoccupate. Il tasso di disoccupazione femminile era infatti del 6,6 per cento, contro una disoccupazione maschile del 6,1 per cento.

A livello globale, il rapporto fra occupazione e popolazione – che indica quanto le economie traggono beneficio dal potenziale produttivo della propria popolazione in età lavorativa – è molto più basso per le donne che per gli uomini. Infatti, solo la metà delle donne economicamente attive (oltre i 15 anni) possiede un lavoro, mentre per gli uomini il rapporto è di 7 su 10.

Questa disparità nei dati tra uomini e donne riguardo al tasso di occupazione della popolazione è ancora più evidente in Medio Oriente e nell’Africa del nord, dove poco più di 2 donne su 10 lavorano, contro quasi 7 uomini su 10.

Lo studio rileva che questa differenza è comunque diminuita in tutte le regioni del mondo negli ultimi 10 anni, ad eccezione dell’Africa sub-sahariana dove è rimasta inalterata e nell’Asia dell’est dove si è registrato addirittura un aumento.

Lo studio inoltre menziona prove della persistenza di differenze salariali. Nella maggior parte delle regioni e in vari settori, pur svolgendo lo stesso lavoro, le donne guadagnano meno ma alcuni dati mostrano che la globalizzazione può contribuire a ridurre queste differenze per alcuni tipi di occupazione.

Un’analisi dei dati disponibili per sei categorie professionali evidenzia che, nella maggior parte delle economie, le donne guadagnano ancora il 90 per cento o anche meno dei loro colleghi uomini. Anche per lavori tradizionalmente femminili, come ad esempio le infermiere e le insegnanti, permane la differenza salariale.

Infine, anche se il tasso di alfabetizzazione delle donne è oggi più elevato rispetto a 10 anni fa, nella maggior parte delle regioni del mondo l’accesso ai vari livelli di istruzione rimane ancora molto sbilanciato tra donne e uomini. Inoltre, il 60 per cento dei giovani che abbandonano gli studi è costituito da ragazze, spesso perché devono aiutare in casa o andare a lavorare. Il rapporto sottolinea che il fatto che queste ragazze non possano finire gli studi, anche primari, toglie loro l’opportunità di dare una svolta al proprio futuro.

I risultati del Rapporto sulle tendenze globali dell’occupazione femminile di quest’anno sono solo parzialmente incoraggianti. Le differenze di genere stanno diminuendo, ma lentamente. Il rapporto conclude che « creare opportunità di lavoro dignitoso e produttivo per le donne è possibile, come mostrato dai progressi elencati nel rapporto. Tuttavia, i soggetti politici non solo devono porre la questione dell’occupazione al centro delle politiche sociali ed economiche, ma devono anche riconoscere che le sfide affrontate dalle donne nel mondo del lavoro richiedono interventi mirati a risolvere problemi specifici ».


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