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14 marzo 2008

Lavoro e dopo-lavoro: il vuoto che uccide

LA DIGNITA' NEGATA *
Lavoro e dopo-lavoro: il vuoto che uccide
di Santo Della Volpe

Uno strano destino attraversa oggi Torino e non è la prima volta che accade ,nella sua storia industriale. Perché nell’area produttiva torinese il pericolo per i lavoratori arriva sempre nei momenti critici. Così è accaduto per i 7 operai morti alla Thyssenkrupp, il 6 dicembre scorso, morti,secondo l’inchiesta della Procura di Torino,proprio perché la fabbrica si stava avviando alla chiusura e quindi diminuivano,nella logica del risparmio aziendale,le manutenzioni ordinarie. Così è avvenuto anche per Luigi Roca,operaio di un’altra azienda del gruppo Thyssenkrupp, la Berco di Rocca Canadese: morto suicida per mancanza di lavoro,cioè di lavoro interinale che l’azienda non gli ha confermato. A 37 anni,significava restare sulla strada, con moglie e figli. Con il lavoro, ha scritto, “ho perso la dignità”: e la memoria di Torino torna dunque , come in un perverso ciclo che si ripete, al dopo Cassa Integrazione dei 23.000 operai Fiat del 1980.
Anche in quel caso, con l’uscita dalla fabbrica,si usciva da un ruolo, da una “dignità” che aveva caratterizzato la vita di ciascuno di quegli operai. E se molti, per fortuna, hanno trovato nella licenza da taxista o nell’acquisto in cooperativa di una vecchia trattoria un futuro anche se solo lavorativo, perso lo status, per molti altri si aprì la strada della depressione, del rinchiudersi in casa, del lento declino con la conseguenza di litigi in famiglia, separazioni, sino alla malattia, in alcuni casi al suicidio. Proprio come per Luigi; attraversato da quella maledizione Thyssenkrupp che dal 6 dicembre scorso colpisce a ripetizione. Luigi non ce l’ha fatta ad affrontare il dopo: forse perché la speranza di uscire dal lavoro interinale ed essere assunto definitivamente, si è spenta diventando illusione, dopo i 7 morti di 3 mesi fa a Torino e quindi l’annuncio della chiusura della fabbrica di Torino. Ricominciare da capo e dove?
La dignità; la dignità….quella nessuno te la può ridare se ritieni d’averla persa con il lavoro. Quella sofferenza attraversa le persone, le famiglie, nel 1980 come oggi. Non ci sono amicizie o affetti che possano ridartela se sei convinto di non averla più. E poi c’è la stanchezza di vivere l’altalena dell’incertezza lavorativa,con la casa, magari il mutuo, e poi i conti che non tornano, i prezzi che non scendono,lo sguardo interrogativo sul futuro che magari non c’è in chi ti guarda, ma tu, licenziato, lo leggi negli occhi di chiunque incroci con lo sguardo .Così mi raccontò la sua vita un operaio in Cassa Integrazione a zero ore, 30 anni fa, Forse Luigi pensava questo nei momenti di attesa di quella lettera dall’azienda e di ricerca del nuovo lavoro. Forse altro ancora,chissà: di certo con il lavoro ha scritto alla moglie d’aver perso più di un impiego: aveva perso un pezzo di sé; molto, troppo importante.

* da www.articolo21.info

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