Come donne, come molte altre donne, abbiamo patito le prevaricazioni sociali e culturali che tutte conosciamo – qui, oggi e da anni. Come altre e con tante altre ci siamo opposte all’ingiustizia e alla privazione di libertà e autodeterminazione e, insieme, abbiamo guardato più lontano: dove si concretizza in modo estremo la violenza della prevaricazione, nei luoghi in guerra. Il nostro sguardo non si è solo fermato sulle pur orribili immagini, notizie e numeri che i media ci propongono; abbiamo pensato alla vita che la guerra devasta, quotidianamente: la vita e i corpi delle donne, trattate come oggetti e vittime di violenze domestiche e di stupri; la loro angoscia per la vita delle persone di cui hanno cura ogni giorno e la fatica per garantirla; la distruzione della rete dei rapporti amicali e solidali delle comunità, che è alla base di una vita non solo ridotta a sopravvivenza; la devastazione del territorio e della natura, che rende sempre più difficile il presente e mette anche in discussione il futuro. Guardare lontano ci ha spinte a viaggiare; l’incontro e le relazioni che abbiamo mantenuto con le donne di tanti “luoghi difficili” ci hanno aiutate ad aprire gli occhi, ad interpretare il nostro vivere qua. Abbiamo imparato a riconoscere la militarizzazione crescente della nostra società, in cui l’uso della forza (sempre più spesso armata) diventa la modalità più diffusa e legittimata per affrontare qualunque situazione: le relazioni personali violente, di cui la violenza sulle donne, in famiglia, sul lavoro e fuori è l’elemento che ci colpisce di più, ma si esprimono anche ad esempio nel bullismo degli adolescenti; al disagio sociale, alla paura diffusa si risponde identificando come “nemico” l’altro, il diverso, che, volta a volta può essere il lavavetri, il rom, il migrante, il dissidente ... La risposta delle istituzioni è il controllo con le telecamere, l’aumento della polizia, la militarizzazione del territorio in nome della sicurezza; nelle relazioni internazionali vediamo la dipendenza e la collaborazione dell’Italia e dell’Europa con la potenza che tenta di dominare il pianeta con la forza. Mentre noi ci mettiamo in relazione con le donne dei paesi in guerra e tentiamo ponti di pace, i governi italiani stabiliscono accordi militari, acquistano e producono costosissimi e sofisticati armamenti, alienano pezzi del territorio nazionale (e pagano!) per le basi militari straniere. Noi riteniamo che l’uso della forza per produrre e mantenere a livello sociale e internazionale situazioni di prevaricazione e ingiustizia sia un’estensione di ciò che il patriarcato produce nelle relazioni personali e famigliari. Per questo ci opponiamo e continueremo ad opporci alle guerre, per questo ci opponiamo e continueremo ad opporci ad ogni attacco alla libertà e all’autodeterminazione delle donne. Donne in nero – Casa delle Donne di Torino f.i.p. 5.03.08
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11 marzo 2008
Chi difende la vita in un mondo di guerre
CHI DIFENDE DAVVERO LA VITA IN UN MONDO DI GUERRE?
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