Traduzioni

3 marzo 2008

Sinistra. La delusione fiorentina

Sabato 01 Marzo 2008 :: ore 14:53
Sinistra. La delusione fiorentina
Alla fine la Sinistra Unita e Plurale fiorentina non ce l’ha fatta. Troppo forti le logiche della vecchia politica per un’aggregazione che proprio sulla necessità dei partiti, e non sul loro superamento, ha cercato invano di rinnovare dal basso modalità e pratiche della sinistra. Un tentativo generoso, fondato sulla commistione tra società civile, cittadini senza tessera e le quattro forze politiche (PRC, PdCI, Verdi e SD), finito lo scorso 27 febbraio in una partecipata assemblea che ha dovuto fare i conti con la volontà della Sinistra Arcobaleno (la mera fusione fredda dei partiti), di blindare presenze, percentuali e nomi all’interno delle liste elettorali in vista delle elezioni del 13 aprile. Un colpo forte per tutti coloro che, riconoscendosi nei valori della sinistra non liberista, si sono impegnati sul tema della rappresentanza nella costruzione paziente di un tessuto politico nuovo, unitario, capace di intrecciare le campagne e le vertenze territoriali alla realpolitik degli apparati.
E’ stato un lavoro lungo e faticoso, durato oltre un anno e mezzo. Un impegno che ha portato prima alla condivisione della scelta unitaria, poi alla definizione di un decalogo su contenuti e metodi e infine alla costituzione di una vera e propria associazione, con tanto di tessera e logo ‘Sinistra Unita e Plurale’. Un’inversione di tendenza rispetto alle pratiche insufficienti della politica tradizionale, una novità importante necessaria, nelle parole di Paul Ginsborg, «non per cercare l’unità in sé, ma perché essa ci offre la possibilità di contare di più, di elaborare una visione del riformismo radicale, di pensare e scrivere collettivamente ‘a sinistra’, di rappresentare degnamente in Parlamento i movimenti e le proteste che altrimenti non avrebbero alcun ascolto, di sperimentare e proporre nuove forme della politica e della democrazia.»
Così non è andata. Alla prova delle elezioni le segreterie nazionali dei partiti non hanno ceduto di un millimetro. Eppure la S.U.P. ha cercato di ampliare il rapporto fra partiti e movimenti fino a comprendere il sempre spinoso tema della rappresentanza. Quale migliore occasione, quella del 13 aprile, per decidere in maniera trasparente, condivisa e partecipata coloro che avrebbero dovuto rappresentare questa novità in Parlamento? E dire che la S.U.P. aveva scritto ai segretari dei partiti, rivendicando un ruolo attivo, frutto del lavoro degli ultimi mesi. Nessuna risposta. L’esperienza blandita l’8 e 9 dicembre a Roma, nel momento in cui si parla di posti, è stata rimossa dai partiti.
L’assemblea di Firenze ha lasciato l’amaro in bocca in molti e all’ordine del giorno finale, approvato con stanchezza e disillusione, è stato affidato il compito di mettere nero su bianco la crisi dell’esperienza. Ecco il dettaglio in cui si sottolinea la distinzione tra Sinistra Unita e Plurale e Sinistra Arcobaleno: «Non è stato dato seguito all’8-9 dicembre: gravi e imperdonabili sono il ritardo e la carenza politico-culturale delle dirigenze dei partiti della Sinistra Arcobaleno, che nella prospettiva di una riduzione di posti parlamentari si rinchiudono in una logica proprietaria alla fine autodistruttiva. Aprire un percorso partecipato su programma e candidature era condizione indispensabile alla forza di convincimento anche elettorale. E’ avvenuto il contrario: non ci riconosciamo in questa modalità chiusa proprietaria e di sopravvivenza microcompetitiva di ceto politico. Le liste che ne stanno–ancora misteriosamente–uscendo non sono le nostre. Occorre quindi aver chiaro che esiste ancora una distinzione di ruoli fra Sinistra Unita e Plurale e Sinistra Arcobaleno…». Una distinzione che porterà molti ad impegnarsi in modo diverso dalle prescrizioni elettorali imposte da Roma.
(Cristiano Lucchi, Altracittà)

Archivio blog