Traduzioni

23 febbraio 2008

Report Gruppo 3

Report del lavoro svolto dal gruppo tre del Cantiere:

costruire relazioni per una città includente

9 Febbraio, Facoltà di Architettura

a cura di G. Laino


Nel terzo gruppo ci siamo ritrovati in 24 persone: operatrici sociali, ricercatori universitari, testimoni di condizioni particolarmente fragili (operai, transessuali), studenti, dirigenti pubblici.


Per riportare una sintesi (che oltre ad essere una riduzione dovrebbe cercare di essere anche una sua elaborazione), parto dalla convinzione che ogni buona traduzione è sempre anche un’interpretazione. Pertanto, assumendo qualche responsabilità, aggrego i contenuti intorno a tre parole chiave che risultano dense e problematiche per tutti i partecipanti al cantiere.

Le tre parole sono Conoscenza, Fiducia e Reti.


CONOSCENZA

In modo diverso, grazie soprattutto ad alcuni interventi e al contributo che ha dato in mattinata Franco Floris (che con Enrica Morlicchio ha partecipato ai lavori del gruppo), è emersa l’evidenza di problemi strutturali, delle specificità della situazione napoletana e della necessità di elaborare, conoscere, condividere visioni, interpretazioni delle condizioni di cui siamo parte, con rinnovate capacità di analisi. Si tratta insomma di evitare una eccessiva dispersione entro una visione molecolare che nasconda o opacizzi troppo dimensioni strutturali che plasmano la riproduzione delle condizioni di vita.

Per richiamare l’importanza dell’immaginazione, suggerisco il ricorso a due termini che, in letteratura, richiamano attività cognitive che non sono solo necessariamente dei singoli: il fare visioning e fraiming. Si propone con questi termini l’essenziale funzione di elaborare e rinnovare visioni, immaginare dei quadri interpretativi, senza in questo inibire le intelligenze delle emozioni.

Da un lato, sia dalle analisi che dalle testimonianze, emergono le condizioni che ripropongono il carattere strutturale di problemi nella conurbazione napoletana: la disoccupazione strutturale, il blocco all’accesso nel mercato del lavoro regolare soprattutto per alcune categorie sociali;

il ruolo molto rilevante del settore pubblico nel mercato del lavoro sia diretto (vedi l’ampiezza in termini di numero di persone che vi lavorano delle aziende pubbliche o miste), come pure il peso che nell’economia del mezzogiorno hanno le filiere legate agli appalti pubblici;

la relativa debolezza dell’economia, dell’imprenditoria privata e il ruolo straordinario del sommerso.

E’ essenziale acquisire una qualche competenza diffusa nell’interpretare queste dimensioni strutturali, transcalari, senza chiudersi nell’economicismo ed evitando nuove forme di millenarismo apocalittico secondo cui tutto è già segnato dal destino.

Diversi interventi hanno sollecitato una visione integrata, non economicistica, riportando le testimonianze secondo cui le persone in difficoltà non hanno bisogno solo di opportunità economiche (certamente necessarie) ma di un accurato sostegno per dare voce alla rabbia, darsi un progetto di speranza.

Più volte è tornata la necessità di non sottovalutare la dimensione culturale, lo stesso Floris in mattinata aveva esortato a riprendere contatto con la cultura già fatta, fermarsi più spesso a pensare (magari insieme), evitando l’attivismo; riflettere i modi e i contenuti del cambiamento: come persone che sono, stanno in e lavorano per il PUBBLICO, dovremo essere vettori del mutamento. Ci interroghiamo abbastanza su, se e quanto, lo siamo effettivamente ?

Quanto le agenzie sociali si stanno schiacciando sulle prestazioni senza invece ri/costruire reti e legame sociale ?

Rispetto a questa esigenza di pensare a quello che facciamo e alle condizioni in cui siamo, emerge una lacuna preoccupante del ruolo dei ricercatori e degli universitari: a parte singole testimonianze, dove sono le Università, i centri di ricerca ?

La politica certo, le politiche senz’altro ! Senza delegare tutto o troppo alla politica !

Da più interventi è emersa la necessità di abitare sempre meglio uno spazio intermedio di autonomia, magari tornando ai territori, quelli dei quartieri come quelli delle comunità di pratiche di cui siamo o possiamo essere parte.

Purtroppo NON ABBIAMO SCAMPO !

Dobbiamo fare più lavori contemporaneamente, evitando troppe approssimazioni. Anche fra noi con l’adozione di un lessico e l’uso di alcuni spezzoni di analisi, ci si illude di fare idonea analisi critica. Invece dobbiamo continuare a sforzarci per documentarci e capire, magari anche cambiando idea, cercando di andare oltre il pensiero di senso comune. Certo si ripropone come centrale la questione dei poteri, degli attori, dei reticoli e delle pratiche di potere e di possibile emancipazione.


FIDUCIA

E’ evidente la necessità di associare interventi di sostegno alle persone, ai nuclei (come sostegno ai reticoli, alle loro capacità di accesso), e attivazione delle persone, proponendo e sottoscrivendo patti, per praticare e ampliare POLITICHE DELLA FIDUCIA.

Dobbiamo ricordare che in questa città da circa dieci anni si “sperimentano” politiche di reddito di cittadinanza. Anche in questi anni, come dimostrano la vicenda dei rifiuti e alcune politiche della formazione, la questione dei disoccupati è centrale.

Dalle testimonianze intorno alle politiche sociali e del lavoro riemerge che quando le politiche vengono disegnate e implementate a partire da visioni e diagnosi parziali ed errate, che non fanno tesoro dei saperi degli esperti dei territori, quando per il disegno delle politiche vengono chiamati gli amici, i fedeli, gli affiliati, poi si scontano errori e si producono sprechi; soprattutto si brucia fiducia. Secondo il pensiero di molti testimoni, per l’efficacia nelle politiche sociali “c’è un forte nesso fra sollecitazione all’indipendenza e sollecitazione al patto”.

E’ necessario adoperarsi, incoraggiarsi, sostenersi per passare dalle sacche di resistenza alla capacità di distanziarsi, abitare nel e con il disagio ritrovandosi, riproponendosi una progettualità senza scorciatoie, per non essere tanto o solo “ruota di scorta” ma vettori, co-protagonisti del cambiamento…………..non è così facile ma forse è l’unica via…… no ?


RETI

A Napoli ci sono molteplici piani in cui sono attive reti; non vi è l’isolamento tipico di altri contesti, magari più garantiti. La questione è che queste reti, spesso familistiche, claniche, clientelaari, spesso condizionano negativamente - come ha riportato Enrica Morlicchio da ricerche fatte da Lei e da alcune Colleghe - coproducono segregazione sociale. Un adolescente o una donna di un quartiere popolare scontano il degrado e il peso dei legami forti (famiglie, gruppo di pari) e la pochezza di altri possibili legami “deboli” (opportunità di istruzione, formazione lavoro regolare, accesso all’informazione). Anche qui torna con forza la necessità di politiche che consentano pratiche virtuose, di sostegni materiali per il mutamento culturale.

Da tempo alcuni riflettono sulla necessità di offrire opportunità e sollecitazioni per favorire la mobilità dei giovani; forse è indispensabile per un reale rinnovamento delle mentalità.


Una parentesi (personale) sulle reti che alla fine non sono ne possono essere un fine in se: sono affezionato a due parole che richiamano due pratiche, solo apparentemente alterative, che invece bisogna creativamente associare: RADICAMENTO (o almeno ancoraggio) e TRESPASSING1 (inteso come attraversamento, superamento di confini, di limiti).

1 Che nei cartelli che segnalano i confini di proprietà negli Stati Uniti significano violazione di limiti di proprietà ma, riferendosi p.e. al contributo di Albert O. Hirschman (1994)Passaggi di frontiera. I luoghi e le idee di un percorso di vita. Roma, Donzelli Editore, indicano una necessaria attitudine del pensiero critico.


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