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25 maggio 2008

Napoli, pugno di ferro sulla rivolta

L'analisi - Il resto della Regione - da Terzigno a Serre - aspetta come finirà a Chiaiano
Ma per il governo è in gioco la credibilità del cipiglio decisionista

Napoli, pugno di ferro sulla rivolta
così si prepara l'ultimo showdown

di GIUSEPPE D'AVANZO

NAPOLI - Soltanto un ostinato ottimista può credere che questa storia di Chiaiano non finisca - nelle prossime ore - malissimo. Nel peggiore dei modi. Lo prevedono entrambi gli antagonisti: chi protesta; chi la protesta deve affrontare. Sull'uno e l'altro fronte ne parlano come di un appuntamento improrogabile.
Sono come rassegnati alla "battaglia" lungo l'ultimo chilometro di via Cupa del Cane verso le cave di tufo di Poggio Vallesana, bloccate oggi da cinque, alte barricate di auto rovesciate, alberi abbattuti, filo spinato, cassonetti incatenati tra di loro. La prova di forza contrapporrà tra 24/48 ore - il tempo definisce l'effettività della decisione del governo e l'attendibilità del piano predisposto per decreto legge - giovani e meno giovani abitanti del quartiere ai "reparti mobili" e ai "battaglioni" di polizia e carabinieri.
L'ultima chance di dialogo è affidata a un incontro che Guido Bertolaso ha accettato di convocare per oggi pomeriggio. Anche in questo caso, la previsione è di una luna nera. La gente di Chiaiano si attende un negoziato, "una trattativa" per ridiscutere l'adeguatezza delle cave ad accogliere 700 mila tonnellate di rifiuti. Il sottosegretario/commissario esclude ogni nuova, debilitante mediazione. E' consapevole che, se non spezza un anello della catena di "no", di proteste, di rinvii, di ripensamenti, finirà fritto. E precipiterà, come già gli è accaduto una volta, nella trappola che si è "mangiato" anche Gianni De Gennaro.
A Terzigno - dove la cittadinanza ha già dato in questi anni prova di grande combattività - sono in attesa di vedere come finirà a Chiaiano. Se a Chiaiano il governo e lo Stato dovessero disarmare, a Terzigno vedranno uno spiraglio per evitare di raccogliere vicino a casa i rifiuti della provincia avviando così il consueto "effetto domino" che ha impedito, nell'ordine e nel tempo, l'apertura delle discariche di Parapoti, Serre, Ariano, Giugliano Taverna del Re, Pianura, Savignano. Se nel Napoletano l'anello della catena non si spezza, presto, prestissimo, subito, sarà arduo convincere Salernitani, Sanniti, Irpini, Casertani ad accogliere l'immondizia prodotta e rifiutata dai Napoletani. Manco a parlare dei Veneti o dei Siciliani o di una collettività che dovrebbe sborsare altre decine di milioni per sbolognare, a caro prezzo, l'immondizia agli impianti di riciclaggio della Sassonia.
Due discariche devono esserci nella provincia di Napoli, questo dirà Bertolaso, che considera la riunione di oggi non un "tavolo di negoziazione", ma un "tavolo di garanzia". Il commissario è disposto a "lavorare" nelle cave con i tecnici indicati dalla comunità di Chiaiano, a coinvolgerla nel controllo della quantità e qualità dei rifiuti che vi saranno smaltiti. Nulla di più. Chiederà che siano smantellati subito i blocchi stradali. Non accetterà che nella delegazione ci siano i "comitati di protesta" che, con una decisione stravagante del governo, sono stati dichiarati "sciolti" per decreto, manco fossero consigli comunali.
In gioco, a questo punto, non è soltanto la soluzione della lunga e ormai (per tutti) incomprensibile catastrofe dei rifiuti napoletani, ma la pubblica sfida lanciata da Silvio Berlusconi, la credibilità del cipiglio decisionista scelto, all'esordio, dal governo. E' come se il più che decennale ciclo della crisi dei rifiuti napoletani sia precipitato in un unico luogo, lungo un chilometro, dove si fronteggiano lo Stato e un quartiere. Uno Stato sostenuto dall'indiscutibile consenso di chi, al nord come al sud, a destra come a sinistra, chiede che questo crescendo di egoismi sociali e di autolesionismo pubblico finisca una buona volta - costi quel che costi - e una comunità che può diventare, nelle prossime ore, icona dell'opposizione a una "democrazia della forza" e non della partecipazione; simbolo nazionale di "resistenza" a una classe politica inetta e autoritaria, incapace di trovare nell'arco di quattordici anni soluzioni efficaci e condivise.
Tra l'uno e l'altro, tra lo Stato e quel quartiere, non c'è più alcuna forma di conciliazione. C'è soltanto il deserto degli sconfitti; lo sbaraglio di ogni mediazione politica, sociale, istituzionale; l'assenza di ogni fiducia nella cooperazione. Il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, che dovrebbe essere "Stato" con i cittadini e "cittadino" con lo Stato, non ha alcuna plausibilità né con i suoi cittadini né con lo Stato che dovrebbe rappresentare. Il governatore della Regione, Antonio Bassolino, giudicato ormai da queste parti alla stregua di un "dittatore africano", è preoccupato soltanto del suo destino politico in nome del quale si è felicemente abbarbicato al nuovo governo nella speranza di traghettare se stesso fino alle elezioni europee del 2009. La dissipazione di ogni capitale sociale, l'assenza di ogni traccia di radicamento nel territorio, l'evaporazione di ogni ruolo della politica che, sola, avrebbe potuto garantire quel "patto territoriale" - che sta alla base degli insediamenti di una discarica o di un impianto - chiudono il fallimentare bilancio.
Oggi, rien ne va plus, le jeux son faits. Poco importa che il piano del governo lasci ancora in vita l'intero network di intermediazione (consorzi, società miste) che ha ingoiato, negli ultimi dieci anni, 780 milioni di euro all'anno, quindi 15 mila miliardi di lire in dieci anni. Quel che conta, nelle prossime ore, è l'unitarietà emotiva della comunità di Chiaiano, la sua determinazione a "combattere fino alla fine", come si sente dire tra le barricate - e non paiono soltanto parole di una follia rabbiosa, scampoli disperati di irrazionalità. Di contro, il governo e lo Stato si giocano la faccia. Che ne sarebbe dei chiassosi annunci dell'Esecutivo (lotta alla clandestinità, nucleare, ponte sullo Stretto) se non riuscisse a piegare la riluttanza di una borgata di 30 mila abitanti, soprattutto quando gli altri, tutti gli altri chiedono, nell'interesse del Paese e della stessa Napoli, di chiudere finalmente questa umiliante storia? E' l'inconciliabilità delle ragioni in campo a rendere sconsolato anche il più ostinato ottimista. Si può sperare soltanto che, nelle poche ore che ci dividono dall'inevitabile showdown, la ragione e la responsabilità - di tutti - tornino a farsi vedere.

La Repubblica (25 maggio 2008)

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