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31 maggio 2008


La Repubblica 31 maggio 2008


L'arroccamento del Cavaliere


di Giuseppe D'Avanzo


Magari oggi correggerà in parte le sue parole. Capita spesso. Ma, se si prende sul serio e alla lettera quel che ha detto Silvio Berlusconi a Napoli, non c'è dubbio che l'esecutivo - come già s'era paventato - voglia tirare avanti per la sua strada con un paradigma di governo che "militarizza" la politica e l'applicazione della decisione; un canone che sospende temporaneamente l'esercizio della norma anche in violazione della legge e della Costituzione.
Dinanzi alla catastrofe dei rifiuti non smaltiti di Napoli e della Campania, Berlusconi rivendica il diritto e il dovere di declinare la "governabilità" come decisione assoluta e non partecipata. Il presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione - come pure era parso a molti - di mitigare l'"eccedenza autoritaria" del suo piano e del decreto legge che lo sostiene. Al contrario, evocando una "destrutturazione dello Stato" e la minaccia di "un'anarchia", lo irrobustisce, lo "incarognisce" e annuncia il ruolo decisivo - nell'operazione - dell'Esercito.
Saranno i militari del Genio a gestire gli impianti di combustibile da rifiuti (CdR), abbandonati dall'impresa privata (la Fibe) che si è vista decapitare le direzioni dagli arresti della magistratura. I soldati proteggeranno le discariche (e questo si sapeva) e in più - è una novità - "saranno chiamati a garantire anche l'accesso ai siti: non è accettabile alcun divieto di transito alle istituzioni della Repubblica. In gioco ci sono le regole minime per non passare dalla democrazia all'anarchia". "Chiaiano sarà definita zona militare", dice Berlusconi.
Si può immaginare allora che cosa accadrà presto in quella periferia di Napoli. Teatro dei violenti scontri della scorsa settimana, l'"ultimo chilometro" - dalla rotonda della Rosa dei Venti che conduce al Poggio Vallesana e alla Cupa del Cane, dove sono le cave di tufo che ospiteranno la discarica - sarà "militarizzato". L'Esercito, e non più la polizia, ne proteggerà la percorribilità impedita per alcuni giorni dalle barricate dei comitati di protesta.
Berlusconi è stato categorico, forse imprudente, forse consapevole della sua sfida: "Dalle relazioni che abbiamo, siamo sicuri della idoneità di Chiaiano". In realtà, le analisi tecniche del suolo sono in corso soltanto da quattro giorni e, alla vigilia, ne sono stati ritenuti necessari venti per un responso rigoroso. L'anticipo della sentenza non potrà che riaccendere gli animi e in serata, a Chiaiano già si urlava contro "la beffa del governo".
Berlusconi è stato liquidatorio contro ogni ipotesi di correzione del decreto per evitare i profili di incostituzionalità che magistrati e costituzionalisti hanno rilevato nella creazione di un "commissario giudiziario" (titolare di tutte le inchieste ambientali della regione, potrà scegliersi il pubblico ministero più "affidabile", in deroga alle ordinarie regole di assegnazione) e di un "processo penale napoletano" (inedita la figura di un giudice collegiale per le indagini preliminari). Taglia corto Berlusconi: "Un ordine dello Stato non può vivere in un empireo e pensare alle leggi come ad un moloch assoluto. Le leggi devono essere adattate per far vivere meglio i cittadini". Anche questo s'era intravisto.
L'emergenza napoletana si definisce ora compiutamente come "uno stato d'eccezione", come un "vuoto del diritto" che interrompe la norma e trasforma il diritto in una "prassi" dove la decisione "non può essere mai interamente determinata dalla norma". È in questo scarto che nascono le torsioni costituzionali che Berlusconi non riconosce. Il governo si sceglierà allora i magistrati che dovranno controllare le sue iniziative. I campani saranno meno protetti dalla legge. Ciò che è "tossico" altrove, non lo sarà in Campania. Ciò che altrove è considerato "pericoloso", qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia sanitaria qui non saranno in vigore o lo saranno affievolite.
Come ha scritto Stefano Rodotà "viene aggirato l'articolo102 della Costituzione, che vieta l'istituzione di giudici straordinari o speciali. Vengono creati nuovi reati di ampia interpretazione che finiscono per restringere il diritto di manifestare liberamente. La garanzia dei diritti costituzionalmente garantita è degradata. La legalità costituzionale è complessivamente incrinata". "È un dovere che lo Stato faccia definitivamente lo Stato", conclude il presidente del Consiglio.
Berlusconi agita, dunque, lo spadone intenzionato a tagliare i nodi istituzionali e sociali della catastrofe napoletana con un solo, deciso colpo netto. Senza curarsi (o intenzionalmente approfittandone) degli strappi alla Costituzione, agli ordinamenti, alla partecipazione sociale. Ne nasceranno molte polemiche e conflitti, e se ne parlerà ancora nel minuto.
Quel che in queste ore, però, bisogna chiedersi è se questa incrudelita accelerazione avvantaggi la soluzione della crisi napoletana o costituisce un problema in più alla somma di inestricabili problemi che già ci sono. Nei giorni scorsi, era sembrato che il governo volesse abbassare i toni, accogliere le obiezioni. Le teste d'uovo erano al lavoro in Parlamento per correggere con un maxi-emendamento le "eccedenze" mentre responsabilmente l'Associazione nazionale magistrati dichiarava al ministro della Giustizia la sua disponibilità a trovare le soluzioni più adeguate ad "accompagnare" lo sforzo urgente del governo.
L'annuncio dell'"uso della forza dello Stato" chiude ogni spazio di mediazione. Berlusconi può vantare nel suo arroccamento il beneplacito dell'opposizione, l'intesa delle istituzioni locali e soprattutto la drammaticità della crisi. Nei prossimi giorni, sapremo se sono elementi sufficienti per piegare con "la forza" le popolazioni e far dimenticare le manomissioni costituzionali e lo sbaraglio del potere di controllo di una magistratura indipendente.

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