Borghesia del denaro senza territorio e creativi che nel lavoro si giocano la vita. Migranti invisibili, ultimi operai, negozi che vendono emozioni. Sono i volti della città secondo il sociologo
Le cinque vite di MilanoBonomi: "Expo e rom gli estremiin mezzo un vuoto da colmare"
Maurizio Bono
Sarà il vero banco di prova della tenuta sociale, a partire dal tema degli immigrati, necessari per costruirlo
Chiuse le botteghe di quartiere, per attirare i clienti si fa ricorso alla suggestione di eventi e luoghi
Immaginiamo che a una città si possa fare la Tac, per leggere sulla lastra l´anatomia e il funzionamento dei suoi "strati". E che poi quella città la si possa anche sdraiare sul lettino per farla parlare di sé, del suo umore e delle sue paure. Il risultato somiglierebbe alle quattrocento pagine del saggio su "Milano ai tempi delle moltitudini" in cui Aldo Bonomi condensa, senza concessioni alla facilità ma anche senza inutili accademismi, i referti clinici di tre anni di studi (numeri, statistiche, mappe, tabelle) e il significato di decine e decine di interviste ai diversi attori della metropoli.
La diagnosi: «Nella transizione da un secolo all´altro e dall´economia delle merci al terziario, Milano si va frammentando in cinque "cerchi" che corrispondono ad altrettanti modi di affrontare il futuro e di vivere il presente. Una reazione vitale, che conferma la sua natura di città spugna, capace di assorbire e restituire i cambiamenti, ma che ha il suo limite nei rischio che i cinque "cerchi" smettano di capirsi e di comunicare. E se così fosse il corpo sociale finirebbe per frammentarsi a partire dall´anello teso: il rapporto l´immigrazione».
I "cinque cerchi" per altrettanti capitoli (il libro, edito da Bruno Mondadori, sarà presentato domani al Museo di Storia contemporanea, con la partecipazione dello storico dell´industria Giuseppe Berta, di Salvatore Carrubba e di Alessandro Profumo), sono le élite della neoborghesia finanziaria e cosmopolita, a un capo della scala sociale, e a quello opposto gli "invisibili": migranti, precari, badanti, marginali. In mezzo, il "capitalismo personale" della classe creativa e delle partite Iva, i commercianti, gli operai (che non sono spariti, ma semplicemente attestati ai confini della "città infinita", nei distretti industriali della cintura).
Professor Bonomi, di ciascuno di questi soggetti lei descrive i cambiamenti. Ma andiamo subito a una conclusione: il suo saggio è uscito 15 giorni prima delle elezioni, la società milanese che ha fotografato è coerente con quei risultati?
«Premesso che il libro condensa anni di ricerche e che non ha lo scopo di leggere il quadro politico, ma la società, direi proprio di sì. La mia unica tesi politica è che, nella situazione descritta, è urgente che la città ritrovi la capacità di "fare società". E se sto ai fatti degli ultimi giorni, è più impellente che mai riuscire a mettere qualcosa in mezzo a due estremi di cui si parla molto: l´Expo, nella sfera economica, e i campi Rom, in quella sociale. La mediazione sono le forme di convivenza, la partecipazione, un progetto comune».
Degli "invisibili" si è occupato anche allestendo una mostra alla Triennale, "La vita nuda". Cosa vuol dire?
«È la condizione di chi deve fare i conti con gli aspetti elementari dell´esistenza: mangiare, dormire, sopravvivere».
All´opposto parla dei ceti che conducono una "nuda vita", espressione oggi molto usata da sociologi e filosofi. Cosa intende?
«La adopero per chi ha la propria vita come capitale intellettuale e professionale, e a suo modo la "rischia" sul mercato: ha presente un precario che fa il suo mestiere nei giornali, o anche un giovane architetto? È un ceto debole e ambiguo come quelli nascenti, se gli va bene la base sociale della neoborghesia, potrebbe venirne fuori un grande comunicatore o un archistar. O un precario di lungo corso... «.
Poi ci sono i commercianti, di cui di solito si parla meno...
«Ed è un errore dovuto al fatto che pensiamo ancora troppo in termini di classi, com´erano prima della terziarizzazione. A Milano sono una realtà determinante, minacciata da una evoluzione che li ha dimezzati distruggendo gli esercizi di prossimità (da 70mila a 35mila in 10 anni), ma li ha trasformati da negozianti di cose a venditori di "esperienze d´acquisto". Per esempio nel quadrilatero della moda che è diventato un parco a tema, o in certe enoteche».
Sulla città che descrive sta per arrivare l´Expo. Che effetto avrà?
«Partendo dal cerchio più in basso, credo che sarà molto duro se non si affronta il rapporto tra città e invisibili, chiarendo che immigrazione vogliamo, mentre andiamo a parlare di fame nel modo, Africa, ambiente, equità, e a costruire strade e padiglioni impiegando il 55% di manodopera straniera. Risalendo agli altri cerchi, per la società creativa e degli eventi, per la borghesia dei flussi, per gli addetti all´industria della merci e per il commercio vecchio e nuovo sarà comunque un grande momento di stress delle situazioni e di verifica della tenuta del corpo sociale: o si trova la sintesi o ci si frammenta all´infinito».
(27 maggio 2008)