Traduzioni

14 maggio 2008

Dalla Cgil di Lucca suggerimenti per la sicurezza

Sicurezza, i lavoratori siano protagonisti
di Umberto Franchi*


Solo se chi lavora è coinvolto nella ricerca della prevenzione, divenendo soggetto attivo e riducendo la delega ad altri in materia della propria salute sul posto di occupazione, si potrà porre fine allo stillicidio quotidiano delle morti bianche. Qualche risultato positivo localmente è stato ottenuto proprio attraverso questo protagonismo

Il continuo stillicidio di morti sul lavoro, ci obbliga ad individuare le cause reali di ciò che avviene per stabilire il come intervenire al fine della massima prevenzione e sicurezza ambientale.
La prima questione è quella di verificare, come a distanza di ben 14 anni dal recepimento delle Direttive Europee sulla Sicurezza nella legge 626, ed il recente Testo unico n. 25, le norme vengano applicate nelle aziende.

Su questo aspetto nelle piccole e medie aziende della Toscana e provincia di Lucca si evidenziano alcuni risultati importanti ed alcuni limiti sostanziali su cui è necessario riflettere ed intervenire.

I risultati positivi sono:

- l'elezione delle RLS nella maggioranza delle aziende, ma nelle piccole solo come fatto burocratico (spesso eletto su indicazione del datore di lavoro) solo per non incorrere alle sanzioni previste dalla legge
- nelle aziende più significative organizzate sindacalmente vengono effettuati gli incontri annui o semestrali tra il datore di lavoro, l'RSPP Medico Competente ed RLS, nel corso del quale viene effettuata la valutazione dei rischi e gli interventi necessari ad eliminarli
- la maggiore consapevolezza acquisita dai lavoratori ed (in parte) anche dai datori di lavoro sulla necessità della prevenzione e tutela della salute.

Dobbiamo domandarci però come mai nonostante i suddetti aspetti positivi, anche se si registra una diminuzione degli infortuni, le morti sul lavoro continuano in modo drammatico in tutta la provincia di Lucca con ben 70 morti sul lavoro dal 1996 ad oggi?

Le ragioni o gli aspetti negativi sono principalmente tre:

- la prima questione negativa dipende dal fatto che gran parte della aziende concepiscono l'applicazione della L. 626 come una necessità burocratica, di messa a norma dell'azienda per non rischiare penalità o sanzioni amministrative. Questo fatto induce il padronato a ricercare erroneamente di risparmiare sui costi della prevenzione ed anziché effettuare gli interventi necessari per l' eliminazione dei rischi alla fonte (sulle strutture e sugli impianti) finisce per attuare i dispositivi di sicurezza individuale, notoriamente molto meno costosi

- la seconda questione negativa dipende dai processi produttivi ed organizzativi del lavoro con molte aziende che puntano erroneamente a ridurre i costi di produzione attraverso:
a) assunzioni precarie a termine
b) l'uso massiccio di lavoro in appalto , subappalto , terziario e finte cooperative
c) l'esternalizzazione di attività in piccole aziende decentrate, con una frantumazione dei processi
d) l'uso sproporzionato degli straordinari, dovuto ai bassa salari

- la terza questione negativa dipende dal fatto che le imprese al di la di alcune eccezioni, non effettuano gli investimenti per uno sviluppo "ALTO", preferiscono non rischiare i propri capitali ed ancora una volta cercano la riduzione dei costi attraverso il lavoro precario, bassi salari, non facendo fare la formazione, l'informazione e l'addestramento a tutti i lavoratori. Anche la formazione alle RLS risulta inadeguata in quanto (in genere) sono 32 ore di informativa sui contenuti ed applicazione della legge 626.

Alla luce di quanto sopra cosa è necessario fare oggi?

La prima necessità che abbiamo è quella di una grande campagna per la prevenzione e sicurezza da portare avanti all'interno delle aziende con l'indicazione di rifiutare ogni lavoro a rischio e la valorizzazione della soggettività dei lavoratori già nella fase della valutazione dei rischi in ogni area lavorativa.

Nelle aziende occorre riprendere una prassi esercitata soprattutto negli anni 70. Dobbiamo utilizzare i tecnici e medici delle ASL per fare riempire un apposito questionario ai lavoratori, sui rischi esistenti, riscoprendo "il gruppo omogeneo per area produttiva", il quale, assieme ai tecnici e medici, deve rielaborare le proposte di investimenti alla "fonte", le modifiche all'organizzazione del lavoro, la buona "occupazione" e la qualità della formazione.

Dobbiamo evitare che le RLS siano considerati quelli che possono risolvere i problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro a nome dei lavoratori. E' invece necessario dare alle RLS le conoscenze del cosa fare tramite la valutazione delle risposte sul questionario. E' dalle informazioni sui rischi esistenti che nasce la consapevolezza sulle politiche da mettere in campo per eliminarli. Questo è un fatto importante che permette all'RLS di non essere "prigioniere", ma di andare agli incontri periodici previsti dalla L. 626, svolti tra RLS, Datore di lavoro o suo preposto, RSPP e Medico Competente, con le conoscenze necessarie ed individuando bene gli interventi da richiedere, senza più rischiare di dover firmare un programma di valutazione dei rischi o di interventi per eliminarli, predisposto da altri soggetti .
Dobbiamo capire che si possono ottenere risultati significativi e fare cessare le stragi dei morti sul lavoro solo se i lavoratori si sentono coinvolti nella ricerca della prevenzione, divenendo soggetti attivi, riducendo così la delega ad altri, con uno sviluppo della concezione di autotutela della propria salute attraverso la prevenzione.

La seconda necessità da affrontare è quella che riguarda il governo giornaliero dell'organizzazione del lavoro su più fronti, sapendo che gran parte degli infortuni dipendono dalle condizioni di lavoro. A Lucca tra il 1996/2008 vi sono stati 70 morti sul lavoro. Di essi: 16 lavoravano in aziende sotto 15 dipendenti con orari che spesso superavano le 12 ore giornaliere; 14 erano lavoratori assunti a termine o con contratto di formazione e lavoro, costretti ad accettare condizioni vessatorie; 22 lavoratori erano dipendenti di aziende in appalto o subappalto; ed infine 18 a causa della mancanza di prevenzione alla fonte.
E' anche per questo che è necessario abolire la precarietà: abrogare la legge n. 30 e ridurre la precarizzazione del rapporto di lavoro attraverso anche una battaglia sindacale tesa ad organizzare i lavoratori delle piccole aziende, quelli in appalto.
E' necessario l'intervento sindacale nella gestione aziendale delle norme contrattuali e di legge esistenti in materia di uso degli straordinari ed orari di lavoro, anche nelle miriadi di piccole aziende che sono state esternalizzate nel territorio.
E' necessario l'intervento giornaliero, sul come si lavora, con quanti e quali organici, con quale manutenzione e prevenzione.
E' necessario riprendere una battaglia per modificare la normativa legislativa esistente, estendendo lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori alle aziende sotto 15 dipendenti.
E' Necessario sviluppare una battaglia sulla qualità della formazione. Oggi la formazione svolta non basta per quantità e non serve per qualità. Occorre certamente informare, formare ed addestrare tutti i lavoratori, cosa che non viene fatta, ma serve anche una preparazione delle RLS che unitamente alle RSU, devono sapere intervenire contrattando nuove condizioni di lavoro sulle tematiche produttive ed organizzative già dette.

L' ultima questione riguarda il rapporto con i Servizi Ispettivi e di controllo Pubblici. A Lucca, dopo gli scioperi generali e le manifestazioni abbiamo concordato con l'ASL e con la Regione Toscana l'utilizzo reale del 5% di tutte le risorse sanitarie da destinare alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Occorre sviluppare interventi ispettivi a tappeto obbligando le aziende al rispetto delle norme di legge sulla prevenzione e sicurezza.

*Responsabile Cgil Dipartimento Piccole Imprese ed Artigianato provincia di Lucca

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