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28 maggio 2008

Il Consiglio comunale e gli operatori sociali

La Repubblica Napoli, 26/05/2008

Il Consiglio comunale e gli operatori sociali
Raffaele Carotenuto*

Il Consiglio comunale di Napoli lo scorso 20 maggio ha votato il piano sociale di zona, previsto dalla legge 328/2000, mettendo a sistema l´impianto pubblico delle politiche per i meno garantiti a Napoli. Una manovra da 90 milioni, di cui 55 circa con fondi dell´ente locale (62,1 per cento), che guarda alla disabilità con crescente interesse quantitativo e destina il 28 per cento dell´intero ammontare allo scopo. È la seconda voce di spesa dopo le politiche per la famiglia e per i minori (40,4 per cento). Il piano sociale di zona è il frutto di un processo di programmazione partecipata che si propone l´analisi dei processi di esclusione sociale, stabilisce strategie e obiettivi d´intervento e pone le basi per il superamento delle condizioni sociali di svantaggio riscontrate. Alcune ispirazioni di fondo ne tracciano il percorso come l´integrazione socio sanitaria e la promozione della salute, la promozione della cultura dei diritti di cittadinanza, la gestione della domanda sociale e la organizzazione dei modelli di risposta promossi non solo dal Comune, ma dal Terzo Settore e dalle tante risorse informali delle comunità locali di cui Napoli è ricchissima (solidarietà cattolica e laica, rapporti di vicinato, associazionismo diffuso, reti territoriali).

Analisi e superamento delle condizioni di schiavismo sociale provocate dal disagio, dalla precarietà, dal nullismo e dall´invisibilità sociale con punte di eccellenza come una nuova concezione dell´intervento pubblico, spesso caratterizzato dal solo importante ma asfittico assistenzialismo, senza mai immaginare un progress, ovvero una progettazione che coglie elementi di welfare to work che sappiano accompagnare
l´integrazione socio-lavorativa, tanto da rispondere a una domanda di disagio con dinamicità guardando ai liberati dal carcere e indultati, alle ragazze madri, ai percettori del reddito di cittadinanza, alle vedove proponendo tirocini formativi, sostegno al reddito e lavoro vero.
Ma questo impianto propone anche una riprogettazione delle regole tra Comune, Terzo Settore, Volontariato, Tribunale dei minori, Provveditorato agli studi e Famiglie. Una nuova griglia regolativa tra la cosiddetta stazione appaltante e i soggetti che
si candidano allo svolgimento delle prestazioni sociali. In merito agli operatori socio assistenziali (Osa) che effettuano l´assistenza e cura ai disabili delle scuole pubbliche napoletane, Giovanni Laino, che ne scrive il 24 maggio su Repubblica, non sa che: a) il 28 dicembre del 2004 il Consiglio comunale di Napoli ha votato un atto di indirizzo che impegnava l´amministrazione comunale a valutare l´opportunità di un allargamento dell´oggetto societario della Napoli Sociale spa fino a ricomprendere l´assistenza specialistica agli alunni disabili; b) gli Osa, personale che opera almeno da dieci anni (tanti da prima del 1995), nel 2004 hanno ottenuto il cosiddetto passaggio di cantiere ex articolo 37 del Ccnl socio educativo
assistenziale e di inserimento lavorativo; c) nel 2005 sono stati formati dalla Regione Campania con percorso professionale pubblico e gratuito.
Ma la cosa sorprendente è che Laino, pensatore del sociale oltre che operatore stesso, omette di dire che il servizio di assistenza ai disabili nelle scuole è stato svolto dalle stesse centrali cooperative dal 1995 al 2006, sempre le stesse
passando tra gare (pochissime) e proroghe (molte). Quindi non è affatto vero che, come egli sostiene, tale servizio è appaltato «a diversi soggetti che cambiano negli anni». Sono sempre gli stessi. Come pure non emerge un altro dato fondamentale: le cooperative talvolta prefigurano rapporti di lavoro mascherati facendo una voluta confusione tra soci cooperatori, dipendenti, volontari, contratti a tempo. Ma la verità più scomoda a riconoscersi è che la decisione del Consiglio comunale della terza città d´Italia va nell´indirizzo di spezzare l´intermediazione parassitaria delle imprese sociali attraverso la scelta della internalizzazione del servizio di assistenza agli alunni disabili tenendo dentro, e non fuori, il nodo della finanza locale.
L´amministrazione comunale paga una assistente sociale 14,24 euro all´ora. Mentre il prezzo che Palazzo San Giacomo riconosce alle imprese sociali per ogni Osa è di 15,11euro. Ciò significa che costa meno un dipendente comunale laureato che un operatore sociale esterno non laureato. Questo è lo scandalo che viene corretto dopo oltre 13 anni. Si può continuare dicendo che tale scelta coniuga, oltre al risparmio, la qualità professionale degli operatori, spezza una condizione di mercato privato monopolistico, abbassa una conflittualità tra Comune e Terzo Settore in sede di giustizia amministrativa (Tar e Consiglio di Stato), smaschera la precarietà di alcune centinaia di donne e di uomini. Caro Giovanni Laino il Consiglio comunale di Napoli ha fatto una scelta libera e consapevole, ha preso una decisione che non "ingrassa" nessuno, anzi che finisce di far ingrassare sempre gli stessi.
Dovremmo tutti riconsiderare un assunto: bisogna che Napoli passi da una concezione dove i servizi sociali guardano spesso alle professioni e assoggettare quest´ultime al servizio del sociale.

*L´autore è capogruppo di Rifondazione comunista al Consiglio comunale di Napoli

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