I vini bio piacciono al consumatore moderno, rispettano l’ambiente, assicurano l’alta qualità del vino...
Negli USA: cresce la domanda e sempre più aziende sposano la viticoltura bio,
L’Italia, leader assoluto in Europa con oltre 30.000 ettari di vigneti bio,
Kathleen Buckley, Wine Enthusiast: “La viticoltura biologica rispetta l’ambiente ed è sostenibile”,
Alan York, uno dei massimi esperti di viticoltura biodinamica: “dalla biodinamica, vini naturalmente ben bilanciati, che non richiedono manipolazioni in cantina”.
Verona, 4 aprile 2008 – Si è svolto oggi a Verona il convegno “Viticoltura biologica nel mondo: tendenza e futuro nella produzione, nello stile di vita e nelle scelte di consumo”, organizzato dall’Associazione La Buona Terra (Associazione Lombarda degli Agricoltori Biologici), da Barone Pizzini, prima azienda vitivinicola in Franciacorta ad aver prodotto bollicine DOCG da viticoltura biologica, e con la collaborazione della Regione Lombardia - DG Agricoltura e di Unioncamere Lombardia.
Uno sguardo agli scenari mondiali che si stanno delineando nel settore vitivinicolo, tracciando i contorni di un vero e proprio boom della viticoltura biologica che, dagli Stati Uniti all’Europa, sta conquistando sempre più aziende e consumatori.
Le regole della coltivazione biologica sono considerate sempre più alla base di una viticoltura di qualità, che esalta naturalmente il gusto e la tipicità del prodotto finale e che, aspetto di crescente importanza, garantisce una forte sostenibilità ambientale, come sottolinea Kathleen Buckley, giornalista di Wine Enthusiast e co-autrice con Roger Voss, di due dei più importanti report sui cambiamenti climatici, l’impatto ambientale e i consumi di vino: “Già nel 2006 avevamo posto il problema di come i cambiamenti climatici in atto fossero destinati ad impattare fortemente anche sul settore vitivinicolo, alterando le tipicità territoriali delle varie regioni, i raccolti e le caratteristiche stesse delle uve. Allora, né le aziende vitivinicole, né tantomeno i consumatori, si rendevano conto di cosa stessimo parlando. Oggi negli USA e non solo, la sensibilità verso i temi del biologico e del biodinamico è alta tanto quanto quella verso il global warming. Sempre più aziende vitivinicole, a cominciare dai maggiori gruppi mondiali come LVHM, Diageo e Pernod Ricard, stanno investendo in politiche eco-friendly e di sostenibilità, volte a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività, attraverso l’uso di energie rinnovabili (come Diageo che ha convertito le proprie distillerie alle biomasse), il riciclo di materiali e dell’acqua, l’uso di trasporti alternativi (come LVHM) e di nuovi formati di bottiglie. Gallo, leader negli USA, è stata la prima azienda vitivinicola in America a ricevere la certificazione ISO 14001. Negli Stati Uniti molti report sottolineano che il 60% dei wine lover sono interessati a sapere se il vino è biologico. Dal punto di vista della sostenibilità le più piccole aziende bio possono trasmettere un’importante lezione perché i metodi della viticoltura biologica e biodinamica si basano proprio sul rispetto dell’ambiente e i vini che ne nascono sono fra i più controllati e tipici.”
In crescita dunque anche l’attenzione alla biodinamica, come sottolinea Alan York, uno dei massimi esperti di viticoltura biodinamica: “Il valore aggiunto dei metodi di viticoltura biodinamica viene dalla possibilità che essi offrono di preservare la qualità e l’autenticità del prodotto finale, rispettando al tempo stesso l’ambiente. Alla base della viticoltura biodinamica c’è infatti il vigneto inteso come un unico e complesso ecosistema, che vive e si alimenta grazie all’equilibrio e alle sinergie fra tutti i suoi elementi, dalle piante agli animali e all’uomo che se ne occupa. L’utilizzo di metodi e procedure che rafforzano i processi vitali del vigneto e ne tutelano stabilità e salute, non possono che produrre vini naturalmente ben bilanciati, che non richiedono manipolazioni successive. Alcuni interventi in cantina tipici della viticoltura tradizionale, come l’aggiunta di lieviti aromatici o enzimi, non rendono il vino migliore ma ne alterano la natura fino quasi a comprometterne l’originalità.”
Cosa sta accadendo invece sul fronte della domanda di mercato?
Una testimonianza sugli Stati Uniti, uno dei maggiori mercati al mondo e trend setter nei consumi, è stata resa da Dino Tantawi, selezionatore e importatore di vini Italiani per i migliori ristoranti di New York, e George Tsopelas, sommelier del ristorante Abboccato di New York: “La sensibilità dei consumatori verso vini di qualità è sempre più alta, dove per qualità si intende anche rispetto del territorio e dell’ambiente. E’ evidente la crescente consapevolezza da parte dei wine lover che un vino di qualità superiore nasce laddove c’è un territorio tutelato e naturalmente esaltato. Questo sta generando una domanda crescente di vini biologici e/o biodinamici. Negli Stati Uniti il vino e le bollicine made in Italy hanno sempre avuto un appealing enorme e il plus che offre la certificazione bio è proprio una garanzia di integrità della materia prima e di tipicità del terroir. La clientela internazionale è sempre più attenta a questi aspetti. Basti pensare che nell’ultimo anno le vendite di vino e bollicine bio nel Ristorante Abboccato sono aumentate dell’40% e l’importazione di vini italiani certificati del 90%”.
D’altra parte Wine Spectator, la Bibbia americana del settore vitivinicolo, parla di “Rivoluzione verde” negli USA. Il CCOF, maggiore ente certificatore del biologico in California, ha sottolineato che sono già circa 140 i vigneti/aziende vitivinicole certificati e che la richiesta di certificazione bio è enormemente aumentata negli ultimi anni; dai 4.921 acri di vigneti certificati del 2000 agli 8.370 del 2006. Secondo il California Sustainable Winegrowing Report Alliance, oltre 1.165 vigneti e aziende vitivinicole stanno valutando la sostenibilità dei propri metodi di viticoltura: un business che interessa il 33% dei 522.000 acri di vigneti presenti e il 53% della produzione annuale.
La situazione di mercato non è meno in fermento in Europa, dove le cantine più prestigiose applicano da sempre i metodi della viticoltura biologica e dove lo spostamento verso il bio è sempre più in aumento, come emerso nell’ultima edizione del Biofach. L’Italia conserva la posizione di leader assoluto con oltre 30.000 ettari di vigneti biologici, seguita da Francia e Spagna (entrambe con 15.000 ettari bio) e dalla Germania (2.000 ettari).
In altre parole, il vino bio piace al mercato, come provano anche i risultati dell’azienda vitivinicola Barone Pizzini, pioniere in Franciacorta di bollicine DOCG da viticoltura biologica e con 150 ettari di vigneti certificati fra Franciacorta, Toscana, Marche e Puglia. “Nel 2007 abbiamo registrato un incremento del fatturato del 30%, di cui il 10% all’estero, con una media di export superiore alla media di mercato – ha sottolineato, a margine del convegno, Silvano Brescianini, Direttore Produzione di Barone Pizzini. “Già in questi primi tre mesi siamo ad in incremento del 25% rispetto allo scorso anno. La nostra è stata una scelta di qualità e di sostenibilità ambientale e, a distanza di 10 anni, siamo sempre più convinti della qualità dei nostri prodotti e soddisfatti di aver colto, ben prima che si parlasse di, una sensibilità e un’attenzione nei consumatori che ora si sta manifestando con sempre maggiore convinzione tanto di diventare vera e propria domanda di mercato”.
Barone Pizzini
Ufficio Stampa
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