Traduzioni

7 aprile 2008

Il Cantiere dell’altra politica: 5 aprile, le conclusioni

di Andrea Morniroli


L’incontro di sabato è stato un momento utile e produttivo. Non solo per la ricchezza dei contenuti e per la qualità della partecipazione, ma anche perché, attraverso il confronto, ci ha permesso di condividere la necessità di immaginare un percorso per la costruzione di una Cantiere permanente dell’altra politica.

Un percorso che già nel dibattito di sabato ha iniziato a delinearsi, ad individuare alcune finalità, in primis ribadendo con chiarezza quello che occorre evitare di fare, e cioè, avere la presunzione di proporsi come la rete delle reti, o lasciarsi tentare dall’idea di sentirsi “il nuovo luogo della rappresentanza sociale”.

Il tentativo, invece, e la finalità, deve essere aprire e consolidare uno spazio pubblico e partecipato, che, proprio in quanto pubblico sia accessibile, trasparente, aperto e accogliente. Che sia fondato su un sistema di relazioni leggere, flessibili, capaci di aggiornarsi in sintonia con le dinamiche sociali, le istanze dei movimenti, l’esprimersi delle conflittualità.

Un luogo frequentato prima di tutto da persone che, indipendentemente dalle loro appartenenze e modalità di impegno, si riconoscano in un “punto di vista altro”, in una sorta di corrente culturale alternativa ai modi tradizionali di pensare e agire la politica. Un luogo capace di riconoscere e accogliere le persone per quello che fanno e non per quello che dicono di essere. Che non esclude sulla base delle appartenenze. Che non pensa di raccogliere i buoni contro i cattivi. Che rifiuta i qualunquismi e le esasperazioni della a-politica.

Il Cantiere dell’altra politica dovrebbe mettersi a disposizione, al servizio di tutte le esperienze, comunità resistenti, forme di auto-organizzazione sociale e di cittadinanza attiva e “dal basso” che esprimono alternative al liberismo. Soggettività che spesso non sono ascoltate, sono vissute come fastidio o anomalia da una politica tradizionale troppo spesso superficiale e ideologica e, a volte, vigliacca, quando si mette a servizio dei poteri forti, quando considera le persone e l’ambiente come merce e luogo del saccheggio a disposizione del profitto, quando scarica le paure e le rabbie delle persone sugli ultimi e sui differenti

Un cantiere, dunque, che sappia ascoltare, che svolga una funzione di cassa di risonanza, che valorizzi le diverse iniziative, che le renda pubbliche e le racconti. Che, ancora, metta a disposizione competenze e saperi utilizzabili dalle diverse esperienze territoriali e tematiche. Ma allo stesso tempo uno spazio permanente capace di esprimere un suo pensiero autonomo sui temi della democrazia e della rappresentanza, dei beni comuni e della decrescita, dei diritti umani e civili e della laicità dello stato. Un pensiero capace, anche, di recuperare e proporre nel confronto e nelle pratiche il piano degli affetti, dei sentimenti, della relazione tra persone che troppo spesso viene escluso e allontanato nelle forme tradizionali dell’agire politico

Tutto ciò sapendo che abbiamo un gran bisogno di trovare linguaggi comuni, di produrre “meticciato” tra le nostre esperienze, e ancora di conoscerci meglio. Anche perché se dobbiamo contrastare, come ci ha ricordato Marco Revelli, la deriva “dispotica, oligarchica e massmediatica della nostra democrazia”, dove la rappresentazione dei fenomeni ha sostituito i fenomeni stessi. Perciò dobbiamo avere la capacità di fondare le nostre idee e le nostre proposte sull’approfondimento, il confronto, lo stretto collegamento con il fare delle pratiche.

Insomma, il Cantiere dell’altra politica come una sorta di filo di connessione (fatta di idee, saperi e persone disponibili all’incontro), tra i nostri diversi ambiti, in una relazione che ci permetta di non abbandonarli ma al contempo di arricchirli nel rapporto con quelli degli altri.

La giornata di sabato ha segnato un punto. Ha confermato che la proposta lanciata da Carta e da Cantieri sociali incontra, se pur con livelli diversi, un bisogno diffuso. Possiamo dire che il confronto di sabato l’ha resa più collettiva e partecipata. Si tratta ora, insieme, di farla marciare.

Archivio blog