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27 febbraio 2008

Una cava per piscina

Una Cava per piscina: Cosi rinascerà Chiaiano
di Luca Marconi
Un piccolo impianto di produzione di «compost di quali- tà» che sarà utile soprattutto agli agricoltori della Selva di Chiaiano (ca-stagneti e ciliegeti) nei progetti dell’Ente Parco Metropolitano delle Colline di Napoli già c'è (ci
lavorano il Wwf e la Federico II). Ma soprattutto nel futuro di Chiaiano ci sono corsi d'acqua balneabili e percorribili in canoa, passeggiate mozzafiato su
costoni tufacei e centinaia di pannelli fotovoltaici vivaci come un elemento di arredo urbano per parco pubblico: più che di un sogno si tratta di un pro-
getto finito con tanto di business-plan per il «Recupero ambientale e riuso produttivo della cava in Cupa Vrito a Chiaiano», firmato dal Dipartimento di Progettazione Architettonica e Ambientale della Federico II.
In estrema sintesi, l’opera da 37 milioni e mezzo di euro recupera la cava realizzando una centrale fotovoltaica verticale su una parete che finisce in ac-
qua, davanti ad un’arena da 1000 posti con vasta scena in legno affacciata sul bacino artificiale e destinata allo svolgimento di eventi spettacolari ed agli
sport acquatici. Attorno all’anello d’acqua: una banchina per le imbarcazioni, chioschi e ombrelloni. Nell’anello superiore della cava: un bar-ristorante panoramico per 300 persone e una piazza panoramica servita da un lungo percorso porticato in quota. Un progetto costato 10 anni di studi e ricerche finanziati dalle Attività Produttive della Regione e oggi «in stadio avan-
zato», spiega il presidente dell'Ente Parco, l’architetto Agostino Di Lorenzo (già dirigente del Servizio Aree Protette Metropolitane e Agricoltura Urbana della Regione) ma che lo stoccaggio di ecoballe nelle cave ventilato in questi ultimi giorni d'emergenza rifiuti manderebbe definitivamente all’aria. Di Lorenzo, fermo nella convinzione che «in nome dell'emergenza rifiuti non si può compromettere il futuro della città e dell'area metropolitana e quindi mai come ora occorre lucidità nelle scelte amministrative», si appella alle norme attuative del Piano Regolatore Generale, che all'articolo 1 comprendono, congiuntamente
nella visione dell'identità territoriale, l'istituzione del Parco delle Colline di Napoli e la riqualificazione del centro storico, individuati quale principale obiettivo della programmazione urbanistica (ed è probabilmente la prima volta
che un Prg assegna pari valore strategico non disgiunto alle aree agricoleambientali ed aquelle storico-artistiche. Testualmente: «La variante persegue.. la tutela e il ripristino dell'integrità fisica e dell'identità culturale del
territorio mediante il recupero della città storica e la valorizzazione del territorio di interesse ambientale e paesistico, anche promuovendo la costituzione dei parchi regionali delle colline di Napoli e della valle del Sebeto, la
ripresa dell'agricoltura urbana e periurbana; la tutela e l'incremento del patrimonio arboreo» e «la riconversione delle aree dismesse, per formare nuovi insediamenti per la produzione di beni e servizi, integrati con le residenze,
anche pubbliche, e per ottenere un'ampia dotazione di verde, a scala urbana e territoriale», ndr).
In altre parole «in questi luoghi si possono avviare attività economiche produttive compatibili e realizzare invasi per il tempo libero per tutta l'area metropolitana, quattro milioni di abitanti — spiega Di Lorenzo —.
Noi abbiamo pensato ad un bacino d'acqua artificiale di 30 mila metri quadri che servirà anche da regimentazione idraulica di tutto l'alveo e ad una grande centrale fotovoltaica da 2,4 megawatt, che conferirebbe un'autonomia economica al parco. Successivamente, la realizzazione di un insieme di masserie in rete, che possono offrire ospitalità diffusa, vendita diretta dei prodotti
in fattoria, realizzare una filiera corta in ambito urbano per ortofrutta, completerebbe il quadro di un grande attrattore metropolitano, tra industria del tempo e ruralità urbana». Nella sola città di Napoli si contano
1150 aziende agricole a conduzione familiare. Il parco delle colline si estende per 11.750 etari, un quinto del territorio cittadino.
Chiaiano è famosa per le sue ciliegie croccanti, la qualità Recca, che gli architetti della Federico II, ispirati alla migliore Land Art, vorrebbero celebrare raffigurandole sulla spianata di pannelli fotovoltaici a strapiombo sul
bacino d'acqua artificiale. La cava, che è un detrattore ambientale,
scrivono gli esperti universitari (diretti da De Crescenzo e Mariniello)
non potrebbe mai essere recuperata allo stato originario ma diventa in questo modo luogo di produzione di energia sostenibile e lo specchio d’acqua,
già attrattore turistico, aumenterebbe la produzione di energia dell'impianto del 30%.
Per la realizzazione, la normativa del Parco coerentemente col Prg prevede convenzioni pubblico-privato. «E noi abbiamo avviato una convenzione con un
proprietario, la Zara Estrazioni Tufo Srl, e l'Università di Architettura
— spiega Di Lorenzo — con un primo impegno finanziario degli assessori Cozzolino, Cundari, Di Lello e De Luca per 2 milioni di euro per l'avvio delle
attività di competenza del Parco». Sulle cave però bussa l'emergenza rifiuti: «Sono stato informato dalla Municipalità della presenza, nelle cave, di tecnici
del Commissariato straordinario impegnati con misurazioni e indagini. Ebbene nella malaugurata ipotesi che si dovesse pensare all'utilizzo delle cave per lo stoccaggio di rifiuti di qualsiasi natura si comprometterebbero 12 anni di programmazione». Il compost, invece, «è diverso — continua Di Lorenzo
—. L'ipotesi di progetto redatta dal Wwf nazionale per un piccolo impianto di compostaggio per produrre fertilizzante è di due anni fa, è stata accolta dall'Asìa e dal Comune di Napoli.
L'impianto sorgerebbe vicino alle cave e servirebbe per prime le campagne di Chaiano, terreni agricoli "stanchi". Non ci interessa, invece, la ricomposizione delle cave, dove vediamo una grande spiaggia ad 800 metri dalla metropolitana collinare, soggetto principale della riqualificazione dell'area Nord. La spazzatura, insomma, qui proprio non ci sta — conclude Di Lorenzo — tanto più che le cave di Chiaiano hanno già intercettato falde acquifere superficiali.
Vorrei invitare il sindaco, Bassolino e gli assessori a dire la loro: Napoli dovrà vivere anche dopo l'emergenza, occorre un momento di lucidità collettiva anche nel dramma. Non distruggiamo quanto di buono abbiamo. Compromettere il parco regionale della città è una follia».
E la leggenda dei rifiuti radioattivi nelle cave di Chiaiano? «Non mi risulta, non ne so nulla e comunque non esageriamo — risponde Di Lorenzo —. È chiaro che anche noi dobbiamo tenere alta la guardia e lo facciamo. E se si dovesse realizzare il parco acquatico le cave saranno settacciate una per una. Recentemente abbiamo fatto arrestare persone che bruciavano cavi elettrici. Ma per l'avvelenamento delle cave, l'ultima volta risale al 2001, quando i carabinieri
del Noe hanno scoperto sversamenti abusivi di residui chimici nei pressi del cimitero e non ricordo quali sostanze fossero ma la fascia di pericolosità era quella del cromo, dell'arsenico, mercurio, cadmio e piombo. La cava è stata sequestrata ed è stato imposto al proprietario la bonifica, che è stata fatta. All'epoca ero presidente della circoscrizione di Chiaiano. Occultarono i prodotti chimici sotto un riempimento di terreno. Ad ogni modo, quando e se riempiremo d'acqua la cava di Cupa Vrito sarà esaminata dall'Arpac come impone la normativa vigente. E dati questi precedenti, a maggior ragione occorrerebbe scongiurare ogni ipotesi di stoccaggio nelle cave e fare presto col recupero a beneficio dell'intera area metropolitana».

da "MEZZOGIORNO ECONOMIA" LUNEDÌ 25 FEBBRAIO 2008

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