Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli
Su una irresponsabile campagna di odio e di intimidazione promossa dal Corriere della Sera
Egregio Direttore,
le posizioni del quotidiano da Lei diretto sul problema israelo-palestinese sono note, un appoggio acritico alla politica del governo israeliano e al silenzio complice dell’Occidente e dell’Europa, senza tener in nessun conto, anche soltanto a livello informativo, delle posizioni duramente critiche che si levano all’interno stesso di Israele (Uri Avnery, Ilan Pappe, Michael Warschawsky, Jeff Halper, giornalisti di Haaretz come Gideon Levy, Amira Hass, Danny Rubinstein e Meron Benvenisti, e numerosi altri).
Ma fin qui rimaniamo nella dimensione della linea politica, anche se a nostro parere assai criticabile.
Ma il Corriere della Sera non si ferma qui.
Dalle sue colonne viene messa in atto una irresponsabile campagna di odio e di intimidazione.
Il 6 novembre il signor Magdi Allam, prendendo lo spunto da un prontuario per immigrati arabi predisposto dalla Polizia di Stato, denuncia ai responsabili del Ministero degli Interni la prof.ssa Claudia Tresso, docente di Lingua araba presso l’Università di Torino, che peraltro ha collaborato in modo del tutto marginale al prontuario, colpevole, secondo Allam, di essere tra i firmatari del documento “Facciamo sentire la nostra voce” firmato, poco dopo la guerra in Libano del 2006, da alcune centinaia di docenti universitari, di docenti di scuole superiori, di intellettuali, di artisti e di semplici cittadini/e, nel silenzio totale dei politici e degli intellettuali più noti.
In tre giorni e precisamente domenica 4 novembre (intervento contro i firmatari dell’appello “Gaza Vivrà”, in quanto“schierati con i terroristi islamici” di Hamas) e martedì 6 novembre, il signor Magdi Allam, dalle pagine del “Corriere della Sera” ha lanciato una lista di proscrizione nei riguardi di quante/i hanno tentato di rompere il silenzio dei media e della gran parte del ceto politico, per denunciare sia le operazioni di guerra israeliane che in Libano hanno prodotto oltre 1200 morti e la distruzione di metà del territorio, sia la situazione sempre più drammatica dei Territori di Cisgiordania, occupati da oltre 40 anni da Israele nella assoluta inosservanza delle risoluzioni dell’ONU e di pareri della Corte Internazionale di Giustizia, ridotti ormai a poche enclaves e della popolazione della Striscia di Gaza, una prigione a cielo aperto, ai limiti di una catastrofe umanitaria come dichiarato anche dagli ispettori ONU.
Di Magdi Allam è ben nota la propensione ad atteggiamenti di oltranzismo filoisraeliano e di islamofobia, che sono stati stigmatizzati, e anche ridicolizzati, in un appello e in numerosi articoli apparsi nel luglio 2007 sulla rivista Reset, a seguito della pubblicazione di un suo libro dal titolo “Viva Israele”, nel quale si accusa lo studioso Massimo Campanini di antisemitismo e di ignorare il pericolo islamista, mentre l’università italiana pullulerebbe “di professori cresciuti all’ombra delle moschee dell’UCOII, simpatizzanti coi Fratelli Musulmani, inconsapevolmente o irresponsabilmente collusi con la loro ideologia di morte”.
Giancarlo Bosetti, su quel numero di Reset ha parlato di “missionari pericolosi”, Amara Lakhous di “biscardizzazione” dell’Islam, mentre Massimo Campanini, in “Quanti errori in quel libro”, afferma: “stupisce notare come Magdi Allam sembri del tutto ignorare la letteratura scientifica sulle questioni medio-orientali”.
Ma il signor Magdi Allam non è un semplice giornalista freelance, è un editorialista del quotidiano da Lei diretto e anche, si dice, un vicedirettore ad personam.
Risale quindi alla responsabilità politica, culturale e morale della direzione del giornale la campagna di odio e di intimidazione promossa dalle sue colonne.
Il clima politico generale, a livello nazionale e internazionale, è sempre più teso, mentre è preoccupante l’atmosfera di intimidazione che da qualche tempo si scatena ogni volta che si cerca di approfondire la questione mediorientale e di contrastare la propaganda mediatica occidentale.
Se un quotidiano come il Corriere della Sera, malgrado la sua storia, si fa promotore di una campagna lesiva di diritti fondamentali previsti dalla Carta Costituzionale, utilizzando in modo spregiudicato, come oggi è costume sempre più frequente, un chierico di ‘origine araba’, i segni già oscuri che hanno caratterizzato l’inizio del nuovo secolo, diventano ancora più foschi.
Le/i firmatarie/i, alcuni/e delle/dei quali aderenti all’appello ““Facciamo sentire la nostra voce. Una campagna per la verità (settembre 2006), a quello di Reset (luglio 2007) e a “Gaza vivrà”, esprimono piena solidarietà alla prof.ssa Claudia Tresso, e a quanti sono stati “messi in proscrizione” nelle vecchie e nuove “liste-Allam”.
Al direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, il dovere di una risposta.
In mancanza della quale le/i firmatarie/i di questa lettera si riservano di esaminare ogni altra azione necessaria a contrastare questa irresponsabile campagna di odio e di intimidazione lanciata dalle colonne del Corriere della Sera.