Cara Sinistra Arcobaleno*
di Pierluigi Sullo
Da cittadino ed elettore sempre più svogliato, vorrei porti alcune domande, all’inizio di una campagna elettorale che si preannuncia più vacua del solito. In particolare, mi chiedo quale sia il tuo atteggiamento su una questione che in moltissimi, ormai, riteniamo fondamentale. Mi spiego.
Se non fossi un pacifista nonviolento ecc., direi che Walter Veltroni ha pronunciato una dichiarazione di guerra. Parlo dei dodici punti del programma del Partito democratico, che hanno per ispirazione fondamentale la “crescita” e in cui al primo posto sono le “infrastrutture”. E’ un film che abbiamo già visto, la volta famosa in cui Berlusconi, armato di bacchetta, indicava in tv, qui e là per la penisola, dove si sarebbero realizzati mega-ponti, treni ad alta velocità, autostrade, ecc. Ne seguì, dopo la vittoria del centrodestra, la Legge Obiettivo, che “semplificava” le procedure di valutazione d’impatto ambientale ed escludeva il parere delle comunità locali su un lungo elenco di “grandi opere”. Cinque anni dopo, cambiato il governo, il successore di Lunardi, Di Pietro–oggi il solo a correre in compagnia del Pd–decretò che la Legge Obiettivo era “efficiente”, e dunque andava mantenuta in vigore. Cade il governo, si va a votare, e il nuovo leader del Pd ricomincia da capo: procedure ambientali semplificate, sostegno ai “grandi investimenti” come la Tav, polemica contro i “nimby” localisti nemici del progresso e gli “ambientalisti del no”.
Il messaggio è che non c’è altra via, per la “redistribuzione della ricchezza”, che la “crescita”, che si ottiene con le “grandi opere”. Nella cui scia naviga poi una miriade di altre “opere”: centrali a combustibili fossili, inceneritori o termovalorizzatori, trivellazioni petrolifere, rigassificatori e in generale l’occupazione del territorio da parte di uno “sviluppo” edilizio e commerciale senza altro criterio che non sia approfittare della “valorizzazione” finanziaria del cemento (e Veltroni, da ex sindaco di Roma, se ne intende).
Scusate l’eccesso di virgolette, servono a suggerire che ciascuna di quelle parole, un tempo positive, sono oggi tasselli di una ideologia brutale che in verità significa: un ottimo modo per far quattrini, per i capitalisti italiani, è il sequestro di enormi flussi di denaro pubblico sotto forma di appalti per opere gigantesche quanto inutili. Sulla Tav, ad esempio, ci sono studi e libri molto esaurienti: si sono saccheggiate per un quindicennio le casse dello Stato e delle ferrovie ai danni dei treni per esseri umani, specie se pendolari. Ma, più grave ancora, investire il denaro pubblico in quella direzione impedisce di agire, sull’energia e i trasporti, i rifiuti e l’uso del territorio, l’acqua e il mare, come la crisi climatica e lo stato deplorevole dell’ambiente imporrebbero urgentemente.
Questa ideologia è vecchia, ed è nociva. Ed è ciò che ha aperto una frattura non so quanto sanabile tra le sinistre e i sindacati e i movimenti comunitari e cittadini che in ogni angolo del paese si oppongono alle ondate di cemento e asfalto. Veltroni non inventa nulla, approfitta solo della legge fondamentale di ogni campagna pubblicitaria: la parola “nuovo”, se ripetuta a sufficienza, funziona sempre. In realtà la sua visione della “crescita” è paleolitica. Il guaio è che i grandi sindacati, con poche eccezioni, condividono questa ideologia: pensano cioè che dove c’è profitto per il capitale ci sono anche salari, e qui finisce il loro ruolo. E le stesse sinistre considerano prevalente la questione del lavoro, cioè vanno cercando i voti nel loro insediamento tradizionale – il lavoro dipendente classico – e sottovalutano la portata della crisi dell’idea stessa di “sviluppo”.
Almeno, così mi pare. Potrei sbagliare. Sabato sera ho sentito Bertinotti, in televisione, dire che la questione ambientale ha la stessa importanza di quella del lavoro. Ma la Sinistra Arcobaleno ha iniziato la sua campagna elettorale parlando solo di salari e di “tesoretto”. Intanto, Veltroni metteva ogni cosa al suo posto: primo, la “crescita”. Appunto: non voglio mettere in contrapposizione i due temi, perché ogni cosa si tiene. Uno “sviluppo” nocivo produce, in epoca liberista, lavoro velenoso e precario, e scarso. Un investimento sul bene comune produrrebbe invece lavoro sano e stabile. Si potrebbe far l’esempio dell’incredibile crescita in Germania, negli ultimi anni, dell’industria delle fonti energetiche rinnovabili (il solare, principalmente), che oggi conta 150 mila addetti, ma se si guarda all’agricoltura si vede bene come il mercato stia spopolando le campagne e uccidendo i piccoli agricoltori, quelli che si prendono cura del territorio, e peggiorando la qualità del cibo, che viene peraltro trasportato su lunghe distanze, affamando i lavoratori del Sud del mondo, inquinando ecc.
Ma il punto è politico: la frattura che si è aperta, tra movimenti comunitari e sinistre, è profondamente politica. Primo: perché da una parte si mette in discussione, in pratica e sempre più in modo consapevole, l’ideologia della “crescita”, mentre dall’altra si mantiene una ambiguità, in nome della nostalgia per l’epoca delle grandi fabbriche. Secondo: perché quei movimenti sono fatti di cittadini il cui legame è territoriale, comunitario, mentre dall’altra si propone una scelta ideologica, l’essere “di sinistra”, in nome di una idea della trasformazione sociale tramontata con il Novecento. Terzo: perché quei movimenti cittadini sono fondanti di un altro genere di democrazia, diversa da quella dei partiti e della delega. Sono queste le ragioni di fondo della diffidenza, non solo verso le sinistre ma nei confronti della stessa democrazia rappresentativa, che è dilagata in quei movimenti, e il cui punto di partenza è la constatazione di come le sinistre al governo abbiano troppo spesso fatto prevalere considerazioni e opportunità politiche al merito delle questioni, dalla “sicurezza” alla Tav, appunto.
La nostra proposta, per quel che conta Carta (assai poco, specie in una campagna elettorale), è che la società civile in movimento potrebbe, sul tema dello “sviluppo” come su molti altri, i diritti civili e il lavoro precario, condurre un’”altra campagna”, in modo parallelo e indipendente dai partiti politici, di modo da elaborare una sua visione del cambiamento della società e del paese. Ma questo non impedirebbe una relazione. Io credo che se la Sinistra Arcobaleno proponesse oggi ai movimenti territoriali e cittadini un dialogo onesto, uno scambio effettivo e disposto all’ascolto da ambedue le parti, non la richiesta di voti e la propaganda che butta fumo su quel che è accaduto nei due anni del governo Prodi e negli anni di partecipazione e molte amministrazioni locali (come la Campania), questo sarebbe utile. Lo sarebbe anche per mostrare che può esistere uno stile diverso dalle campagne pubblicitarie a colpi di neopartiti e parole ad effetto, sondaggi inventati e pullman variopinti, con cui si combattono Veltroni e Berlusconi, che poi probabilmente si metteranno d’accordo in qualche modo dopo il voto, visto che le differenze sono solo sfumature.
Però, siccome non capisco niente di politica e di tattiche elettorali, è possibile che mi sbagli totalmente.
*Lettera pubblicata da Liberazione il 19 febbraio 2008
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