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12 luglio 2008

Security-flex

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Si parla molto della paura come del sentimento predominante nella società italiana, di una paura particolare, profonda e violenta, legata alla criminalità e all’immigrazione. Bene ha fatto il Censis ad indagare sul tema della paura, e su questo tipo di paura che da più parti viene visto con amarezza e con sospetto, come una realtà obiettivamente presente, ma distorta dalle manipolazioni dei media e dagli interessi della leadership politica, come una realtà che fa male.

In testa alle paure degli italiani, secondo l’indagine del Censis, non c’è quella paura, ma la paura della disoccupazione, di certo non indotta dai media e men che mai gradita al centro-destra: “sebbene tutti i dati disponibili attestino che la quantità di lavoro in Italia sia aumentata non solo rispetto a 10 o 15 anni fa, ma anche nei confronti del passato più recente, con un incremento di 737mila posti dal 2003 al 2007 e una diminuzione del tasso di disoccupazione di quasi 2 punti, dall’8% di 4 anni fa a 6,2 % dell’anno passato. Proprio sull’evidente assenza di un nesso di causalità tra realtà e percezione del lavoro si è appuntata l’attenzione del Censis, con un’indagine condotta da Ester Dini che Panorama ha potuto consultare in anteprima…..” leggiamo da un articolo di Daniele Martini su Panorama.

In effetti questo risultato non riflette la graduatoria delle paure di tutte le aree del Paese: nel Nord Italia precedono la paura della disoccupazione quella della criminalità e dell’immigrazione, mentre la disoccupazione è al primo posto non solo nel Sud ma anche nelle regioni del Centro.

Ma l’aspetto più interessante di questo risultato risiede in quella differenza tra la percezione e la realtà di cui Panorama si mostra stupito. La contraddizione però è a monte, non sulla realtà e la percezione del lavoro, ma su cosa è percezione e cosa è realtà: su qual’è lo stato dell’informazione oggi in Italia, su quanto zoppicano i due strumenti principali di produzione dell’informazione, i media e il linguaggio (nel caso del mercato del lavoro i codici convenzionali di definizione e di classificazione), entrambi riduttivi e in qualche misura falsificatori della realtà fino al punto di diventare, malgrado sofisticati procedimenti di controllo e di validazione, più falsi della fisiologica fallacità (per la statistica e la ricerca sociale) della percezione soggettiva, individuale o collettiva che sia.

L’Istat pubblica (in un apprezzato e coraggioso sforzo di completezza e trasparenza informativa) una tabella (una sulle circa 500 del rapporto annuale sulle forze di lavoro) mai ripresa nei comunicati sintetici e nell’informazione data alla stampa, nella quale il confronto tra la percezione e la realtà viene messo in chiaro: nelle righe sono riportate le condizioni dichiarate dagli intervistati (la percezione) nelle colonne le condizioni “e basta” con una notazione che recita: “(a) secondo le definizioni internazionali.” . Ho provato ad aggiungere in questa tabella i totali marginali delle differenze tra la “percezione” e la “realtà” e il risultato è nella pagina che segue: cinquecentosessantamila occupati in meno e poco meno di due milioni di disoccupati in più, che sono il risultato di mezzo milione e passa di occupati che non si percepiscono occupati, bensì disoccupati, e di un milione e mezzo di casalinghe, studenti, ritirati e altri che si percepiscono come disoccupati. Il grosso delle differenze è rilevato nel Sud (-255 mila occupati e +1.390 mila disoccupati) e per ordine di grandezza delle differenze nel Centro e nel Nord-ovest, ultimo il Nord-est. Per una “strana coincidenza” è in questo stesso ordine che si graduano le risposte sull’intensità della paura della disoccupazione rilevate dall’indagine Censis.

sv

ps se ne parla anche qui

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