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28 luglio 2008

Il lavoro e noi

Tra ieri e oggi sul lavoro ci sono notizie che interessano tutti i cittadini di Napoli e della Campania, proprio tutti, nonni, bimbi, mamme, donne, ragazze, ragazzi, papà, zitelli, madri sole, coppie, separati, infermi, anziani, ricchi e poveri. Stanno tutti peggio, persino chi sta veramente bene si deve preoccupare per i propri figli e nipoti (casomai si volessero dissociare dalla stirpe), o per l’impiegato con cui ha spesso a che fare, o per la propria (il proprio) collaboratrice (collaboratore) di fiducia (domestico e non).
1) il consiglio regionale della toscana ha approvato una mozione per chedere lo stralcio della legge 188 dall’elenco delle abrogazioni del decretone economico (il dlgs 112/08) che il parlamento si accinge a convertire in legge. (La questione riguarda - ne avevamo già parlato - il fenomeno delle dimissioni in bianco al momento dell’assunzione che con la legge 188 diventavano praticamente impossibili; il fenomeno qui da noi interessa come vedremo gli occupati nei settori marginali e non solo)
2) un emendamento con parere favorevole del governo (sempre sulla conversione della stessa norma) elimina la trasformazione di fatto e di diritto di un lavoro a termine che risulti impropriamente tale in un lavoro stabile (lavoratori a tempo determinato, apprendisti, stagionali, interinali, cococo). In campania il lavoro a termine copre il 70% delle assunzioni. Ma in realtà il lavoro è sempre a termine perchè quello a tempo indeterminato lo utilizzano quasi esclusivamente imprese piccole, per prendere incentivi e quello veramente stabile è chiuso in preziose nicchie di merito o di privilegio. E queste sono le opportunità in alternativa al nero per chi riesce a trovare un lavoro.
3) un ulteriore provvedimento infine taglia selettivamente i premi di produzione dei dipendenti pubblici. In Campania i dipendenti pubblici rappresentano più di un terzo degli occupati.
Qui non si salva nessuno: gli occupati stanno tutti peggio.
Delle dimissioni in bianco si sa che da sempre accompagnano, come uno spiacevole inconveniente, quel giorno beato in cui si ha la fortuna di essere finalmente assunti. Si sa che mettono in salvo dagli impegni sulla tutela e la sicurezza del lavoratore le ditte appaltatrici di opere e forniture pubbliche, si sa che rappresentano l’assicurazione flat, gratuita, per ogni inconveniente che metta a rischio la fine di un rapporto di lavoro, la faccia diventare un caso, faccia sentire la puzza della vendetta, della ritorsione. Un’assicurazione sulle maternità, gli infortuni, le delazioni, le molestie, gli abusi, i soprusi che “possono capitare”. Delle dimissioni in bianco si sa che sono quella cosa che più di ogni altra porcheria sul lavoro fa fare spallucce e sorridere, sui diritti del lavoro e sulla legalità, chi lavora in nero, non si mette il casco sul pontile, sta a sentire con interesse e buon senso i consigli della malavita, intasca la giornata da "palo" o da spacciatore, più buona, molto più buona di quella dell’antennista apprendista che gli viene a mettere "il satellite" e del centralinista a provvigione che gli ha fatto il contratto, più buona della busta paga di quella che gli ha cucito la lussuosa camicia che si è appena comprato, di quello che c’è scritto sopra a quella bista paga e del meno che c’è dentro.
Degli atipici si sa quanto poco conti e sia malvista quella parte malcapitata che su questo modo di lavorare ci conta, ci si riconosce, lo sceglie, altrimenti non potrebbe fare. Si sa quanto poco le nostre istituzioni, prima ancora che i nostri movimenti sindacali, pensino di dare fiato alle esigenze dei giovani, degli studenti, perché il lavoro veramente cambi, veramente lo si possa scegliere liberamente, cambiare quando si vuole, graduarlo sulle proprie esigenze e disponibilità, valorizzarlo con le proprie capacità. Si sa quanto poco ci credano i mercanti del lavoro a questo mondo nuovo in cui c’è lavoro per tutti e sempre un lavoro migliore. Non ci crede nessuno, a parte quei quindici milioni di ragazzi italiani che ci devono credere per forza altrimenti si ammazzano.
Dei dipendenti pubblici si sa che quelli sono i dipendenti nostri, quelli che lavorano per noi, quelli che a cui troppi di noi si tengono stretti come all’ancora di salvezza di tutta la famiglia, insieme ai nonni con la pensione. Si sa che se dallo stipendio ci togli la parte straordinaria e i premi resta il reddito minimo di sopravvivenza, quello che qualsiasi lavoratore pensa di ricevere per vivere e di spendere per sopravvivere e che dunque identifica con il dovere di alzarsi ogni mattina e andare là e restare a disposizione. L’altro pezzo dello stipendio, quel di più tagliato, è quello che lo fa lavorare, lo motiva, gli dà la soddisfazione di portare a casa i soldi, quelli veri, per i consumi, il bello, l’emozione, il riso, il pianto, i bambini, la passeggiata. Li ritroveremo tutti inerti, tristi, svuotati, occupati senza speranza, anche i più volenterosi e bravi, comunque tutti uguali, nel bene e nel male. Non ci regaleranno più niente, nemmeno quello di cui abbiamo veramente bisogno.
Qui dunque, gli occupati stanno tutti peggio, e niente ci guadagnano i disoccupati perché, come ormai vediamo da venti anni, il fatto che si può licenziare di più, pagare di meno e trattare peggio i lavoratori non fa aumentare di nulla le possibilità di trovare un lavoro, anzi la situazione tendenzialmente peggiora. Si è capito pure che non serve a niente stressare i disoccupati sull’orientamento, l’autoimpiego, la formazione, se non a far capire ai più che è meglio proprio smettere di cercarsi un lavoro.

Si resta in pochi, così, in pochi eletti (elettori?) disoccupati autentici, le gambe segate alla metà esclusa della popolazione, sia essa “fottuta” perché è proprio fuori dal sistema dei favori e dunque non abbastanza "attiva", sia, persino, perchè non lotta!.
Per finire, attenti a trarre profitto nel dare ospitalità o lavoro a una o un clandestino, e questa è la quarta notizia per tutti: si rischiano fino a tre anni di reclusione e la confisca dell'immobile. Rischiamo di meno se al nostro colf regolare o indigeno quando lo vediamo sul davanzale che pulisce i vetri e tralasciamo di pensare che se nelle stesse condizioni ci fosse un nostro figlio ci verrebbe un infarto, capita di cadere giù e morire.


sv

PS La strada da seguire può essere un'alra? per esempio lavorarare sul lavoro? Proprio facendo lavorare meglio chi lavora, facendo produrre meglio e non solo di più, facendo crescere in responsabilità, disponibilità, formazione e soddisfazione chi lavora, e specialmente le donne, si percorre l’unica vera strada (la one best way) che porta alla nuova occupazione, alla crescita delle imprese, dei posti, del reddito, della produttività, delle esportazioni, del commercio, dei servizi, del benessere. E invece giù colpi letali per chi lavora, comunque sia, qui nel nostro sud.

PPS la notizia sulle dimissioni involontarie parla con apparente ridondanza della mozione del consiglio regionale della toscana. Apparente per due buone ragioni: 1) le regioni hanno voce in capitolo, a quanto dice la costituzione, in materia si tutela e sicurezza del lavoro, e sulla abrogazione della legge 118 nessuno ha sentito il loro parere; la regione toscana soffre il problema delle dimissioni in bianco, come tanta parte d’Italia, soprattutto per le donne e la questione della maternità e si preoccupa come istanza democratica di difendere un principio di giustizia sociale; qui da noi, per esempio in campania, come si è detto sopra la questione delle dimissioni in bianco è vecchia e saputa, è ordinaria amministrazione. E allora c’è un motivo in più per riflettere sull’ignavia e l’immobilismo di questo nostro consiglio regionale che ha perso un’altra occasione per ricordarsi di essere “electo”.

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