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19 novembre 2009

“Le trappole del libro bianco di Sacconi”

“Le trappole del libro bianco di Sacconi”, di Laura Pennacchi

L’orrenda crisi economico-finanziaria in corso, che avrà in autunno i suoi effetti occupazionali più pesanti, vede in Europa segnali di decelerazione là dove – come in Germania e in Francia – l’intervento pubblico sugli ammortizzatori sociali e a sostegno delle imprese è stato più sostenuto. In Italia, invece, non solo lo stimolo fiscale della politica economica è stato ridottissimo (appena lo 0,2% del PIL), ma anche la politica sociale si muove in una direzione opposta a quella che sarebbe richiesta da una crisi che al suo cuore ha la deflagrazione del paradigma neoliberista e la riproposizione della superiorità del modello sociale europeo. A tal proposito è molto significativo il Libro bianco sul welfare che dovrebbe essere realizzato, secondo il ministro Sacconi, a partire da settembre. Un testo che va criticato non per la presunta bontà di propositi però troppo generici o astratti, ma per la nocività e la fallacia di propositi chiaramente ricostruibili al di là della genericità e dell’ambiguità delle enunciazioni.
Innanzitutto la drammatica crisi che stiamo vivendo quasi non esiste per il Libro bianco, che la cita solo per inferirne un’ulteriore pressione al ribasso su salari e prestazioni sociali. Ciò è correlato a tre propositi del Libro bianco particolarmente pericolosi. 1) L’alterazione del quadro costituzionale che presiede ai diritti sociali, rimosso al punto che le parole «cittadinanza sociale» non sono citate nemmeno una volta, mentre dilaga un’orgia di riferimenti a «persona», «famiglia», «comunità», categorie nobilissime che, però, private della collocazione nel contesto istituzionale della cittadinanza, assumono un senso totalmente deformato. 2) La deresponsabilizzazione dell’operatore pubblico e la resa della responsabilità collettiva, la quale arretra perché una visione esasperata della sussidiarietà la induce ad esprimersi solo attraverso delega, alla famiglia da una parte (su cui, dietro la retorica della «sorgività del sociale», si scaricano pesanti oneri aggiuntivi), al territorio e alla comunità dall’altra. 3) Il disegno di privatizzazione di istituzioni chiave del modello sociale italiano, quali la sanità e la previdenza pubblica, entrambe destinate a un intenso sviluppo dei pilastri a «capitalizzazione», il contrario delle decisioni, in sanità e non solo, che sta prendendo Obama, lui sì determinato ad ispirarsi al modello sociale europeo. Ma è davvero sconcertante, specie di fronte all’esplosione dell’odierna crisi, che il ministro Sacconi ignori del tutto i moniti pesanti che vengono da una parte dal dissesto mondiale dei Fondi pensione e dei Fondi sanitari aziendali, dall’altra dalla clamorosa decisione dell’Argentina di nazionalizzare, come risposta alle turbolenze economico-finanziarie, i 10 Fondi pensione con cui nel 1994 era stata privatizzata la social security pubblica argentina.
L’Unità 28.08.09