Traduzioni

5 novembre 2008

Tutti gli stranieri attorno a Noi

di Giovanni Laino
Repubblica Napoli, 5 Novembre 2008

In Campania e a Napoli la presenza degli immigrati è crescente, soprattutto per gli arrivi dei neocomunitari, soprattutto rumeni.
Con il rapporto Caritas Migrantes presentato recentemente, si ha un aggiornamento dei dati, con una stima di circa 130.000 persone regolarmente soggiornanti nella regione. Circa il quaranta per cento degli immigrati presenti nel Mezzogiorno vivono in Campania, la regione del Sud ove il fenomeno è più rilevante, anche se è al settimo posto a livello nazionale. Di questi, circa il cinquanta per cento è nella provincia di Napoli, in cui prevalgono le persone provenienti dai paesi europei. Quasi tredicimila alunni nelle scuole della regione sono un segno tangibile di una presenza sempre più radicata. Ormai emerge anche dai dati un’immagine plurale dell’immigrazione che è innanzitutto quella di lavoratori che complessivamente versano molti più contributi e tasse rispetto ai soldi che vengono investiti per i servizi che li riguardano. La maggior incidenza degli infortuni sul lavoro dei lavoratori stranieri prova il dato, già noto, che in prevalenza vengono assegnati a lavori più usuranti, pericolosi e peggio pagati. Inizia però anche ad emergere il dato di piccoli imprenditori Indiani, Turchi che, con le rimesse, riescono ad inviare soldi ai familiari nei paesi di origine (più di 280 milioni di euro complessivi nel 2007). Affiora il dato dei matrimoni misti che sono però anche uno dei canali obbligati per le donne per ottenere la cittadinanza.
Oltre al capoluogo e ad alcuni comuni della provincia, le aree ove è più cospicua e problematica la presenza degli stranieri, è la costa casertana che insieme all’area del Giuglianese raccoglie uomini addetti all’edilizia, ai lavori agricoli, oltre ad una varietà di servizi, per la ristorazione e le basse qualifiche di diversi mestieri, molte donne badanti, oltre che una minoranza di donne implicate nei circuiti della prostituzione. Nella valle del Sele la produzione agricola si avvale in modo massiccio degli immigrati. A Napoli ormai si riscontra la presenza di un’immigrazione stanziale che ha avviato un progetto di vita durevole, con esponenti di seconde generazioni che tendono a perdere la relazione primordiale con il paese di origine. E’ ancora riscontrabile una certa corrispondenza fra provenienza geografica e prevalenza di un tipo di lavoro, per cui la maggioranza delle donne a servizio o badanti sono – ormai in quantità crescenti – dei paesi dell’Est, o singalesi, filippine, senza escludere le persone che provengono da un grappolo di paesi dei quattro principali continenti. Fra le diverse facce del fenomeno perdura quella dello schiavismo, con la costante presenza di giovani lavoratori che attendono i caporali nelle rotonde della strada americana. Vi è poi una sorta di ctp non dichiarato, in un ex mercato a San Nicola Varco, ad Eboli. Su di un terreno di proprietà della Regione, circa 700 immigrati, solo una parte dei quali con permesso di soggiorno, collaborano ai lavori agricoli. La Regione ha assegnato al Comune di Eboli un milione e mezzo di Euro per predisporre una diversa più civile sistemazione di queste persone. In alcuni paesi, come ad esempio, Atena Lucana, il Ministero dell’Interno ha inviato in alcuni alberghi circa centodieci richiedenti asilo, che certamente dovranno aspettare molti mesi per conoscere il loro destino. In questi giorni è stata presentata anche una ricerca sul disagio abitativo degli stranieri nelle quattro principali regioni del Sud, coordinato dalla Cooperativa Alisei e finanziato con i fondi del PON sicurezza del Ministero. Si riscontrano condizioni di alloggio inadeguato per la maggior parte dei migranti. Una quota significativa poi alloggiano in siti impropri quali aree e capannoni dimessi, magazzini, ripostigli, impianti industriali abbandonati, edifici fatiscenti o rustici non completati. Circa il 90% accede alla casa grazie a rapporti in reticoli informali e – soprattutto all’arrivo i parenti e gli amici garantiscono un posto letto; da noi non esistono ancora politiche abitative per i migranti. Ci sono gruppi diversi che differenziandosi per anni di presenza, capacità di rendersi più autonomi nel mercato del lavoro, progetto migratorio, realizzano una vera e propria carriera abitativa che in alcuni anni consente ad un nucleo familiare di rendersi indipendente, anche se quasi sempre in condizioni non agiate, avviando una vera autonomia a partire dal fitto di un basso alla Sanità, ai Quartieri Spagnoli o in altri borghi popolari della città. Costoro stanno pure meglio di quelli costipati nei Ripiani di Ponticelli, o nei fabbricati degradati della periferia occidentale o accampati sotto i cavalcavia, nei fabbricati abbandonati o pericolanti. Una condizione caleidoscopica che necessità di politiche differenziate, ancora troppo deboli.