Traduzioni

24 settembre 2008

Il rischio oltre il marciapiede

da "La Voce"

IL RISCHIO OLTRE IL MARCIAPIEDE

di
Francesca Bettio Daniela Del Boca e Maria Laura Di Tommaso

23.09.2008


Non è chiara la logica economica del disegno di legge Maroni-Carfagna, ma è abbastanza prevedibile quali saranno i risultati: non una riduzione della prostituzione ma un suo semplice spostamento dalla strada ai luoghi chiusi. La formulazione della norma ignora l'evidenza empirica sui rischi di questa scelta, così come emerge dall'esperienza di altri paesi. Contenere e indirizzare il mercato attraverso strumenti economici piuttosto che affrontarlo con soli strumenti penali darebbe in Italia risultati certamente migliori.

Nel disegno di legge Maroni-Carfagna si introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e, più in generale, “in luogo pubblico” e si prevede la punizione sia dei clienti che delle prostitute con l'arresto da 5 a 15 giorni e l'ammenda da 200 fino a 3000 euro. Per chi sfrutta la prostituzione minorile da 6 a 12 anni, sono previste multe da 15mila a 150mila euro. Dopo cinquanta anni cambia così la legge Merlin, la norma che decideva la regolamentazione della prostituzione in Italia e la chiusura delle cosiddette “case chiuse”.

I DATI DELL'OIM

Se il disegno avrà una qualche efficacia, finirà soprattutto con l’indirizzare la prostituzione di strada verso luoghi chiusi. Tuttavia, la formulazione di una legge seria non può ignorare l’evidenza scientifica sui rischi che il semplice spostamento in luogo chiuso può comportare nelle condizioni attuali.
Da qualche tempo, la Organizzazione internazionale per la migrazione gestisce un programma di assistenza delle persone coinvolte nel cosiddetto traffico a scopo di prostituzione e
raccoglie dati individuali. Anche se il traffico coinvolge solo una parte dell’offerta straniera di prostituzione che opera nel nostro paese, l’analisi di questi dati è sufficientemente eloquente sui rischi che il disegno di legge comporta.
L'Italia figura fra i più importanti paesi ospiti del traffico a scopo di sfruttamento sessuale, con il 5 per cento del totale nella base dati Oim al 2006. Per circa 2600 delle donne ammesse dall’Iom al proprio programma di assistenza tra il 2000 e il 2006 si conoscono il luogo di lavoro e, quindi, il segmento del mercato in cui operavano al momento del contatto con l'Organizzazione: circa la metà è collocabile in un segmento medio alto che comprende bar, night-club e servizi di 'scorta'; l'altra metà comprende il lavoro in strada, in appartamenti privati, in massage-parlour e in hotel o motel, soprattutto i primi due.
Se si considera il segmento più esposto a sfruttamenti e abusi, quello medio basso, e si confronta quanto riportato da chi si prostituiva per strada e da chi operava in appartamenti, massage-parlour, hotel o motel nel lasso di tempo considerato, se ne ricava che il luogo chiuso, e specialmente l'appartamento privato, favorisce un aumento degli episodi di violenza, riduce la libertà di movimento, la possibilità di usare il preservativo e la possibilità di accedere a cure mediche in caso di bisogno. In particolare, i dati registrano un aumento di 3 punti percentuali dell’incidenza di episodi di violenza fisica e di stupro perpetrati sulle prostitute nei luoghi chiusi rispetto a quanto succede in strada, ma lo scarto sale a più 10 punti percentuali se il confronto è con i soli appartamenti privati. Inoltre, i casi di diniego totale di libertà di movimento aumentano del 33 per cento; quelli in cui l'uso del preservativo è regolarmente permesso scendono del 32 per cento; infine, i casi in cui l'accesso a cure mediche è sistematicamente negato salgono del 18 per cento.

L'ESPERIENZA DI ALTRI PAESI

Il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per la prostituzione al chiuso controllata da reti più o meno criminose è confermato non solo da analisi statistiche più sofisticate di questi stessi dati Oim, ma anche da una lunga tradizione di altri studi e rapporti. Per esempio, la legge del 1998 sulla criminalizzazione dei clienti in Svezia ha avuto effetti perversi e non previsti dal legislatore: la prostituzione non solo è diventata più invisibile con un aumento di quella esercitata nelle case e attraverso internet, ma soprattutto è diventato più difficile combattere il traffico di esseri umani e lo sfruttamento perché i clienti non collaborano con le autorità. Un’altra conseguenza non prevista è la diminuzione dell’uso dei preservativi perché sono ritenuti prove della colpevolezza dei clienti.
Una ricerca su Parigi, Stoccolma, Amsterdam e Madrid, che hanno problemi simili a quelli creatisi nelle città italiane per l’afflusso di donne straniere da paesi poveri, mostra come le diverse politiche convergano verso pratiche comuni: ondate di repressione anti-straniere, con conseguente riorganizzazione in condizioni peggiori al chiuso e soprattutto difficoltà di contatto con le vittime di tratta.
Il disegno di legge Maroni-Carfagna ammicca proprio alle soluzioni abolizioniste della Svezia e della Norvegia, dove la sanzione è imposta al cliente, per raccogliere anche le simpatie di benpensanti e di una parte delle donne. Ma se la soluzione svedese è nota, è meno noto che gli esiti sono abbastanza insoddisfacenti. I clienti multati sono stati pochi, in parte perché la domanda si è spostata altrove - al chiuso e appena oltre confine. In parte perché il cliente tipo è un maschio del tutto normale, come testimoniato da varie ricerche e quindi lo si può individuare solo se si ostina ad ‘adescare’ in modo abbastanza plateale.
La variante norvegese invece riconosce che, per chi esercita, la prostituzione è una fonte di reddito, non sempre di facile rimpiazzo. Così la legge recentemente approvata criminalizza i clienti, ma riconosce al contempo che per molte donne coinvolte si elimina una fonte di reddito. Pertanto, lo stesso governo eroga trasferimenti a quelle organizzazioni che offrono a queste donne soluzioni alternative. Alcune aziende, tra le quali l’Ikea, si sono impegnate ad assumere ex prostitute. L’esempio della Norvegia ci suggerisce che, in realtà, l’efficacia di un qualsiasi provvedimento sulla prostituzione non può prescindere dalla considerazione che per molte delle donne coinvolte si tratta pur sempre di un'opportunità di lavoro, che, a seconda del contesto economico e normativo, si traduce in pesanti condizioni di sfruttamento piuttosto che in laute opportunità di guadagno.

UN LAVORO COME UN ALTRO

In Italia, sarebbe anche auspicabile rafforzare uno strumento legislativo che già esiste ed è per molti versi avanzato nel contesto europeo, l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione (1998) che sancisce per le vittime della tratta il diritto alla protezione e all’assistenza. Negli anni passati, ha permesso di proteggere le persone sfruttate o vittime di tratta che decidono di uscire dal racket, assicurando l’anonimità e proponendo percorsi di formazione e inserimento sociale e lavorativo. Al tempo stesso, ha favorito la denuncia degli sfruttatori e ha rafforzato la collaborazione tra enti locali, associazioni, magistratura e forze dell’ordine .
Se il luogo in cui viene esercitata la prostituzione è importante per la comunità, si inizi a trattarla come altri lavori, così da poter influire anche sul dove la si può esercitare, se necessario. Una possibile soluzione, seguendo la linea tracciata dall'Olanda, è mettere a disposizione delle aree, come ha già fatto il comune di Venezia. Ma è soprattutto l’esempio della Germania che potrebbe aiutare a disegnare una politica di regolamentazione del mercato. La prostituzione è legale, ma regolamentata. In alcune zone è proibito prostituirsi per strada. Chi esercita la prostituzione deve pagare le tasse e rispettare alcune norme di sicurezza se si svolge in luoghi chiusi. Se inoltre esistono intermediari, si applica la normativa sui contratti tra lavoratore e datore di lavoro.
Contenere e indirizzare il mercato attraverso strumenti economici piuttosto che affrontarlo con soli strumenti penali avrebbe alcune conseguenze positive in un contesto come quello italiano: toglierebbe linfa vitale alle organizzazioni criminali che sfruttano situazioni di oppressione, aumenterebbe il gettito fiscale e permetterebbe una regolamentazione consona a esigenze di ordine pubblico.

PER SAPERNE DI PIÙ

- BettioF. e Nandi T.K. 2008 “Evidence on Women Trafficked for Sexual Exploitation. A Rights Based Approach”, di prossima pubblicazione su European Journal of Law and Economics.
- Carchedi F.,
Stridbeck U., Tola V. (2008) “Lo Zoning possibile. Governance della prostituzione e della tratta delle donne. Il caso di Venezia, Stoccolma ed Amsterdam”, Franco Angeli, Milano.
- Danna D. (2006) “Prostituzione e vita pubblica in quattro capitali europee” Carrocci, Roma.
- Della Giusta M:, Di Tommaso M.L., Shima, A. Strøm “What money buys: clients of street sex workers” in the US Applied Economics, 2007 vol. 9:1, p 1-17.
- Di Tommaso M.L., Shima, A. Strøm, S. Bettio F. (2007), “As bad as it gets. Well being deprivation of sexually exploited trafficked women”, Dept. of Economics, University of Oslo, Memorandum, 09/07, ISSN 0809-8786.


Archivio blog