Traduzioni

8 giugno 2008

E Pappeci – Bottega del Mondo coop. sociale

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Dicette ‘o pappece ‘nfaccia a noce:

damme tempo ca te spertoso:



Siamo quello che mangiamo” diceva nell’800 il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach.

Questo “convincimento” ridiventa oggi tragicamente attuale sia in termini culturali che salutari.

Sulle nostre tavole sono presenti prodotti che hanno superato le tradizionali barriere spazio-temporali. Agli ormai “tradizionali” prodotti coloniali (tè, caffé, cacao …) offertici dalla “scoperta” dell’America e dalla prima rivoluzione industriale, si sono affiancati nuovi prodotti che ci consentono di consumare primizie ormai separate dai vecchi limiti temporali: la parmigiana di melanzane che mangiamo a gennaio è uguale a quella di agosto, almeno così sembra se ci limitiamo ad esaminare il bancone di un ortolano o di un supermercato.

Queste novità, ormai entrate profondamente a far parte dei nostri stili di vita, sono una conquista ? sono il frutto di una libera scelta attraverso la quale manifestiamo consapevolmente l’esistenza di un rapporto profondamente materiale ed animale con l’ambiente nel quale viviamo, come affermava Feuerbach, o è piuttosto la conseguenza di una visione economicistica che ci ha convinto a guardare alla natura come ad un contenitore dal quale far scaturire, a qualsiasi costo, tutto quello che può essere rappresentato sotto forma di merce ?

La questione si fa complessa perché coinvolge convincimenti etici e politici difficilmente conciliabili.

Se però cambiamo punto di osservazione, forse, le cose si semplificano.

Proviamo a vedere cosa c’è “dietro” una busta di carote grattugiate ed imbustate comprate al supermercato:

  • costano circa otto euro al chilo

  • per confezionarle serve un po’ di petrolio, una spruzzata di zolfo, una di monossido di carbonio e 2 chili e mezzo di CO2

  • è necessario un bancone frigorifero per conservare le buste in attesa dell’acquisto

  • per far funzionare la fabbrica che imbusta le carote dobbiamo calcolare i costi di estrazione del petrolio, il trasporto in raffineria, le varie lavorazioni in fabbriche diverse e ad ogni fase un nuovo trasporto

  • E poi la plastica che avvolge le carote diventa subito un rifiuto e bisogna smaltirla …

  • quasi sicuramente insieme ad una certa quantità di carote che hanno superato il tempo consentito per la permanenza nel bancone.

  • Il contadino riceve per quelle carote 22 centesimi di euro al chilo e …

  • detratte le spese gli restano sui 7 centesimi di euro al chilo

Tutto ciò ha un senso ?

Si consuma un prodotto manipolato chimicamente e dal sapore indefinito, uguale a Napoli, Londra, Nairobi, New York …

Si paga un prezzo spropositato

Si inquina l’ambiente con rifiuti spesso non riciclabili

Si contribuisce al riscaldamento dell’atmosfera

L’unico vantaggio apparente è quello di risparmiare tempo nel grattugiare le carote !

Se, poi, moltiplichiamo questo singolo “racconto” per le tonnellate e tonnellate di merci che viaggiano in giro per il mondo, alla fine ci rendiamo conto quanto che, forse, il meccanismo che abbiamo messo in piedi è assurdo e schizofrenico.


Da un po’ di tempo (per la precisione dal 1994) ci sono persone che hanno deciso di non voler più sottostare a questa idea di ambienteContenitore–produttoreDiMerci–cheMortificanoIlNosttroGusto-cheInquinanol’Ambiente–CiAvvelenano-eProduconoIngiustiziaSocialeEdEconomica.

Queste persone si sono riunite in gruppi (sono oggi più di 400) che hanno vari nomi ma che sono diventati famosi con un sigla, GAS, cioè Gruppo di Acquisto Solidale.

La novità di questi gruppi è che i vari soggetti che intervengono nello scambio economico di beni hanno deciso di usare il criterio della solidarietà come criterio base sia nelle relazioni tra le persone che con l’ambiente. Non si deve pensare che esso sia espressione di semplice “buonismo bucolico”; la solidarietà tra le persone consente

  • al produttore di spuntare per i propri prodotti prezzi superiori a quelli che il “mercato” impone “asetticamente” per il “bene di tutti”

  • al consumatore di accedere a prodotti di qualità, spesso legati al recupero di colture locali (in generale meno bisognose di interventi “curativi”), al cui prezzo è stata fatta la tara di tutte le intermediazioni inutili

  • all’ambiente di risparmiarsi un po’ di emissioni e rifiuti inutili (trasporti, serre, packaging, scarti)

Ma partecipare ad un GAS concretizza anche il bisogno di partecipare in maniera diretta alle scelte concrete che coinvolgono quotidianamente la nostra vita: la necessità di trovare e scegliere i produttori, costruire con loro relazioni reali, affrontare e risolvere i problemi organizzativi della raccolta e distribuzione dei prodotti, documentarsi sui prodotti e i relativi processi di produzione ed impatto ambientale richiedono che i membri del gruppo si incontrino per discutere, capire e trovare soluzioni. Ciò significa una riappropriazione del proprio tempo che caratterizza forme di partecipazione e di socializzazione in qualche maniera innovative perché anacronistiche con quelle correnti.


Insomma fare la spesa attraverso i GAS è cercare solo di risparmiare mangiando meglio o è un percorso che, attraverso la sperimentazione di nuovi stili di vita ed il consumo critico, prova ad interagire con il mondo circostante a partire da una famosa frase gandhiana “sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo” ?

Noi pensiamo che la qualità dei pensieri derivano dalla qualità dei cibi che assumiamo, per ritornare all’apertura del nostro scritto.


GAS ‘E friarielli

della cooperativa ‘E pappeci – bottega del Mondo



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