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29 ottobre 2008

reddito minimo

Verso l' Europa del welfare: il Reddito di solidarietà attiva
di Fabio Corbisiero

Nell’ Europa dell’integrazione e della cittadinanza comunitaria il problema della povertà e dell’esclusione sociale resta ancora piuttosto grave e tutt’altro che risolto (circa 78 milioni di persone dell’Europa a 27 vivono in condizioni di rischio povertà o di esclusione sociale). Nell’ottobre del 2007, in occasione del ventennale della giornata mondiale del rifiuto della miseria, Nicolas Sarkozy ha riaffermato l’impegno nazionale della Francia nella lotta contro la povertà attraverso la trasformazione e la revisione, a livello europeo, dei Redditi Minimi Sociali “affinché il ritorno all’occupazione sia sempre più remunerativo rispetto al mantenimento assistenziale, e affinché il lavoro dia a tutti la garanzia di uscire e di essere protetti dalla povertà”.

A distanza di un anno da questo discorso l’Europa sociale si è riunita a Marsiglia il 16 ottobre scorso con l’obiettivo di richiamare gli Stati membri ad azioni efficaci e coordinate di politica sociale, al fine di assicurare l’accesso effettivo di tutti i cittadini ai diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione europea e di rispondere alle loro aspettative concrete.

Già nel 1999 la Commissione europea aveva varato un documento che si è successivamente rivelato di fondamentale importanza nel processo di avvio del “welfare europeo” iniziato, come è noto, con le “Raccomandazioni” del 19921: la comunicazione intitolata “Una strategia concertata per modernizzare la protezione sociale”. Sulla scorta della creazione dell’UE e di una maggiore istituzionalizzazione delle strategie europee per l’occupazione, la Commissione riteneva che fosse giunto il momento di approfondire e integrare le diverse pratiche di protezione sociale. Quattro obiettivi venivano quindi indicati come fondamentali per la realizzazione di una strategia concertata:

1) rendere il lavoro remunerativo e garantire un reddito sicuro;

2) garantire la sicurezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici;

3) promuovere l’inclusione sociale;

4) garantire un’assistenza sanitaria di elevata qualità e sostenibile.


Si trattava della richiesta formale di avvio, nel campo della protezione sociale, di un processo simile a quello già attivo nell’ambito delle politiche per l’occupazione, secondo il modello di “equipollenza triangolare” tra politiche per lo sviluppo, politiche per l’occupazione e politiche sociali. Nel marzo del 2000, con la Strategia di Lisbona, veniva chiesto agli Stati membri di prendere delle misure che favorissero lo sradicamento della povertà entro il 2010.

Nel 2007, dopo la revisione della Strategia di Lisbona (2005), il Consiglio europeo di primavera ha sottolineato l’interesse di prendere nuovamente in considerazione gli obiettivi sociali comuni degli Stati membri. Nel marzo del 2008, nel quadro di una riflessione sull’Agenda Sociale rinnovata, il Consiglio europeo ha sottoscritto che “la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, la promozione dell’inserimento attivo e l’aumento delle possibilità di occupazione di coloro che sono più lontani dal mercato del lavoro sono altrettante misure di primaria importanza. Per questo motivo, è il caso di ricorrere a tutti gli strumenti e i mezzi disponibili a livello comunitario”.

La strategia di “inserimento attivo” è stata proposta attraverso il cosiddetto “Reddito di Solidarietà Attiva”, un istituto di politica sociale per le persone a rischio di vulnerabilità sociale che risponde all’esigenza di solidarietà e coesione sociale, fattori al centro del modello sociale europeo e attuata con azioni di “governance a rete”.

Tale strategia si basa su tre livelli di garanzia sociale complementari e inscindibili:


   1.

      la garanzia di un reddito minimo sufficiente;
   2.

      la garanzia di politiche integrate che favoriscano l’inserimento nel mercato del lavoro;
   3.

      la garanzia di servizi sociali di qualità e accessibili.


Il Reddito di Solidarietà Attiva (RSA), chiave di volta della riforma sui minimi sociali proposta dall’Alto Commissario alla Solidarietà attiva contro la povertà, permette di valorizzare i redditi da lavoro piuttosto che quelli da pura assistenza. Si inscrive inoltre nell’ambizioso obiettivo di riduzione della povertà di un terzo in cinque anni e mira altresì ad affrontare la questione, più ampia e problematica, dell’esclusione sociale. Il RSA è concepito come un dispositivo sociale di sostegno attivo alle biografie dei cittadini; un supplemento di risorse di “capitale sociale” destinato ai lavoratori poveri, ai beneficiari di minimi sociali e alle persone che dispongono di salari variamente bassi, inteso non soltanto come trasferimento economico ma, soprattutto, come uno strumento di facilitazione della ripresa o del miglioramento dell’attività lavorativa, grazie ad un collegamento più efficiente tra politiche e servizi sociali e politiche e servizi per il lavoro. Questa riforma punta a rispondere alla complessità del meccanismo dei minimi sociali che talvolta, come le analisi empiriche hanno dimostrato, genera “effetti perversi” definiti dai sociologi come “trappole sociali” (di povertà e/o di inattività).

In Italia una misura del genere fu introdotta per la prima volta, in via sperimentale, con la legge 449/97 (Finanziaria 1998), su proposta dell’allora Ministro per la Solidarietà Sociale Livia Turco e approvata attraverso il Decreto legislativo n. 237/98 “Disciplina dell’introduzione in via sperimentale in alcune aree territoriali dell’istituto del reddito minimo di inserimento”.

Il Reddito Minimo di Inserimento costituì nel panorama del sistema di welfare italiano di allora una rilevante novità in quanto per la prima volta veniva istituita una prestazione di sostegno al reddito di tipo universalistico, fondata cioè non sull’appartenenza del beneficiario a particolari categorie – il lavoratore, il disoccupato, il pensionato, l’anziano, l’invalido – ma sull’esistenza di una condizione di bisogno dell’individuo sprovvisto di mezzi di sussistenza e perciò a rischio di esclusione sociale. Tuttavia, a cinque dalla sua istituzione nei 39 comuni campionati, il Governo Berlusconi non inserì tra i suoi obiettivi la generalizzazione della misura tra l’altro contestandola in vari punti senza che avesse però proceduto ad azioni tecnico-scientifiche di monitoraggio e di valutazione degli esiti compresa la relazione, positiva, della prima Commissione d’Indagine sull’Esclusione sociale presieduta da Chiara Saraceno. Come venne sostenuto dai suoi detrattori “Il punto maggiormente controverso del Rmi, che la sperimentazione non è riuscita a fugare, riguarda la validità e la sostenibilità delle misure d’inserimento, sia sul lato dei soggetti proponenti che dei soggetti beneficiari; malgrado alcuni segnali incoraggianti, il “tasso di fuoriuscita” dal provvedimento per effetto di un miglioramento della condizione di partenza è risultato in generale assai basso, lasciando aperti non pochi interrogativi sulla natura temporanea o cronica del provvedimento. Un significato parimenti controverso ha assunto il “tasso di opportunismo” registrato in corso d’opera, con livelli in alcuni casi preoccupanti e penalmente perseguiti” (Cies 2003, 39-41).

Con Marsiglia 2008 la questione dei Redditi minimi di inserimento viene vigorosamente rilanciata. Per ora è stata stabilita una prima fase di sperimentazione, mentre il suo allargamento è previsto per il 1° semestre del 2009. Per questa iniziativa, è stato pubblicato, nell’autunno del 2007, un bando che ha permesso di identificare dei programmi innovativi. Obiettivo: permettere agli enti locali, al Terzo settore, alle parti sociali, agli enti di ricerca e agli stessi beneficiari di attuare delle azioni congiunte, che arricchiranno la riflessione collettiva sui mezzi più utili nella lotta contro la povertà e le disuguaglianze sociali, così come in materia di ritorno all’occupazione, di salute, d’inserimento e di istruzione.

Per il 2008 sull’Agenda sociale europea è fissato un ultimo appuntamento per combattere la povertà; a Grenoble, il 21 e 22 novembre prossimi, in cui verrà aggiunto un altro tassello alla costruzione del modello di welfare europeo. L’incontro in Francia permetterà di valutare l’impatto delle sperimentazioni sociali portati avanti negli Stati membri (tra cui la madre di tutte le sperimentazioni: il Revenu Minimum d’insertion) per discuterne le linee di approfondimento e le strategie di rafforzamento nell’Europa a 27.

1 Cfr. Raccomandazione 441/92/CEE sui criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale e Raccomandazione 442/92/CEE sulla convergenza degli obiettivi e delle politiche di protezione sociale degli stati membri.