Traduzioni

4 ottobre 2008

Lo sguardo tragico che legge la città


di Giovanni Laino
la Repubblica Napoli, 29-09-2008

Quando presento Napoli agli stranieri, utilizzo due dipinti. Un murales: la “Battaglia tra i Centauri e i Lapiti”, fatto da Piero di Cosimo, nel 1505, ore esposto alla National Gallery di Londra e un murales di Marc Chagall, del 1919, “Decorazioni per teatro ebraico” di Mosca. Pur molto diverse fra loro, le due opere raffigurano una scena molto movimentata che, su un paesaggio delicato e suggestivo, presenta o richiama grande agitazione, teatralità, lotta frammista a danza, simboli fallici, gente che perde la testa; acrobati e figure inumane agitati nelle relazioni, fra arte, musica e conflitto, in un insieme che è allo stesso tempo un orgia, un grande happening, un teatro di guerra.
Le due immagini funzionano bene perché da molto tempo per rappresentare Napoli si sente il bisogno di ricorrere a metafore che suggeriscono la particolarità cosmica della città: “serena sull’abisso”, “terremoto quotidiano”, “paradiso abitato da diavoli”.
Giorni fa ho avuto il piacere di accompagnare il Giampaolo Visetti in città per pubblicare poi il reportage di sabato 27 su R2 di Repubblica. Ho provato a suggerire al cronista una qualche prudenza evitando di assumere uno sguardo semplice, unificante. Non ci sono riuscito. L’articolo di Visetti è solo un esempio di un filone culturale, che tra l’altro trova fortuna, arrivando a candidare opere cinematografiche per premi Oscar.
Nel fine settimana ho partecipato al World Social Summit realizzato a Roma da due prestigiose fondazioni. Ha parlato anche Roberto Saviano che ha fatto un paio di brevi interventi ribadendo una visione tragica della condizione napoletana, anche con qualche esagerazione, per esempio sui Quartieri Spagnoli, raccolta da una fonte poco attendibile.
Credo che l’adozione di un’ottica tragica, epica, secondo cui vi è un destino di morte segnato, determinato da forze potenti quanto misteriose, pervasive, pur avendo molti fondati argomenti, è fuorviante. E’ difficile vivere a Napoli e parlarne ma credo che sia necessario convivere con uno sforzo di lucidità che si esprime meglio con un’ottica più silente, prendendo atto del conflitto, del coinvolgimento di tanti, come pure della necessità di individuare dei piani differenziati, distinguendo le responsabilità. L’urlo, il pezzo forte che prima suggeriva di leggere Napoli come “un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti”, e oggi “holding camorristica”, non mi pare convincente. Anni fa ho fatto una ricerca sull’uso di diverse immagini per parlare di Napoli, dai testi che già a fine Ottocento si occupavano del ventre malsano della città. Ve ne è traccia nel libro di Ramondino e Muller, Dadapolis. L’approccio tragico non riesce a sostenere uno sguardo strabico che cerca di guardare la varietà, le differenze, immaginando piani distinti. Sollecitato dalla città barocca, si alimenta solo di scene sconvolgenti, sanguigne, di cui la conurbazione napoletana è feconda fucina. Non rivendico affatto la necessità pur legittima di mettere in evidenza il buono che c’è. Rilevo solo che molti operatori dell’informazione e artisti finiscono comunque per proporre immagini distorte, magari riuscendo talvolta a svolgere un ruolo profetico ma, più spesso per realizzare testi suggestivi, ad effetto, che scuotono ma poi non danno chiavi di lettura per avanzare nell’analisi e nell’azione. E’ evidente una grave responsabilità dei ricercatori – la mia categoria - che, da qualche decennio, fanno ben poche inchieste. Negli ultimi anni gli atti della magistratura, assunti di per se come fonte di verità storica, e le inchieste di bravi giornalisti hanno alimentato l’immaginario sociologico sulla città. Napoli è certamente un vulcano attivo, ma credo sia necessario mettere in luce le responsabilità di rilevanti settori dei ceti dirigenti che, per opportunismo, riproducono condotte incivili, contro il pubblico interesse. Anche la società complessa è gerarchizzata. Le persone, i settori sociali sostanzialmente sani, hanno bisogno di fiducia, esempi, guide. Le èlites hanno grandi responsabilità. Le città ove si vive meglio non hanno risolto molti problemi ma, i loro governanti hanno dato prova di un impegno serio, capace di conseguire dei risultati. Sullo sfondo di problemi certo molto gravi, negli ultimi otto anni, a Napoli è mancato questo.