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19 febbraio 2009

Lavoro

Il lavoro nella nostra regione è in ostaggio, chi lo vuole cercare o impiegare onestamente deve stare attento a non perdere tempo e a non farsi notare nè dai potenti che impongono il passaggio dalle loro mani e spesso lo mettono in congelatore fino a quando serve al loro potere, nè dai clienti che stanno in attesa di lavoro, segnati in elenchi di partito, di assessorato, di categoria, di impresa, di cantiere, di lotta; anche loro in congelatore, attenti a non uscire dall'elenco più ancora che a risolvere il loro problema. L'influenza della camorra sulle imprese, la politica, il territorio aggrava il tutto, allarga questa cappa di controllo e di asservimento persino al lavoro nero e illegale, ma non credo ne sia l'origine, forse è solo l'altra faccia di una stessa cosa. A questo mostro sfugge ancora soltanto il circuito dei legani deboli (familiari, parenti e amici intimi), il lavoro che passa tra chi ha una qualsiasi piccola attività economica o professionale e a un parente-amico non può e non vuole dire di no, e chi cerca un lavoro non avendo potenti a cui iscriversi, solo parenti e amici, e non se ne va a lavorare altrove. L'accesso al lavoro ma anche tutto il seguito di quel lavoro è schiavo di questa doppia rete di arretratezza, inefficienza e oppressione, alla faccia della competitività, della fluidità e della qualità nel moderno mercato del lavoro.
A creare il mostro che ingessa la vita economica e sociale, la democrazia, la dignità e la speranza, il mostro che ruba il lavoro, è l'affare disoccupazione in mano alla nostra malata classe dirigente. Ne è un esempio il dibattito sucitato dalla cronaca nera sul progetto Isola e a questo proposito avrei qualcosa da chiedere apertamente a Corrado Gabriele, visto che questa nostra classe dirigente non sembra affatto terminale.
sv