di Giovanni Laino
La Repubblica Napoli 22 gennaio 2009
Cresce l’attenzione sul grande deficit di efficacia di una serie di politiche che, pur partendo da idee ed esperienze di alta qualità, si arenano creando disagi proteste. Cercando di evitare le semplificazioni che danneggiano tutti, credo che la diagnosi vada approfondita.
Perché il progetto Chance, i Nidi di Mamme, come un’ampia serie di altri servizi alle persone oppure alcune rilevanti politiche per le periferie a Scampia come a Pianura, dopo una fase di successo, si sono impantanate ? Alcune spiegazioni.
1) Queste politiche vengono realizzate da molti anni secondo la logica ciclica del progetto che è strutturalmente contingente e instabile e quindi va bene solo per i primi anni di sperimentazione. Gli amministratori hanno la responsabilità di aver deciso in ritardo di stabilizzare queste azioni. La loro innovatività è stata riferita al contenuto delle azioni e troppo poco alle necessarie innovazioni delle procedure burocratiche. Gli esperti direbbero: vi è stato poco apprendimento istituzionale.
2) Vi è però una questione di potere.I politici e i funzionari, di fatto ogiscono uno schema che ripropone dipendenza per cui l’ente realizzatore, gli attori intermedi coinvolti e i beneficiari devono di volta in volta, implorare, supplicare, il rifinanziamento dei progetti, presentando benevolmente gli argomenti di tali richieste, cercando di tenerli distinti dalle logiche di appartenenza che invece i politici tendono sempre a riproporre. Per molti funzionari ogni atto amministrativo pur dovuto è un po’ un favore che fanno ai fortunati attuatori.
3) E’ evidente poi una carente cultura della pianificazione e progettazione sociale oltre che del diritto amministrativo. Per troppi amministratori basta una bella idea, confidando poi su di una serie di automatismi che in realtà non sono mai dati. I politici e i funzionari – spesso selezionati secondo logiche di appartenenza più che per provate competenze – in diversi casi scoprono, strada facendo, i tanti vincoli che occorre superare per seguire correttamente le procedure, per rendere effettive le decisioni e i circuiti finanziari delle risorse messe a disposizione. Adottano sempre una inidonea cultura del tempo e quindi, in molti casi, hanno ben poca consapevolezza della rilevanza di tutti i passaggi per l’attuazione, ignorano la rilevanza dell’implementazione delle politiche.
4) Le risorse per queste politiche vengono prese sempre più spesso dal Fondo Sociale Europeo che, soprattutto in Campania, viene gestito con vincoli eccessivi e soprattutto in termini sostitutivi e non aggiuntivi alle risorse ordinarie.
5) Rispetto alla penuria di risorse e alla tipica sottofinanziarizzazione delle imprese sociali nel Sud, con l’assenza del sistema bancario e la debolezza di Banca Etica, gli attori non hanno ancora compreso e preso atto che è necessario occuparsi molto seriamente della disponibilità per cassa dei soldi, per evitare che i lavoratori e i fornitori dei beni necessari per realizzare le azioni, debbano aspettare tanti mesi per fare un lavoro impegnativo e rilevante.
In sintesi quindi: le politiche di coesione, pur sostenute retoricamente, sono di fatto politiche deboli. Le innovazione nelle politiche sociali e formative hanno solo sfiorato i decisori e prevale invece una visione esortativa, occasionale, paternalistica. Per i deboli si attuano politiche deboli. L’attenzione dei politici torna nei momenti in cui vi è un possibile profitto in termini simbolici e di consenso. In generale poi non vi è alcuna cura per l’attuazione e la manutenzione dei processi. I ritardi e le inefficienze determinano perdita di innovazione, di fiducia e motivazione. Nell’ideazione, nel disegno e soprattutto nell’implementazione delle politiche, manca la necessaria cura nel fare le cose, l’attenzione alle qualità, l’impiego di competenze idonee messe a lavoro con spirito di servizio pubblico. Un consulente o un funzionario fedele è sempre preferito ad uno più competente ma politicamente autonomo.
A guardar bene si tratta di esercizio del potere, i politici e i funzionari sono ben poco disposti a devolvere potere ad attori innovativi, riconoscendo loro la necessaria autonomia e quindi non hanno intenzioni di renderli effettivamente autonomi dal sistema politico amministrativo, preferendo rapporti di dipendenza.
La Repubblica Napoli 22 gennaio 2009
Cresce l’attenzione sul grande deficit di efficacia di una serie di politiche che, pur partendo da idee ed esperienze di alta qualità, si arenano creando disagi proteste. Cercando di evitare le semplificazioni che danneggiano tutti, credo che la diagnosi vada approfondita.
Perché il progetto Chance, i Nidi di Mamme, come un’ampia serie di altri servizi alle persone oppure alcune rilevanti politiche per le periferie a Scampia come a Pianura, dopo una fase di successo, si sono impantanate ? Alcune spiegazioni.
1) Queste politiche vengono realizzate da molti anni secondo la logica ciclica del progetto che è strutturalmente contingente e instabile e quindi va bene solo per i primi anni di sperimentazione. Gli amministratori hanno la responsabilità di aver deciso in ritardo di stabilizzare queste azioni. La loro innovatività è stata riferita al contenuto delle azioni e troppo poco alle necessarie innovazioni delle procedure burocratiche. Gli esperti direbbero: vi è stato poco apprendimento istituzionale.
2) Vi è però una questione di potere.I politici e i funzionari, di fatto ogiscono uno schema che ripropone dipendenza per cui l’ente realizzatore, gli attori intermedi coinvolti e i beneficiari devono di volta in volta, implorare, supplicare, il rifinanziamento dei progetti, presentando benevolmente gli argomenti di tali richieste, cercando di tenerli distinti dalle logiche di appartenenza che invece i politici tendono sempre a riproporre. Per molti funzionari ogni atto amministrativo pur dovuto è un po’ un favore che fanno ai fortunati attuatori.
3) E’ evidente poi una carente cultura della pianificazione e progettazione sociale oltre che del diritto amministrativo. Per troppi amministratori basta una bella idea, confidando poi su di una serie di automatismi che in realtà non sono mai dati. I politici e i funzionari – spesso selezionati secondo logiche di appartenenza più che per provate competenze – in diversi casi scoprono, strada facendo, i tanti vincoli che occorre superare per seguire correttamente le procedure, per rendere effettive le decisioni e i circuiti finanziari delle risorse messe a disposizione. Adottano sempre una inidonea cultura del tempo e quindi, in molti casi, hanno ben poca consapevolezza della rilevanza di tutti i passaggi per l’attuazione, ignorano la rilevanza dell’implementazione delle politiche.
4) Le risorse per queste politiche vengono prese sempre più spesso dal Fondo Sociale Europeo che, soprattutto in Campania, viene gestito con vincoli eccessivi e soprattutto in termini sostitutivi e non aggiuntivi alle risorse ordinarie.
5) Rispetto alla penuria di risorse e alla tipica sottofinanziarizzazione delle imprese sociali nel Sud, con l’assenza del sistema bancario e la debolezza di Banca Etica, gli attori non hanno ancora compreso e preso atto che è necessario occuparsi molto seriamente della disponibilità per cassa dei soldi, per evitare che i lavoratori e i fornitori dei beni necessari per realizzare le azioni, debbano aspettare tanti mesi per fare un lavoro impegnativo e rilevante.
In sintesi quindi: le politiche di coesione, pur sostenute retoricamente, sono di fatto politiche deboli. Le innovazione nelle politiche sociali e formative hanno solo sfiorato i decisori e prevale invece una visione esortativa, occasionale, paternalistica. Per i deboli si attuano politiche deboli. L’attenzione dei politici torna nei momenti in cui vi è un possibile profitto in termini simbolici e di consenso. In generale poi non vi è alcuna cura per l’attuazione e la manutenzione dei processi. I ritardi e le inefficienze determinano perdita di innovazione, di fiducia e motivazione. Nell’ideazione, nel disegno e soprattutto nell’implementazione delle politiche, manca la necessaria cura nel fare le cose, l’attenzione alle qualità, l’impiego di competenze idonee messe a lavoro con spirito di servizio pubblico. Un consulente o un funzionario fedele è sempre preferito ad uno più competente ma politicamente autonomo.
A guardar bene si tratta di esercizio del potere, i politici e i funzionari sono ben poco disposti a devolvere potere ad attori innovativi, riconoscendo loro la necessaria autonomia e quindi non hanno intenzioni di renderli effettivamente autonomi dal sistema politico amministrativo, preferendo rapporti di dipendenza.