Stamattina ho in mente due canzoni: mondo in mi settima di adriano celentano e non dire no di lucio battisti (lo so che non si chiama così il tempo di morire ma è questa strofa che mi è venuta in mente). Lo stimolo a questo accompagnamento mentale viene dalla cronaca del Mattino di Napoli su piazza Fuga, la piazza in cui abito, salottino del Vomero, quartiere quasibene di Napoli, di notte preda di raid, schiamazzi, violenze che ci sono davvero, li vedo e li sento, insopportabili, mi arrabbio moltissimo e una volta ho chiamato anche la polizia, io.
Apro il giornale e leggo che di giusti al mondo non ce n’è come mai?
E chissà perché mi è venuta in mente l’idea che potrei passare la notte in piazza a fare salotto, un buffet, tavolini, quattro chiacchere, un torneo di carte, wifi e portatili a disposizione per chattare, giocare, fuori casa, magari uno schermo al plasma per vedere la tv, qui nella piazzetta, con chi abita qui e la notte comunque non dorme, non può dormire mai tranquillo. Invece del solito NO all’insegna del rifiuto, della impotenza, della repressione (del sonno, del sistema nervoso, dei diritti, dei vagabondi schiamazzanti, del vivere civile, del bene comune, del buon nome della piazza e del quartiere e della città, dell’economia dell’intrattenimento, del turismo, del commercio, del benessere).
Ma perché ce la prendiamo con i balordi e non con la metro chiusa alle ore 10? Di giusti al mondo non ce n’è. Perché chiamiamo la polizia e non il proprietario del bar che alle nove della sera e di domenica sta chiuso!! In quella piazza, togliendo a se stesso e a noi tutti la possibilità di far meglio e star meglio? Pensate se nella piazzetta di Capri ci fossero stati esercenti come questo qui. Di giusti al mondo non ce n’è.
Quella di dire NO ormai è una malattia cronica che ha colto tutti e che ci ucciderà e che ci sta già uccidendo. Tutti, nessuno escluso, a partire da noi no tav, no mulin, no pianura, no chiaiano, no razzismo, no fascismo, no global, che però, guarda un po’, siamo gli unici accusati, mentre il no rom, no stranieri, no lavoro fisso, non stipendi decenti, no ambiente, no salute, no scuola, no impresa, no legge, no giustizia, no opere pubbliche, no welfare, no crescita passa inosservato e impunito.
Cerchiamo di evitare il no per un poco, o almeno di pronunciarlo avendo sempre in tasca e in testa un però, un altro, un meglio da proporre. Come per la piazza: seriamente invece di chiamare la polizia perché non la animiamo la piazza, a partire dalla funicolare, dalla metro e dal bar? Quello che succede in piazza non succede sopra la piazza, dove c’è un locale che fa buona musica e ottimi drink almeno fino alle due, e ha un sacco di gente, tanto che affianco si è aperto un altro che fa ottimi pani e panini e sta anche lui aperto fino a mezzanotte. E dalle due in poi iniziano i raid, quando loro chiudono. Ma nella furia dei NO la mia vicina di casa non li vuole a quelli lì, perché fumano (canne? No, sigarette, e le fumano sul marciapiede perché dentro NO!) e a lei le entra il fumo di sigaretta in casa, dal balcone! Si siamo stati noi a rovinare questo capolavoro sospeso nel cielo.
sv
il bar di domenica, i danni da vita notturna, il corto circuito della cosa pubblica