Un saggio raccontato, ma non per questo facile da digerire, anche perchè parla comunista, parla come pensa, e come tante e tanti di noi pensano, freneticamente pacato, lucidamente appassionato, amichevolmente affettuoso, pacificamente incazzato, autonomamente perso.
Una pagina dopo l'altra cresce l'ntensità emotiva e narrativa, fino alla sorpresa finale delle ultime pagine, quando inizia, come un c'era una volta, con un "oggi sono morto"...
E' il racconto del saggio, che speriamo continui alla prossima puntata, e per più di venti anni ancora.
Traduzioni
25 aprile 2009
Posfuturo
22 aprile 2009
Noteburc - Edizione straordinaria - Regione, lavoro, caos...
Disegno di Legge Regionale “Testo unico della normativa della Regione Campania in materia di Lavoro e Formazione professionale per la promozione della Qualità del lavoro” approvato con delibera di giunta regionale n.94 del 6 febbraio 2009 pubblicata sul Burc n. 16 del 9 marzo 2009
Articolo 17
Soggetti e funzioni del sistema integrato dei servizi per l’impiego.
1. Il sistema regionale dei servizi per l’impiego di cui all’articolo 15 è costituito dai soggetti, pubblici e privati, che svolgono un’attività di gestione ed erogazione dei servizi al lavoro quale strumento essenziale delle politiche regionali per l’occupazione.
2. Le funzioni di gestione amministrativa del sistema regionale di cui all’articolo 15, sono attribuite alle Province le quali provvedono, nell’osservanza della programmazione regionale, all’erogazione dei servizi al lavoro tramite proprie strutture denominate “Centri per l’Impiego”.
Disegno di Legge Regionale "Conferimento delle funzioni amministrative" approvato con delibera di giunta regionale n.485 del 18 marzo 2009 pubblicata sul Burc n. 21 del 30 marzo 2009
Articolo 94
Funzioni conferite ai Comuni ai sensi dell’articolo 3
1. Spettano ai Comuni, a condizione che ne garantiscano l’esercizio adeguato ai sensi dell’articolo 3, le seguenti funzioni:
a) la realizzazione di azioni volte alla prevenzione della disoccupazione e alla promozione dell’occupazione, nonché alla conciliazione tra tempi di lavoro, di vita e di cura, in attuazione della programmazione regionale;
b) la gestione e l’erogazione dei servizi per l’impiego, inclusi quelli volti all’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori in mobilità sulla base della lista regionale, all’avviamento lavorativo dei disabili sulla base della graduatoria unica provinciale, all’avviamento a selezione nelle pubbliche amministrazioni e al collocamento dello spettacolo sulla base di un’unica lista nazionale, mediante apposite strutture denominate “Centri per l’impiego”, alle quali sono, a tal fine, attribuite, in particolare, le funzioni di:….
16 aprile 2009
Corte di Cassazione diritto a convivenza stesso sesso d
Corte di
Cassazione
– Sentenza n. 6441/2009
Marzo 19,
2009 · Categoria Leggi
e Sentenze Circolari
Convivenze di fatto tra soggetti dello stesso
sesso
Corte di
Cassazione
- Sentenza del 17 marzo 2009, n. 6441
Stranieri
- Ricongiungimento familiare - Partner de facto - Cittadino
neozelandese - Esclusione.
Svolgimento
del processo
Il
cittadino neozelandese (…) avendo già ottenuto visto
d’ingresso e permesso di soggiorno per motivi di studio per la
durata di un anno, facendo valere il riconoscimento della qualità
di “partner de facto” del cittadino italiano (…)
da parte delle competenti autorità neozelandesi, ha chiesto al
questore di Livorno la conversione del titolo di soggiorno in
permesso per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, 1°
comma lettera c) del d.lvo. n. 286/1998, in relazione agli articoli
24 e 65 della legge n. 218 del 1995.
Il
provvedimento del 15 ottobre 2004 del questore, che ha dichiarato
irricevibile l’istanza, è stato dichiarato illegittimo
dal tribunale di Firenze con decreto del 4 luglio 2000, ma la corte
d’appello di Firenze, con decreto del 6 dicembre 2006, in
riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda del
(…) affermando che: a) la condizione di partner de facto,
attestata dalle autorità neozelandesi, secondo il nostro
ordinamento giuridico è diversa da quella di “familiare”,
che può essere riconosciuta soltanto a soggetti legati da
vincoli parentali e, solo in alcuni 4 casi, anche di affinità;
b) non è possibile una lettura costituzionalmente orientata di
tale disciplina che consenta di pervenire a, interpretazioni
estensive,perché la corte costituzionale ha costantemente
affermato la legittimità costituzionale delle norme che non
consentono di estendere alle convivenze di fatto la disciplina della
famiglia legittima (sentenze nn. 313/2000, 2 e 166 del 1998,
127/l997, 237/1986, 45/1980), anche con specifico riferimento alla
normativa in materia d’immigrazione e in particolare con
riferimento alla norma che limita il divieto di espulsione allo
straniero coniugato o parente entro il quarto grado di cittadino,
escludendo lo straniero convivente more uxorio (sentenza n.
313/2000); c) la legge neozelandese che riconosce la qualità
di conviventi di fatto a persone dello stesso sesso, tanto più
se dovesse intendersi anche come costitutiva dello status di
“familiare”, è contraria all’ordine pubblico
italiano; d) l’art. 3, 2° comma, lettera b) della direttiva
n. 2004/38/CE, che riconosce il diritto di soggiorno nel territorio
degli stati membri ai partner stranieri che abbiano una relazione
stabile debitamente attestata, non è applicabile nella specie
perché il (…) è cittadino di uno stato
dell’Unione Europea e perché, comunque, l’equiparazione
dell’unione registrata al matrimonio, al fine del
riconoscimento della qualità di “familiare” e
quindi del diritto di ingresso e di soggiorno, deve essere prevista
dalla legislazione nazionale dello Stato membro ospitante; e) l’art.
12 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e l’art.
9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
riservalo alle legislazioni nazionali la competenza a disciplinare il
diritto ad instaurare rapporti coniugali o unioni familiari di tipo
diverso, e poiché il nostro ordinamento riconosce le unioni di
tipo coniugale solo nelle ipotesi di convivenze tra persone di sesso
diverso, il recepimento di una normativa di altro Stato (tra l’altro
non comunitario) che riconosca la qualità di convivente di
fatto a persone dello stesso sesso produrrebbe effetti contrari
all’ordine pubblico.
Avverso
il decreto della corte d’appello di Firenze il (…) e il
(…) hanno proposto ricorso per cassazione
articolato in cinque motivi, illustrati con memoria.
Motivi
della decisione
1.
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art.
112 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe ritenuto che la
domanda proposta davanti al tribunale di Firenze fosse diretta a
ottenere il recepimento nel nostro ordinamento della normativa
neozelandese che riconosce la qualità di conviventi di fatto a
persone dello stesso sesso, mentre la domanda stessa aveva ad oggetto
soltanto il riconoscimento, ai sensi della legge n. 218 del 1995, di
uno status già acquisito dallo straniero nell’ordinamento
giuridico di appartenenza. Il motivo non è fondato.
La
corte territoriale ha correttamente individuato ed esaminato la
demanda proposta dagli attuali ricorrenti, come diretta a contestare
la legittimità del provvedimento di rigetto (per
“irricevibilità”) della richiesta di permesso di
soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, primo
comma( lettera e) del d. lgs. n. 286 del 1998. Nell’iter
argomentativo diretto a individuare l’esatta portata della
nozione di “familiare” di cui alla citata disposizione
normativa, la corte territoriale ha anche affrontato il problema
della possibile rilevanza della qualità del (…). Di
“partner de facto” del cittadino neozelandese, attestata
dalle autorità dello stato di appartenenza di questi,
negandola per la ritenuta contrarietà all’ordine
pubblico della norma straniera sulla base della quale sarebbe stata
rilasciata l’attestazione. Tuttavia il decisum del
provvedimento impugnato è limitato alla questione relativa
all’applicazione della disciplina ‘ dell’immigrazione
e non investe, principaliter, il riconoscimento di status o,
comunque, di qualità personali, come gli stessi ricorrenti
ammettono nell’articolazione del terzo motivo di ricorso, e
pertanto la censura appare inconferente.
2.
Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione
degli articoli 24 e 65 della legge n. 218 del 1995, in relazione agli
articoli 28,2° comma, 30 e 31 d.lvo n. 286 del 1998, i ricorrenti
sostengono che ai fini dell’applicazione dell’art. 30
cit. il giudice nazionale non doveva valutare se lo status di
convivente di fatto sia equiparabile a quello di familiare alla
stregua delle norme nazionali, ma accertare se, secondo la disciplina
neozelandese applicabile in virtù dell’art. 24 della
legge n. 218, il (…) debba considerarsi “familiare”
del cittadino italiano. Né il limite degl’ordine
pubblico può derivare dalla sola mancanza di una disciplina
legislativa interna in materia di rapporti di tipo familiare tra
persone dello stesso sesso, che, peraltro, trovano tutela nell’art.
2 cost. che prende in considerazione tutte le formazioni sociali
nelle quali, secondo il sentire sociale che riconosce diverse
tipologie di rapporti familiari, si realizzano i valori della
persona. D’altra parte, anche nel diritto interno (art. 3, 3°
comma, d.p.r. n. 54 del 2002 e il d. lgs n. 72 del 2007) la nozione
di familiare è più ampia di quella di persona legata da
rapporto di coniugio e si estende al partner.
Anche
con il terzo motivo i ricorrenti deducendo la violazione e falsa
applicazione degli articoli 24 e 65 della legge n. 218 del 1995, in
relazione all’art. 16 della stessa legge e vizio di omessa e
contraddittoria motivazione, censurano, sotto ulteriori profili,
l’affermazione della contrarietà all’ordine
pubblico del riconoscimento della qualità di familiare ab
partner dello stesso sesso, osservando che a tale conclusione può
pervenirsi soltanto sulla base di un contrasto con principi che
trovano espressione nella Costituzione e abbiano, per le loro
caratteristiche economiche, sociali, morali e politiche, importanza
fondamentale. Inoltre sul punto è necessaria una analitica
motivazione che invece la corte territoriale non avrebbe fornito.
Peraltro, ribadiscono i ricorrenti, la domanda del non è
diretta a ottenere il riconoscimento di unft status o l’equiparazione
del rapporto di convivenza con quello di coniugio, ma, sulla base
della presa d’atto di una qualità riconosciutagli dal
proprio ordinamento di appartenenza, mira a ottenere la produzione di
un effetto sostanziale nel nostro ordinamento consistente nel
rilascio di un titolo di soggiorno per motivi familiari, effetto che
non può considerarsi inaccettabile per l’ordinamento
interno, nell’ambito del quale la convivenza esprime valori di
solidarietà in sintonia con il costume sociale.
Può
infine essere congiuntamente esaminato, essendo strettamente
connesso, anche il quinto motivo con il quale si deduce la violazione
e falsa applicazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e vizio di
motivazione perché il rifiuto di rilascio del permesso di
soggiorno per motivi familiari costituirebbe illegittima interferenza
nella vita privata e familiare, intendendosi con quest’ultima
espressione, in conformità con la giurisprudenza di
Strasburgo, il riferimento anche a relazioni diverse da quelle
fondate sul matrimonio.
3.
I motivi non sono fondati.
Come
si è già rilevato nell’esame del primo motivo, la
corte territoriale non è stata chiamata ad accertare e
dichiarare lo status o un diritto della personalità dell’
accertamento in relazione al quale avrebbe dovuto farsi riferimento
alla sua legge nazionale, ai sensi dell’art. 24 della legge n.
218 del 1995, ma a verificare la sussistenza del requisito soggettivo
richiesto dall’art. 30, l° comma, lettera c) del d. lgs. n.
286 del 1998. Tale essendo l’oggetto del presente giudizio, il
giudice del merito correttamente ha limitato il suo esame alla
disciplina di diritto interno relativa all’immigrazione, sia
pure alla luce delle norme sovranazionali e, in particolare di quelle
di provenienza comunitaria, competenti secondo il sistema delle fonti
delineato dalla carta costituzionale. Vero è che il
provvedimento impugnato non si è limitato alla predetta
verifica, che, essendosi conclusa nel senso dell’impossibilità
di intendere la nozione di “familiare” di cui all’art.
3 0 cit. come comprensiva anche di quella di partner de facto del
cittadino neozelandese debitamente attestata dalle autorità
dello Stato straniero, sarebbe stata sufficiente a sorreggere la
decisione, ma, con ratio decidendo del tutto autonoma, ha anche
affermato, “peraltro”, che, se al fine di decidere, e
quindi dell’applicazione della disciplina dell’immigrazione,
fosse stato necessario fare applicazione della legge neozelandese che
riconosce le convivenze di fatto tra soggetti dello stesso sesso,
tale applicazione sarebbe stata in contrasto con l’ordine
pubblico italiano.
Entrambe
le rationes decidendi sono oggetto di censura, ma è evidente
che in ordine logico deve essere esaminata prioritariamente la
questione relativa alla corretta interpretazione della nozione
legislativa di “familiare” utilizzata dall’art. 30
d.lgs. n. 286/ 1998, perché in caso di infondatezza delle
censure mosse nei confronti della soluzione raggiunta sul punto dalla
corte territoriale rimarrebbe assorbita la problematica relativa alla
correttezza dell’utilizzazione del limite dell’ordine
pubblico.
4.
La normativa contenuta nel titolo quarto del d. lgs. n. 286 del 1998
(diritto all’unità familiare e tutela dei minori), e in
particolare quella di cui all’art. 30, avente ad oggetto il
permesso di soggiorno per motivi familiari, presuppone la nozione di
“familiare”, che il legislatore ha delineato in via
autonoma, agli specifici fini della disciplina del fenomeno
migratorio. Come risulta dall’art. 29, 1° comma, del d.lgs
n. 286, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dapprima con
l’art. 23, 1°, comma, della legge n. 189/2002 e
successivamente con l’art. 2, 1° comma, lettera e) del d.
lgs. n. 5/2007, richiamato dall’art. 30, la nozione di
“familiare” comprende: a) il coniuge; b) i figli minori;
c) i figli maggiorenni non autosufficienti per ragioni di salute; d)
i genitori a carico che non dispongano di adeguato sostegno familiare
nel paese di origine o di provenienza.
A
fronte della lettera delle indicate disposizioni si pone, tuttavia il
problema di verificare se l’esclusione dal novero dei
“familiari” aventi diritto al permesso di soggiorno ai
sensi dell’art. 30 dei soggetti, dello stesso o di diverso
sesso, conviventi e legati da una stabile relazione affettiva,
oggetto di registrazione o di semplice attestazione, si ponga in
contrasto con norme costituzionali, in particolare con gli articoli
2, 3 e 29 Cost. in modo da imporre, in prima battuta, l’adozione
del canone ermeneutico secondo cui il principio di supremazia
costituzionale impone all’interprete di optare, fra più
soluzioni astrattamente possibili, per quella che rende la
disposizione conforme a Costituzione, e, in caso di esito negativo di
tale percorso interpretativo, di sollevare questione di legittimità
costituzionale. Chiamata a verificare la compatibilità della
nozione di “familiare” individuata dall’art. 29 del
d. lgs n.286 (in particolare dal 1° comma, lettera e) come
modificato dalla legge 189/2002) con le indicate norme
costituzionali, la Corte costituzionale ha avuto modo di escludere il
contrasto (ord. n. 368/2006, n. 464/2005 e sent. n. 224/2005) sulla
base del rilievo che “l’inviolabilità del diritto
all’unità familiare - deve ricevere la più ampia
tutela con riferimento alla famiglia nucleare, eventualmente in
formazione, e quindi in relazione al ricongiungimento dello straniero
con il coniuge e i figli minori” mentre negli altri casi il
legislatore, che in materia gode di un’ampia discrezionalità
limitata solo dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente
irragionevoli, può bilanciare il diritto dello Stato a
regolamentare l’ingresso in Italia e il diritto degli stranieri
all’unità familiare, che rispetto al primo assume pari
dignità e rango (così espressamente ord. 464/2005
cit.). Più specificamente la corte costituzionale ha esaminato
e risolto l’ulteriore problema della possibilità di
estendere per analogia la nozione di “familiare” a
situazioni diverse da quelle espressamente previste.
A
tal fine, mentre si è ritenuto (sent. n. 198/2003) che debba
essere riconosciuto, ai minori già sottoposti a tutela ai
sensi dell’art. 343 c.c., al compimento della maggiore età,
la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, così
come è previsto per i minori in affidamento (art. 32, 1°
comma, d.leg. 25 luglio 1998 n. 286), stante l’identità
di presupposti e di caratteristiche del rapporto di tutela con il
rapporto di affidamento, viceversa in materia di divieto d espulsione
previsto dall’art. 19,2° comma, lett. e), del d. Igs n.
286/1998, la giurisprudenza della Corte Costituzionale (ord. n.
313/2000, 192 e 444/2006, richiamate anche dalla più recente
ord. n. 118/2008) è costante nel negare la possibilità
di estendere, attraverso un mero giudizio di equivalenza tra le due
situazioni, la disciplina prevista per la famiglia legittima alla
convivenza di fatto, richiamando l’affermazione secondo la
quale “la convivenza more uxorio è un rapporto di fatto,
privo dei caratteri di stabilità e certezza e della
reciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri
(…) che nascono soltanto dal matrimonio e sono propri della
famiglia legittima (sentenze n. 45 del 1980, n. 237 del 1986, n. 127
del 1997)”.
Ne
deriva che l’interpretazione estensiva della nozione di
“familiare” delineata nella legislazione sull’
immigrazione invocata dai ricorrenti non può ritenersi imposta
da alcuna norma costituzionale.
5.
Né la nozione di “familiare” risultante dal
combinato disposto degli articoli 29 e 30 d.lgs. n. 286 del 1998 può
essere ampliata, al fine di ricomprendervi anche i soggetti legati da
una stabile relazione affettiva realizzata attraverso una convivenza
di tipo non matrimoniale, registrata o attestata, per effetto
dell’art. 12 della Convenzione europea di salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (le cui
norme costituiscono fonte integratrice del parametro di
costituzionalità introdotto dall’art. 117, 1° comma,
cost.: sentenze nn. 348 e 349/2007), o alla luce dell’art. 9
della Carta di Nizza, parte integrante del trattato di Lisbona
ratificato dall’Italia l’8 agosto 2008, ma non ancora
efficace in attesa delle ulteriori necessarie ratifiche da parte
degli altri Stati dell’Unione, anche se, per il suo valore
ricognltivo delle tradizioni costituzionali comuni in materia di
diritti fondamentali, costituisce uno strumento interpretativo
privilegiato al quale i giudici sovranazionali (Corte Giust., Grande
Sezione, 3 settembre 2008, cause C-402/05 P e C-415/05 P; Corte
giust. 11 luglio 2008, causa C195/08 PPU, Corte giust.(Grande
sezione) 29 gennaio 2008, causa C275/06.P Corte giust. 27.6.2006,
causa C540/03,Parlamento Consiglio; Corte giust.13 marzo 2007, causa
C432/05; Corte giust. 18 dicembre 2007, causa C-341/05) Corte
giust.,11 dicembre 2007, causa C-438/05.;Corte giust.3 maggio 2007,
causa C-303/05, Advocaten voor…, Corte giust.14 febbraio 2008,
causa c-244/06, Dynamic medien vertiebe gmbH; Corte giust.,14
febbraio 2008, causa C-450/06, - e quelli degli Stati membri
ricorrono sempre più spesso (per quanto riguarda la
Cassazione,
si veda ad esempio n. 15822/2002, 21748/2007, 10651/2008, 23934/2008;
Cass. pen. 7 luglio 2008).
Se
è vero che la formulazione del citato art. 9 da un lato
conferma l’apertura verso forme di relazioni affettive di tipo
familiare diverse da quelle fondate sul matrimonio e, dall’altro,
non richiede più come requisito necessario per invocare la
garanzia dalla norma stessa prevista la diversità di sesso dei
soggetti del rapporto, resta fermo che anche tale disposizione, così
come l’art. 12 CEDU, rinvia alle leggi nazionali per la
determinazioni, delle condizioni per l’esercizio del diritto,
con ciò escludendo sia il riconoscimento automatico di unioni
di tipo familiare diverse da quelle previste dagli ordinamenti
interni che l’obbligo degli stati membri di adeguarsi al
pluralismo delle relazioni familiari» non necessariamente
eterosessuali.
Quanto
infine all’ipotizzato contrasto della disciplina interna in
esame con gli articoli 8 e 14 della CEDU, per l’arbitraria
ingerenza nelle scelte del modello familiare, avente anche portata
discriminatoria sulla base degli orientamenti sessuali, escluso
questo secondo profilo, in quanto la mancata equiparazione al coniuge
è prevista in relazione a qualsiasi tipo di convivenza non
matrimoniale, e non soltanto per quelle tra persone dello stesso
sesso, deve rilevarsi che il secondo comma dell’art. 8 CEDU
consente l’ingerenza dell’autorità pubblica agli
specifici fini previsti, tra i quali devono ritenersi compresi anche
quelli perseguiti dalla disciplina del fenomeno migratorio.
6.
Alle stesse conclusioni ora raggiunte si deve pervenire anche tenendo
conto della più recente disciplina comunitaria, avente ad
oggetto i ricongiungimenti familiari.
Infatti
sia la direttiva del consiglio europeo del 22 settembre 2003 n.
2003/86/CE, che ha stabilito regole comuni per il diritto al
ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi
legittimamente residenti nell’Unione, attuata con d.l.vo n. 5
del 2007, che la direttiva del parlamento e del consiglio europeo del
29 aprile 2004 n. 2004/38/Ce, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare
liberamente nei territorio degli Stati membri, attuata con d. l.vo n.
30 del 2007, non sono applicabili nella specie. Non la prima, perché,
come risulta espressamente dall’art. 3, 3° comma di tale
direttiva la stessa non si applica ai familiari di cittadini
dell’Unione, ma a quelli dei “soggiornanti” (art.
2, lettera e), e cioè ai familiari di cittadini di paesi terzi
legalmente soggiornanti nello Stato membro, ma neppure la seconda,
per l’assorbente ragione che la direttiva n. 38/2004 ha ad
oggetto (art. 1) la situazione del cittadino dell’Unione che
abbia esercitato il diritto di libera circolazione e di soggiorno nel
territorio di uno Stato diverso da quello di appartenenza, mentre
nella specie si discute del diritto al ricongiungimento familiare con
un cittadino italiano dimorante e residente in Italia. Con tale
rilievo resta quindi superata anche l’affermazione della corte
territoriale secondo la quale, comunque, l’estensione della
nozione di familiare non potrebbe avvenire sulla base della direttiva
n. 38/2004, sia perché difetterebbero i presupposti indicati
nell’art. 2, 1° comma lettera b), n. 2 (equiparazione delle
unioni registrate al matrimonio secondo la legislazione dello Stato
membro ospitante, peraltro, nella specie neppure invocata dalle
parti) e nell’art. 3, 2° comma, lettera b) del d.ivo n. 30
del 2007 (attestazione della relazione stabile con cittadino
dell’Unione da parte dello Stato al quale lo stesso
appartiene). D’altra parte, più in generale, tale
direttiva, come la precedente n. 86/2003, al di fuori di alcune
ristrette ipotesi di automatico riconoscimento del diritto
all’ingresso e al soggiorno (ad esempio nel caso previsto
dall’art. 4, 1° comma della direttiva n. 86, che lo limita
al coniuge e ai figli minori) appare ispirata al rispetto delle
legislazioni interne dei singoli stati membri per quanto riguarda
l’inclusione o l’esclusione della rilevanza di unioni
diverse dal matrimonio eterosessuale.
7.
Il rigetto delle censure dirette nei confronti -dell’interpretazione
della nozione di “familiare” recepita dall’art. 30
del d.lgvo n. 286 del 1998 rende ultroneo l’esame delle
critiche rivolte alla diversa ratio decidendi basata sull’invocazione
del limite dell’ordine pubblico.
8.
Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 2 della
legge n. 62 del 2005 e dell’art. 12 del trattato istitutivo
dell’Unione europea, sostenendo che l’applicazione
dell’art. 3 del d. lgs n. 30 del 2007, producendo una disparità
di trattamento nei confronti del cittadino italiano rispetto al
cittadino di un Stato -dell’Unione (cd. discriminazione a
rovescio), violerebbe l’art. 2 lettera h) della legge n. 62 (”i
decreti legislativi assicurano che sia garantita una effettiva parità
di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri
Stati membri dell’Unione europea, facendo in modo di assicurare
il massimo livello di armonizzazione possibile tra le legislazioni
interne dei vari Stati membri ed evitando l’insorgere di
situazioni discriminatorie a danno dei cittadini italiani nel momento
in cui gli stessi sono tenuti a rispettare, con particolare
riferimento ai requisiti richiesti per l’esercizio di attività
commerciali e professionali, una disciplina più restrittiva di
quella applicata ai cittadini degli altri Stati membri” e
l’art. 12 del Trattato, che vietano discriminazioni dei
cittadini dell’Unione sulla base della nazionalità. In
via subordinata, i ricorrenti sollecitano la rimessione alla corte
costituzionale della questione di illegittimità costituzionale
dell’art. 3 del d. lgs. n, 30/2007, con riferimento all’art.
3 cost. in quanto impedirebbe al cittadino italiano, a differenza
degli altri cittadini di Stati dell’Unione, il soggiorno e il
ricongiungimento con partner extracomunitario con il quale abb|’a
una relazione stabile attestata dallo Stato del cittadino
comunitario. Il motivo non è fondato.
Da
quanto rilevato nel precedente paragrafo deriva che la diversità
di trattamento denunciata non deriva dall’applicazione del
diritto comunitario che disciplina fattispecie del tutto diverse da
quella di cui si tratta, avente ad oggetto la pretesa di un cittadino
extracomunitario al ricongiungimento con cittadino italiano dimorante
e residente in Italia, mentre, come ha precisato la corte
costituzionale con la sentenza n. 443 del 1997, il fenomeno delle
cosiddette “discriminazioni a rovescio”, rilevante
esclusivamente sul piano interno, consiste in situazioni di disparità
in danno dei cittadini di uno Stato membro che si verificano come
effetto indiretto dell’applicazione del diritto comunitario.
Inoltre
la diversità di trattamento non è legata alla
nazionalità, ma alla circostanza che sia stato o non
esercitato il diritto di circolazione e di soggiorno in uno Stato
dell’Unione diverso da quello di appartenenza. Né,
infine appare rilevante la questione di costituzionalità, così
come prospettata in termini generali, in quanto il cittadino italiano
potrebbe ottenere il riconoscimento del diritto al ricongiungimento
con un partner di un unione registrata o attestala nel - paese che
riconosca alla prima gli stessi effetti del matrimonio o non richieda
che l’attestazione debba provenire necessariamente da parte
dello stato di appartenenza (come previsto dall’art. 3, 2°
comma lettera b) della direttiva n. 38/2004), mentre la restrizione
del suo diritto discende soltanto dal fatto oggettivo del mancato
esercizio del diritto di circolazione o soggiorno in altro Stato
dell’Unione, che il diritto comunitario considera come
requisito per l’applicazione della disciplina più
favorevole.
Ciò
senza considerare che, per le ragioni indicate nel paragrafo n. 3, la
mancata equiparazione al coniuge del partner di unione registrata o
attestata, ai fini della disciplina dell’immigrazione, non
appare in contrasto con alcun principio costituzionale.
In
conclusione il ricorso deve essere respinto.
Nulla
sulle spese in quanto gli intimati non hanno svolto attività
difensiva.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso.
Dai e prendi
Questo articolo proviene dal sito dell'ADUC (http://www.aduc.it) ed è stato inviato da Paola Clarizia che commenta: "come al solito da Annapaola un pezzo interessante e sul quale riflettere anche in vista del cantiere sul buon lavoro"
LA BANCA DEL TEMPO: PER AVERE (E DARE) UN CREDITO PRESSOCHE' INESAURIBILE
di Annapaola Baldi
Nelle mie noterelle del 15 dicembre 2008. fra i diversi libri presentati, inserii anche Vivere senza soldi della tedesca Heidemarie Schwermer (nella foto), soprattutto perche' ai primi di quel mese aveva ricevuto il "Premio Tiziano Terzani" che, almeno a Firenze, e' un riconoscimento piuttosto importante. Libro e autrice li conoscevo, infatti, piuttosto bene; il primo perche' lo avevo tradotto con passione e piacere nel corso del 2007 e la seconda perche', alla fine dello stesso anno, l'avevo accompagnata in giro per Firenze e dintorni a presentare la sua opera.
Non immaginavo pero' che di li' a pochissimo tempo questo libro potesse rappresentare sempre di più una vera e propria, concreta "dritta" per tante persone che si trovano a vivere il dramma della perdita del lavoro. Del resto, l'idea iniziale di Schwermer, cioe' la creazione del Circolo "Dai e prendi", dove si pratica lo scambio di oggetti e prestazioni, era stata mutuata proprio da un'esperienza che, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, si stava svolgendo in una cittadina del Canada, dove la chiusura di una fabbrica, che dava lavoro a quasi tutta la popolazione, rischiava di mettere alla disperazione l'intera comunita'.
Da noi, questo tipo di esperienza e' nota, appunto, come "Banca del tempo", e in alcune parti d'Italia, come, per esempio, la Toscana, e' gestita anche con l'appoggio delle Amministrazioni comunali.
Ricordo dunque ancora una volta questo libro -Vivere senza soldi- per proporre oggi, col gentile permesso della casa editrice, quella parte che mi sembra piu' adatta al momento attuale, e cioe' l'intervista a un disoccupato di lungo periodo e la lettera che Heidemarie Schwermer si senti' di inviargli dopo averla letta.
Mentre rimando all'Appendice per altre informazioni sul libro e sull'autrice, mi preme far presente che Schwermer, dal 1996, vive davvero senza soldi, in modo itinerante, e dando, in cambio dell'ospitalita' che riceve, non piu' tanto una prestazione diretta come la custodia dell'abitazione di chi e' in viaggio/vacanza o l'aiuto a bambini e anziani, quanto piuttosto una prestazione rivolta a una cerchia piu' vasta di persone, come, per esempio, tenere conferenze e offrire consulenza psicologica a chi gliela richiede (Schwermer e' una psicoterapeuta e, prima di decidere di vivere senza soldi, aveva uno studio bene avviato); così facendo, in pratica, chi la ospita contribuisce a creare un piu' vasto scambio di relazioni. Mi preme anche ricordare che cio' che viene qui proposto intende essere semplicemente una "dritta" e non certo una ricetta di vita, cosa che, oltre tutto, non sarebbe nello spirito dell'autrice; ella infatti non vuole assolutamente convincere gli altri a
fare come lei. Anzi. Il suo messaggio e' esattamente l'opposto: Conosci te stesso, te stessa, scopri qual e' il tuo compito nella vita, il tuo posto nel mondo e agisci di conseguenza.
Ecco dunque da: Heidemarie Schwermer, Vivere senza soldi (traduzione di Annapaola Laldi), Editrice Aam Terra Nuova, Firenze 2007, pp. 131-135, i brani annunciati, dal titolo: "Il disoccupato di lungo periodo" (l'intervista al disoccupato francese Georges) e "Invertire la polarita'", che e' la lettera, con cui Schwermer invita Georges a guardare le cose in modo diverso per poter riprendere in mano le redini della propria vita.
"Il disoccupato di lungo periodo
L'intervista che segue mi e' arrivata con Internet. Il mio amico Rudi Eichenlaub l'ha fatta a un cosiddetto disoccupato di lungo periodo, il francese Georges di Muelhausen. D'accordo coi due interessati la ripropongo qui nella sua forma integrale, perche' Georges sta per milioni di altre persone che da molti anni non hanno lavoro, non sono praticamente piu' considerate collocabili e quindi sono emarginate rispetto alla nostra struttura sociale.
"L'ultimo giorno di agosto mi incontro con Georges davanti ai Grandi magazzini di Muehlhausen. E' tutto il giorno che piove e il nostro umore corrisponde al tempo. Georges ha 48 anni, ma non e' il ritratto della salute. Lo conosco da due anni, perche' fa parte dei fondatori del VETO. Ammiro la sua buona conoscenza del tedesco e vorrei sapere di piu' di lui e della sua vita.
Rudi: Georges, che cosa fai in una giornata di pioggia come questa? Sei un disoccupato felice?
Georges: No, non sono felice. In parte passo il tempo, per esempio, al mercato, dove compro un paio di sciocchezze, chiacchierando coi venditori. In parte non posso neppure lasciare tutta sola mia madre che ha 80 anni. Se non ci fossi io, dovrebbe andare in una casa di riposo.
Rudi: E' da tre anni che sei senza lavoro. Che cosa facevi prima?
Georges: Dal 1972 al 1978 ho fatto l'elettricista nell'impresa edile SACM, ma poi, a ondate, hanno licenziato della gente, e fra questa c'ero anch'io. In quell'azienda non guadagnavo male, e anche per i primi due anni il sussidio di disoccupazione e' stato tale da farmi tirare avanti bene.
Rudi: E oggi come stanno da voi le cose con la retribuzione? Che cosa ricevi tu ora e da chi?
Georges: All'inizio paga l'assicurazione ASSEDIC. Ma la cifra diminuisce anno dopo anno, e alla fine si approda alla RMI (Revenu minimum d'insertion). Quest'ultimo e' pagato dallo Stato, e, dal nome, si potrebbe pensare a un "reddito di base" e a un "sussidio di reinserimento". Ma non e' questo il caso. Prova a vivere con 80 franchi (ca. 11,25 euro) al giorno (senza indennita' di residenza), e questo in una prospettiva a lungo termine. Ci puoi ancora mangiare e vestirti, ma fare qualcosa con gli amici, viaggiare e avere un computer, e' tutto tabu'. Per fortuna non fumo e non bevo. Alla DDTE, un ufficio di Muehlhausen, ti possono chiedere di dimostrare che stai cercando lavoro. Essere costretti ad accettare qualunque cosa, anche se non e' assolutamente quella adatta, per fortuna da noi questa situazione non si da'.
Rudi: Allora tu hai abitato per tutto il tempo solo da tua madre? Non hai trovato piu' nessun lavoro? Non puoi fare una riqualificazione per un nuovo lavoro, in cui avere piu' opportunita'?
Georges: Quante domande! No, nel frattempo ho vissuto anche con delle partner. Purtroppo la cosa non e' mai durata molto. In questo momento mi devo arrangiare abitando da mia madre, anche se spesso e' una cosa che mi pesa. Ho anche rilavorato alcune volte. In un vivaio, ma non e' andata bene per motivi di salute, oppure una volta, attraverso un agenzia per il lavoro temporaneo, ho lavorato un paio di settimane a Loerrach. Piu' di tutto mi sarebbe piaciuto un posto come guida turistica a Colmar; l'ho fatto qualche volta temporaneamente, ma non ho il titolo di studio richiesto per questo lavoro. Ah, si', la riqualificazione. Per esempio, ho imparato privatamente il tedesco e ho preso addirittura un diploma a Friburgo, e poi ho imparato anche a tenere la contabilita'. Queste cose qui le devo organizzare da me e a mie spese. Per altre cose i soldi che ho non bastano. Le capacita' le avrei, si'. Le riqualificazioni da noi sono assunte dalla AFBA. Ma o non hai i prerequisiti scolas
tici giusti oppure ti vogliono mandare in un'altra citta', perche' il corso, per il quale vieni accettato, guarda caso a Muehlhausen non si tiene. E' una faccenda senza prospettive.
Rudi: Non suona molto bene. Ma tu non sei affatto scoraggiato. Per come ti conosco io, sei una persona molto impegnata.
Georges: Oltre a quegli incontri, in cui ci siamo conosciuti, collaboro da volontario alla Croce rossa e alla Caritas. Con Daniel, dell'organizzazione dei disoccupati AC!, facciamo la rivista "ACC-… contrecourant" che esce dieci volte all'anno e si finanzia con gli abbonamenti. E' una rivista critica che chiama i problemi col loro nome, e io sono presente a tutte le riunioni di redazione. Se va bene, a dicembre andro' con loro anche a Nizza [incontro dei capi di governo UE] alla protesta di massa dei disoccupati e di quelli che lavorano in nero.
Rudi: Potresti dire qualche parola anche sull'organizzazione dei disoccupati VETO?
Georges: La mia esperienza e' che da noi un pugno di gente si affatica in tutte le organizzazioni possibili, e che sono sempre gli stessi e non crescono di numero. Nel VETO, in realta', non siamo molti, ma abbiamo almeno l'opportunita' di guardare oltre i confini, di vedere le cose analoghe che ci sono in tutti i paesi, ma anche capire dove ci vogliono ridurre al minimo comun denominatore.
Invertire la polarita'
Di che cosa si lamenta Georges? Principalmente di avere troppo pochi soldi e non una vera occupazione e non gli piace tanto neppure coabitare con la madre. D'altra parte dice che, senza di lui, la madre dovrebbe andare in un istituto. Il destino di Georges mi ha dato molto da pensare, e gli ho scritto la lettera che segue.
Caro Georges,
tu hai fatto di necessita' virtu', ma senza apprezzarla come si deve. Tu preservi tua madre dal vivere in un istituto, il che per lei e' senz'altro una bellissima cosa. Dato che a un certo punto hai deciso di abitare con lei, bisogna che tu lo faccia anche nel modo giusto. Naturalmente non so dove stiano i tuoi problemi con la casa. Forse non hai una buona intesa con tua madre? In tal caso ora avresti la possibilita' di lavorarci sopra. Potresti analizzare le tue reazioni, e' una cosa molto appassionante e divertente. E' certo che ci sono dei motivi che ti fanno tornare comodo vivere da tua madre. Paghi meno affitto o addirittura nessuno, questo naturalmente non lo so, ma ad ogni modo si tratta di trarre il meglio da ogni situazione. Se invece la trovi insopportabile, dovresti cambiarla. Capisci cosa intendo? Tutto dipende dal modo in cui si considerano le cose, e ciascuno ha la possibilita' di cambiare la propria vita.
Consideriamo dunque il problema successivo: i soldi che hai a disposizione sono troppo pochi e dici che bastano per mangiare e vestirti. Del necessario, dunque, sei provvisto. Quale lusso ti manca? Annota quello che ti piacerebbe. Una delle mie idee nuove e' quella di dare a tutte le persone, dovunque siano, la possibilita' di esprimere i loro desideri. Cosi' che si possa arrivare dovunque allo scambio e alla condivisione. Se tu, dunque, lavori alla Croce Rossa, potresti sistemare li' un tabellone "Dai e prendi", sul quale chiunque possa attaccare due annunci, uno per cio' che vorrebbe, e uno per cio' che offre. In questo modo puoi ricevere tutto quello che consideri necessario senza spese di amministrazione ne' controlli. Nel caso che cio' ti sembri troppo complicato, ti potresti collegare con uno dei circoli di scambio gia' esistenti. Ce ne sono gia' in ogni citta', sicuramente anche in Francia. Dato che sei un artigiano, per te ci saranno di sicuro molte possib
ilita' di scambio.
Veniamo adesso alla tua situazione lavorativa. Da tredici anni sei disoccupato, pero' ti dai da fare in diverse occupazioni. Io credo in un futuro migliore, in cui la gente, comunque, non fara' piu' per otto ore consecutive delle cose che forse non sono neppure particolarmente sensate, ma che, al contrario, sara' richiesta flessibilita' e varieta'. Credo anche che organizzeremo le nostre giornate in modo che ogni minuto ci appaia dotato di senso. Per me, ad esempio, sarebbe ormai un'idea spaventosa dovermi dedicare ogni giorno a un lavoro fisso, fare le vacanze solo una volta all'anno e dover pianificare tutto in precedenza. Il modo in cui vivo adesso mi piace molto di piu' perche' faccio soltanto quello che mi fa anche piacere. Ebbene, dato che a ogni persona fa piacere una cosa diversa, faresti bene ad annotare i tuoi desideri e poi, passo dopo passo, metterti a realizzarli.
Rispetto al tuo lavoro politico non c'e' niente da obiettare, una cosa del genere e' pure importante. Comunque non dovresti farti illusioni sulla sua efficacia. Quando abitavo a Geesthacht, fu progettata la centrale nucleare di Kruemmel, a cinque chilometri di distanza. Partecipai a tutte le manifestazioni di protesta, la solidarieta' degli altri dimostranti mi fece bene, ma non abbiamo concluso niente. La centrale e' stata costruita ed emette le sue brave radiazioni.
I politici sono smarriti esattamente come i disoccupati. I posti di lavoro vengono eliminati nel corso di un processo di razionalizzazione, le persone sostituite dalle macchine. Potrebbe quasi sembrare che noi siamo diventati superflui, ma non e' vero perche' ciascuno e' indispensabile. Tu sei importante per la tua rivista, per tua madre e per tutte le altre cose che stai facendo; tu hai un grande valore e io ti sono riconoscente per il fatto di aver potuto leggere la tua intervista. Per favore, non pensare che ti voglia insegnare qualcosa. I tuoi sentimenti e sensazioni sono legittimi, e non voglio toglierteli. Credo solo che molti non riescano a riconoscere la via d'uscita che, a volte, e' vicinissima. Sai, Georges, spesso non manca che un'inezia, un minimo cambiamento di visuale perche' la gioia possa irrompere nella vita".
APPENDICE
Riporto qui di seguito la parte delle noterelle del 15.12.2008, dal titolo: " Della serie: regalando un libro si casca sempre in piedi (o quasi…), in cui viene presentato il libro Vivere senza soldi e la sua autrice
" Vivere senza soldi. Ovvero: l'esperimento/esperienza ormai ultradecennale di Heidemarie Schwermer
E ora vengo al libro di cui anch'io sono parte,dato che ne ho caldeggiato la pubblicazione in italianoe l'ho anche tradotto.
Si tratta di Heidemarie Schwermer, Vivere senza soldi , Editrice Aam Terra Nuova, Firenze, 2007, che, come ho gia' accennato, e' risultato vincitore del "Premio letterario Firenze per le Culture di Pace, dedicato a Tiziano Terzani" (consegnato il 14 dicembre 2008).
Heidemarie Schwermer e' una signora tedesca, nata nel 1942 nell'allora Prussia Orientale (dal dopoguerra Unione Sovietica, oggi Lituania), che, a soli due anni, divenne profuga con milioni di altri tedeschi di quella zona, che, fuggendo di fronte all'esercito russo, cercarono rifugio nel "resto della Germania", cioe' nella Germania ovest. Nella sua infanzia, vissuta poveramente nel nord della Repubblica federale, disse solennemente a se stessa che avrebbe fatto di tutto perche' nel mondo non ci fossero piu' le ingiustizie e le umiliazioni che stava patendo lei; una promessa che di tanto in tanto e' riaffiorata nel corso della sua vita e che, dichiara apertamente, e' alla base della scelta di vivere senza soldi, iniziata, come esperimento di un anno, nel 1996. Quell'anno, infatti, lascio' il suo appartamento, regalo' libri, mobili e altri oggetti di casa, chiuse lo studio di psicoterapeuta della Gestalt, che aveva aperto alcuni anni prima, dopo aver fatto prima la maestra elem
entare e poi la terapeuta del movimento, e disdisse anche, come ultimo trepidante passo, l'assicurazione sanitaria. Da allora, come scrive nel libro, pubblicato in Germania quando l'esperimento durava da quattro anni, e come conferma adesso ogni volta che glielo si chiede, la sua vita ha acquistato moltissimo in fatto di qualita': "vivo", afferma,"senza paure, senza preoccupazioni, in una condizione di grande fiducia". Per comprendere meglio questo fatto, che ha certo dello straordinario, bisogna sapere che Heidemarie Schwermer ha fatto fin da giovane una vita molto basata su relazioni di scambio, per esempio sperimentando gia' negli anni Settanta del XX secolo quello che oggi si chiama "co-housing", in cui la coabitazione si fonde con il mantenimento di propri spazi privati. E' stato cosi', in gran parte, che ha potuto tirare su, da madre single, la figlia e il figlio avuti da un cileno, da cui divorzio' abbastanza presto. Ma non solo. Nel 1994 fondo' la "Centrale Dai e pre
ndi" (Gib-und-Nimm-Zentrale), un circolo di scambio non solo di oggetti, ma anche di prestazioni artigianali e professionali, mutuando l'idea da un'esperienza che si stava svolgendo in una cittadina del Canada, dove la chiusura di una fabbrica, che dava lavoro a quasi tutta la popolazione, rischiava di mettere alla disperazione l'intera comunita'. L'esperienza, pur difficoltosa, di questo circolo (una sorta delle nostre "Banche del Tempo"), le dimostro' che il bisogno di denaro era diminuito drasticamente, e cosi', dato che ormai i figli volavano con le proprie ali, lei decise di osare l'impossibile…vivere, appunto, senza soldi. Ho conosciuto Heidemarie l'anno scorso a Firenze, quando e' venuta per la presentazione del suo libro, e ne ho ricavato l'impressione di una donna molto umana e molto determinata; sa ascoltare con attenzione, e nello stesso tempo afferma se stessa, la propria realta' con grande convinzione: d'altra parte tiene a precisare che non vuole assolut
amente convincere gli altri a fare come lei. Anzi. Il suo messaggio e' esattamente l'opposto: Conosci te stesso, te stessa, scopri qual e' il tuo compito nella vita, il tuo posto nel mondo e agisci di conseguenza. Il suo, lei, lo ha trovato e testimonia questo fatto con pacata irresistibile fermezza.
Il libro, che contiene la sua biografia degli oltre quarant'anni trascorsi fra la fuga all'Ovest nel 1944 e il 2000, e' molto onesto, perche' descrive apertamente le difficolta' incontrate in ogni fase della vita (da quelle legate all'insegnamento, a quelle vissute con i figli adolescenti, a quelle derivate dalle numerose relazioni di cui si e' sostanziata la sua vita specialmente quando ha intensificato lo scambio sostituendolo al denaro), e per questo e' un bel regalo che Heidemarie fa a chi lo legge. Perche' lei racconta anche i moti del suo animo con molta sincerita': confessa il proprio razzismo e la propria presunzione, che, a volte, con sorpreso sgomento, ha dovuto osservare senza veli proprio per rovesciarli e poterne fare punti di forza nell'allargare sempre piu' le sue relazioni col mondo circostante, senza piu' distinzioni fra ricchi e poveri, occupati e disoccupati, indigeni ed immigrati…
Mi piace concludere questa presentazione con una frase che mi ha scritto nella sua piu' recente e-mail:
"Ogni persona ha il diritto a un'esistenza piena e non deve sentirsi superflua". In questa frase e', a mio parere, la chiave del suo esperimento di vivere senza soldi, che non ha niente di ideologico, ma nasce dalla sua esperienza di vita, in cui a un certo punto ha scoperto che i soldi, da strumento neutro di scambio e anche di facilitazione della vita, sono diventati sempre di piu' uno strumento di discriminazione proprio sul piano esistenziale: chi li ha e' utile alla societa', chi non li ha diventa superfluo. Una pericolosa affermazione che sta, per esempio, sotto i reiterati, quanto stupidi, inviti dei nostri attuali governanti a consumare, a spendere perche' cosi' si fa del bene alla societa'… E chi proprio non puo' spendere e consumare che fa? Fa del male alla societa'? Ma scherziamo?
Anche se certamente e' difficile cambiare drasticamente la vita come ha fatto Heidemarie Schwermer (e secondo me neppure del tutto auspicabile), il suo messaggio che si puo' vivere con meno denaro, stringendo relazioni piu' forti fra amici, fra vicini di casa, e allargandone il raggio anche con estranei attraverso le "Banche del Tempo", e' molto interessante, specialmente in questo momento, ed e' praticabile con piu' facilita' di quanto si pensi; basta osservare quanto gia' ci muoviamo spontaneamente in questa direzione (perche' anche questo facciamo, fra le altre cose), diventare coscienti di cio' e operare alcune correzioni di metodo.
Sul libro Vivere senza soldi si puo' vedere la scheda apposita sul sito della casa editrice, che contiene anche un'intervista all'autrice:
NOTA
Chi e' in grado di leggere il tedesco puo' visitare il sito di Heidemarie Schwermer dove si trova anche un aggiornamento sulla sua vita e attivita'.
Sulle banche del tempo, fra le numerose segnalazioni che si trovano sui motori di ricerca, mi limito a indicare i due seguenti:
http://it.wikipedia.org/wiki/
http://www.tempomat.it/
13 aprile 2009
Sabatino
Sabatino è un sopravvissuto all'universo repressivo carcerario e manicomiale. Considerato un deviante perchè non sottomesso e non riducibile agli schemi dominanti, ha vissuto per due volte (nel 1962 e poi 1974) l'esperienza degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari). Tra scioperi della fame ed autolesioni, riesce, grazie all'istinto di sopravvivenza a resistere all'inferno concentrazionario facendo nel contempo conoscenza con le idee anarchiche in cui si riconosce rapidamente. Le esperienze vissute lo hanno portato ad impegnarsi attivamente contro le procedure psichiatriche coercitive e l'uso delle droghe legali definite comunemente psicofarmaci, tutte pratiche che squalificano l'individuo, ledono i diritti umani e sono nocive per la salute delle persone.
Sabatino è autore di numerose "fanzine" contro le pratiche psichiatriche coercitive e di un libro di poesie (autoprodotto) che descrivono le sue terribili esperienze ed il suo amore per la libertà.
E' possibile leggere qualche stralcio della sua biografia sul sito: http://www.nopsichiatria.com/sabatinocatapanovideo.htm
ciao
bacetti_enzo
11 aprile 2009
Vite clandestine
Qualche mese fa arriva una chiamata alla postazione del numero verde contro la tratta di Napoli. A telefonare è una ragazza nigeriana. Chiede aiuto, vuole scappare dalla “madame”, cioè dalla donna che ne controlla lo sfruttamento. Chiede di essere andata a prendere su una strada provinciale al limite tra la provincia di Napoli e quella Casertana, dove normalmente è obbligata a prostituirsi per ripagare il debito che la famiglia ha contratto in Nigeria (tra quello e i costi del viaggio circa 40.000, di cui quasi 7.000 accumulati in Libia nelle varie traversie che molti migranti sono costretti a vivere in quel paese come ben raccontato dal film "Come un uomo sulla terra")
Decidiamo che fare. La cosa migliore sembra essere quella di andare a prenderla senza unità mobile, con una macchina, diciamo in “borghese”, senza i loghi del progetto, facendo finta di essere clienti. Due ore dopo, la troviamo, sale in macchina. Oggi Joy, così si chiama, è in una casa accoglienza, ha 16 anni, e da una settimana è madre di un piccolo bimbo.
Fin qui la storia, ma quello che mi preme raccontare è quello che abbiamo trovato grazie alla chiamata di Joy. Su quella strada ci lavorano circa 50 ragazze, tutte nigeriane, tutte senza permesso di soggiorno (anche se loro credono di essere in regola perché hanno avuto la striscetta in qualità di richiedenti asilo). L’età media è compresa tra i 15 e i 20 anni. Parlano pochissimo l’italiano, giusto le parole che servono per definire con il cliente prezzo e prestazione. Non sanno quasi nulla delle malattie sessualmente trasmissibili e di come proteggersi. Molte rimangono in cinta (per quello che abbiamo potuto vedere circa il 20% è in tali condizioni) perché sono convinte che mettere due profilattici alla volta le protegga di più mentre così si aumentano i rischi. Altre sono in stato di gravidanza perché hanno avuto rapporti non protetti con i clienti. Clienti che, come è noto a chi lavora sul settore, sono nella maggioranza dei casi disposti a pagare tre volte il prezzo della prestazione per avere sesso senza profilattico e in contesti come quello descritto, dove le ragazze sono molte e tutte insieme, la possibilità contrattuale si abbassa e a volte, pur sapendo i rischi, le ragazze accettano pur di guadagnare qualcosa (ogni euro in più è un pezzettino di emancipazione conquistata). Altre ancora sono in cinta per gli stupri subiti nei lager libici o per la prostituzione esercitata in quel paese per pagarsi l’ultimo pezzo di viaggio.
Essendo in aperta campagna, tra campi coltivati di finocchi, broccoli e piantagioni di meli e peschi (che non provocano nessun romanticismo per l’enorme quantità di rifiuti sparsi un po’ ovunque, per il puzzo delle macchine e dei camion che passano in continuazione sul dedalo di strade, stradine, tangenziali e sopraelevate che sembrano non portare a nulla, per i colori della terra che testimoniano spesso la pericolosa presenza di chissà quali sostanze e rifiuti), le ragazze sono praticamente nude. Portano canotte strette e aperte sul davanti con i seni spesso scoperti; fusò abbassati sotto le natiche, così stretti e aderenti che il telefonino e i preservativi tenuti tra il tessuto e la pelle sembrano protuberanze fisiologiche al loro corpo. Il viso spesso è truccatissimo, imbiancato dalle creme per apparire meno scure. Portano parrucche colorate e ricce insieme a monili e anelli pericolosissimi se incappano in un possibile e assai probabile cliente violento….Sembrano bambole, che si animano a comando nei movimenti finti e meccanici dell’adescamento, della contrattazione, dei rapporti consumati in fretta senza alcuna tendenza a dar corpo alla finzione (mi è capitato, mentre parlavo con alcune di loro e offrivo materiali di riduzione del danno, di essere chiamato da una ragazza che mi chiedeva di aspettarla perché voleva avere delle informazioni sulla legge mentre la stessa stava consumando ancora il rapporto con un cliente un po’ più in la, un po’ nascosta da un muretto e da una pianta)
Da allora, da quando abbiamo incontrato Joy, in quei luoghi ci siamo tornati due volte alle settimana. Adesso, quando ci fermiano, le ragazze ci riconoscono, ci salutano, salgono sul camper. Con loro chiacchieriamo, ascoltiamo le loro storie. Quando lo chiedono le accompagnamo ai servizi sanitari. Offriamo the, biscotti, strumenti informativi e di riduzione del danno. Facciamo educazione sanitaria e tutela legale. Soprattutto offriamo attimi di relazione per cui non viene chiesto nulla in cambio, capaci di saper ascoltare, di non giudicare, di essere il più possibili vicini e di prossimità. Da allora altre quattro ragazze hanno trovato la forza di scappare e in due casi di denunciare il circuito di sfruttamento.
Trovare quelle ragazze è stato un caso. Li non saremmo mai andati con i progetti perché lì fino a qualche mese fa non c’era prostituzione. Le ragazze sono andate in quelle zone, o sono state portate in quei contesti, per nascondersi alle retate, alle azioni repressive, ai controlli sempre più frequenti dovuti all’estremismo securitario e alla violenza degli atteggiamenti e delle politiche nei confronti dei migranti. Quelle ragazze, così piccole, così impotenti, così negate nella loro identità e dignità di persone, fanno parte di quei clandestini con cui il ministro maroni dice che bisogna esser cattivi.
Sono vite clandestine, a cui spesso non viene riconosciuto dalla politica, dai mass media, dal dibattito pubblico, nemmeno il diritto di appartenere all’umanità.
Io, la mia cooperativa, stiamo dalla loro parte, senza se e senza ma, perchè siamo convinti che questo sia il modo giusto per stare dalla parte delle persone, dei diritti, della giustizia, della legalità
Se siamo fuori moda o minoranza ben venga….saremo anche noi, orgogliosi di essere clandestini.
Andrea Morniroli – cooperativa sociale dedalus