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12 marzo 2010

Le carriole

Le carriole
Esiste un punto in cui il sempre più veloce degrado della vita civile, in Italia, diventa una frattura, uno choc? Fin qui, tutti quanti siamo slittati in giù quasi senza rendercene conto, poi cercando di abituarci al nuovo panorama o cercando di ignorarlo. Prima o poi, ci dicevamo, questo circo leverà le tende e tutto tornerà, grosso modo, alla normalità. La corruzione continuerà, ma come il fenomeno fisiologico che è sempre stata, così come l’evasione fiscale dei ricchi, le «cordate» o «cricche» da cui è invasa la vita economica. I partiti, certo, non sono più quelli di una volta [cosa ci tocca rimpiangere], ma i mostri esploderanno come quelli dei videogiochi. La somma di precariato selvaggio e disoccupazione epidemica spingerà alla fine i sindacati a fare qualcosa di potente. Il razzismo di Stato sarà respinto dalla realtà: i bambini, soprattutto, riuniti in aula e sorridenti, chi può odiarli nel paese delle mamme? E i progetti pazzoidi di Ponti e Mosi e Treni e Tunnel resteranno a secco, senza un soldo né un calore di gente che aspira al progresso, perché il progresso non c’è più: non di quel genere. E la maschera da clown di Berlusconi sparirà infine dai televisori, travolta da una vecchiaia che nemmeno la chirurgia estetica può frenare e dal delirio di onnipotenza.
Forse non andrà così. Forse esiste un punto di rottura, di quelli da cui si può cadere da una parte o da quella opposta: in un paese dominato dall’arbitrio di chi detiene i poteri, o in un paese che cerca di scrollarsi dalla schiena i parassiti. Un trauma è magari quello che spinge migliaia di aquilani a impugnare carriole, a sfidare la polizia e a organizzare da sé la rianimazione del corpo della città, che qualcuno ha voluto cadavere. I cittadini che si ribellano non sono estremisti o «comunisti» [direbbe Berlusconi], è gente tranquilla, hanno assistito ai funerali di Stato in cui Berlusconi piangeva con le vedove, hanno aspettato che Berlusconi, per mezzo di Bertolaso, procurasse loro le nuove case, hanno creduto che il G8, con Berlusconi ad intrattenere Obama, sarebbe stato un’iniezione di vita. Erano fiduciosi. Ma alla fine hanno fatto la somma, come ogni persona ragionevole. Che era zero. Zero giustizia per i ragazzi della Casa dello Studente. Zero recupero dell’antico centro, che è l’anima di tutti loro, storia e cultura e società. E si sono ribellati. Come prima di loro i valsusini No Tav e i vicentini contro la base e milioni di cittadini contro mille altri insulti.
Non sono estremisti né «comunisti» nemmeno i Viola che da un capo all’altro del paese si lanciano appelli a fare qualcosa. Probabilmente, in maggioranza sono elettori del centrosinistra, ma disillusi: non ci sono più i partiti di una volta, quelli avrebbero reagito davvero, perché la democrazia era costata carissima, e le sue regole erano la sostanza della vita civile. Il decreto del governo a favore del partito di governo, a proposito di liste regionali, è il punto di rottura, forse. Perché un conto è fare una legge che tuteli una persona sola, Berlusconi, un altro conto è una legge che attenta alle regole che tutelano tutti. Di più: la frattura si allarga perché il presidente della repubblica ha preferito il realismo politico, e la mediazione impossibile, invece che il senso del suo stesso ruolo, che è tutelare le regole oltre ogni convenienza o opportunità.
Questo giornale esce nel giorno di uno sciopero generale, che speriamo sia quella spinta potente che precariato, disoccupazione e, anche qui, attentato alle regole [l’articolo 18] richiederebbero. Il giorno successivo, finalmente, i partiti di opposizione manifestano in piazza. Ma se la frattura è tanto grande, basteranno uno sciopero e una manifestazione? Non sarebbe magnifico se divampasse ovunque la voglia di far da sé, di organizzare da noi lo sgombero delle macerie della politica per costruire una città di tutti?

Pierluigi Sullo
in  Carta settimanale numero 8 del 2010  
In edicola da venerdì 12 marzo,  66 pagine – € 3 Nel sommario: Scuola L’assessora di Roma che espelle i bambini «non italiani». Vita da preside. Ritratto della maga Gelmina.