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29 febbraio 2008

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Cuba su Radio 3
Domenica 2 marzo con D. Riondino

Cuba e America Latina
Giovedi 6 marzo Feltrinelli Piazza dei Martiri con G. Minà


Le sfide dei popoli latinoamericani nel 2008

Internazionalismo di Cuba / 4 PANAMA

28 febbraio 2008

Art. 3 dlgs 123/2007 Modifiche dlg 626


Art. 3.
(Modifiche al decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626)

1. Al decreto legislalivo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 3 dell' articolo 7 e' sostituito dal seguente:
"3, il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare
le interferenze. Tale documento e' allegato al contratto
di appalto o d'opera. Le disposizioni del presente comma non si
applicano ai rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.";
b) all'articolo 7, dopo il comma 3-bis e' aggiunto il seguente:
"3-ter. Ferme restando le disposizioni in materia di sicurezza e
salute del lavoro previste dalla disciplina vigente degli appalti
pubblici, nei contratti di somministrazione, di appalto e di
subappalto, di cui agli articoli 1559, 1655 e 1656 del codice civile,
devono essere specificamente indicati i costi relativi alla sicurezza
del lavoro. A tali dati possono accedere, su richiesta, il
rappresentante dei lavoratori di cui all'articolo 18 e le
organizzazioni sindacali dei lavoratori.";
c) all'articolo 18, comma 2, il terzo periodo e' sostituito dal
seguente: "Il rappresentante di cui al precedente periodo e' di norma
eletto dai lavoratori";
d) all'articolo 18, dopo il comma 4 e' inserito il seguente:
"4-bis. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza aziendali,
territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di
contrattazione collettiva, avviene di norma in un'unica giornata su
tutto il territorio nazionale, come individuata con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le
organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative dei
datori di lavoro e dei lavoratori. Con il medesimo decreto sono
disciplinate le modalita' di attuazione del presente comma.";
e) all'articolo 19, il comma 5 e' sostituito dal seguente:
"5. Il datore di lavoro e' tenuto a consegnare al rappresentante per
la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua
funzione, copia del documento di cui all'articolo 4, commi 2 e 3,
nonche' del registro degli infortuni sul lavoro di cui all'articolo
4, comma 5, lettera o).";
f) all'articolo i9, dopo il comma 5 e' aggiunto il seguente:
"5-bis. I rappresentanti territoriali o di comparto dei lavoratori,
di cui all'articolo 18, comma 2, secondo periodo, esercitano le
attribuzioni di cui al presente articolo con riferimento a tutte le
unita' produttive del territorio o del comparto di rispettiva
competenza".

Art.36-bis del DL 223/2006 “Decreto Bersani”

Art. 36-bis. - (Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro). - 1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia, nonché al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell'adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonché le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri edili qualora riscontri l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell'adozione del provvedimento di sospensione al fine dell'emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l'integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell'edilizia.
2. È condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti.
3. Nell'ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. Nei casi in cui siano presenti contemporaneamente nel cantiere più datori di lavoro o lavoratori autonomi, dell'obbligo risponde in solido il committente dell'opera.
4. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all'obbligo di cui al comma 3 mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 3.
5. La violazione delle previsioni di cui ai commi 3 e 4 comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 3 che non provvede ad esporla è punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
6. L'articolo 86, comma 10-bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:
"10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa".
7. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.";
b) il comma 5 è sostituito dal seguente:
"5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124".
8. Le agevolazioni di cui all'articolo 29 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, trovano applicazione esclusivamente nei confronti dei datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili. Le predette agevolazioni non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per la durata di cinque anni dalla pronuncia della sentenza.
9. Al comma 213-bis dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le predette disposizioni non si applicano, inoltre, al personale ispettivo del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)".
10. All'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo le parole: "Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione" sono inserite le seguenti: ", previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,".
11. Il termine di prescrizione di cui all'articolo 3, comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo ai periodi di contribuzione per l'anno 1996, di pertinenza della gestione di cui all'articolo 2, comma 26, della predetta legge n. 335 del 1995, è prorogato fino al 31 dicembre 2007.
12. Nell'ambito del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, le risorse destinate alla finalità di cui all'articolo 1, comma 410, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono ridotte da 480 milioni di euro a 456 milioni di euro e sono corrispondentemente aumentate da 63 milioni di euro a 87 milioni di euro le risorse destinate alla finalità di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni".

Sicurezza sul lavoro: in dirittura d'arrivo il nuovo Testo Unico


All’esame del Consiglio dei Ministri della prossima settimana il primo dei decreti di attuazione della legge 123/2007
di Rossella Calabrese*


28/02/2008 - Potrebbe essere convocato in via straordinaria la prossima settimana il Consiglio dei Ministri che approverà il nuovo Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, in attuazione della Legge n. 123 del 3 agosto 2007.Il Ministero del Lavoro ha messo a punto il Titolo I dello schema di decreto legislativo che attua l’articolo 1 della Legge 123/2007 e che riguarda il sistema istituzionale, la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, la valutazione dei rischi, il servizio di prevenzione e protezione, la formazione, la sorveglianza sanitaria, la gestione delle emergenze, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori e le statistiche degli infortuni e delle malattie professionali.Il nuovo decreto si applicherà a tutti i settori di attività, privati e pubblici, a tutte le tipologie di rischio e a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati.Sarà istituito, presso il Ministero della Salute, il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, mentre, presso il Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, si insedierà la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. Quest’ultima Commissione dovrà individuati criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati. Tali criteri costituiranno elemento vincolante per la partecipazione alle gare pubbliche di appalto e subappalto e per l’accesso ad agevolazioni e finanziamenti pubblici.A livello regionale opereranno i comitati regionali di coordinamento.Al fine di fornire dati utili per programmare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per indirizzare le attività di vigilanza, sarà istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro.In tema di formazione, l’Inail finanzierà investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, compresi i progetti formativi dedicati alle piccole, medie e micro imprese. uno specifico insegnamento in materia di sicurezza sul lavoro sarà inserito in ogni attività scolastica ed universitaria e nei percorsi di istruzione e formazione professionale.Per contrastare il fenomeno del lavoro irregolare, è prevista la sospensione di un’attività imprenditoriale qualora si riscontri l’impiego di personale in nero in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati, ovvero in caso di violazioni della disciplina in materia di tempi di lavoro e in materia di tutela della sicurezza. La sospensione è comunicata all’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, la quale bloccherà la contrattazione dell’impresa sospesa con le pubbliche amministrazioni e la partecipazione a gare pubbliche. Queste disposizioni si applicano anche ai lavori nell’ambito dei cantieri edili.Trova conferma quindi la norma già introdotta dall’36-bis del DL 223/2006 “Decreto Bersani” (leggi tutto). Ricordiamo che molte misure della Legge 123/2007 sono già applicabili; è il caso della modifica al Dlgs 626/1994 che introduce l’obbligo per il datore di lavoro di elaborare un unico documento di valutazione dei rischi, da allegare al contratto di appalto o d’opera, che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Inoltre, a decorrere dal 1° settembre 2007, è esteso alle attività svolte in appalto o subappalto l’obbligo per il personale delle imprese appaltatrici o subappaltatrici, di munirsi di tessera di riconoscimento (leggi tutto).


* foto e articolo tratti da www.edilportale.it (i collegamenti ipertestuali contenuti nel testo sono stati modificati)

L’arte sociale figlia di un “dio minore”

Cultura e welfare

Uno degli indicatori più importanti per misurare la qualità della vita e della convivenza sociale di una città è la Cultura prodotta e rappresentata nelle sue diverse articolazioni.
Roma, su questo terreno, ha sviluppato – grazie anche alle scelte e alle iniziative della nostra Amministrazione - un’offerta diversificata e plurale che gode di largo consenso tra i cittadini, come ci confermano le indagini di gradimento effettuate dai diversi Istituti di Ricerca.
La Cultura dunque, come elemento qualificante di prevenzione, integrazione e socializzazione, ha in questi anni volto lo sguardo anche alle fragilità delle persone mettendo in campo - attraverso associazioni, singoli, gruppi di lavoro - risposte concrete alle varie forme in cui il disagio si manifesta.
L’Arte Sociale con fatica, tanta, ma con tenacia, è entrata nel tessuto culturale della città.
La produzione, che è frutto di una scelta valoriale e progettuale, è stata il fattore che ne ha determinato la sperimentazione prima e i risultati dopo.
La Commissione Cultura - nelle mappature che ha avviato in quest’anno e mezzo (Musica, Teatro, Arti Visive, Danza) - ha avuto l’opportunità di monitorare, seppure parzialmente essendo la suddetta mappatura “fatta in casa”, ovvero con scarse risorse e su base volontaria, una ricchezza fatta di impegno ideale e motivata da un’idea che l’Arte e la Cultura possono prevenire e dare risposte al disagio e alle marginalità delle persone in carne e ossa.
Un lavoro prezioso per la nostra Comunità che, nella scala del sistema culturale e sociale della città, è figlia di un “dio minore”.
Quante fatiche e peregrinazioni per trovare uno spazio, per mettere su un’attività di ricerca e sperimentazione, per avere risposte dalle istituzioni, per rompere i muri del silenzio nella comunicazione e nel sistema socio-sanitario.
Eppure i risultati ottenuti, il recupero e il reinserimento parlano anche il linguaggio economico che incide sul Sistema Sanitario e sulla qualità della vita sia dei singoli soggetti che delle famiglie.
E se parliamo di prevenzione valutiamo quanta importanza ha, sulla coesione sociale e sulla vita delle persone, il “benessere da palcoscenico” delle tante nostre concittadine/i che praticano il teatro amatoriale, la musica per diletto, la danza e il ballo, le arti visive e così via.
E’ un lavoro, questo, “non commerciabile, non esportabile, non riproducibile” in quanto è mirato alla prevenzione, al recupero e al reinserimento delle singole individualità anche spesso se si esprime in forma collettiva.
La qualità e la capacità del risultato artistico ottenuto diventa il metro di riferimento del risultato sullo stato di benessere raggiunto.
Un gruppo di lavoro è stato costituito, nei mesi scorsi, presso la Commissione Cultura, che ha visto la partecipazione di Associazioni, esperti ed artisti dei vari settori che intervengono nell’Arte Sociale.
Su quanto sopra la Commissione Cultura, concordando con il gruppo di lavoro, propone di promuovere due giornate, in uno spazio importante (vedi nostri Teatri e strutture), dove saranno presentate le attività più rilevanti.
Per presentazione s’intendono - oltre agli eventuali spettacoli, saggi e performance - dimostrazioni di lavoro, workshop, incontri con gli artisti che conducono i diversi progetti.
In queste due giornate sarebbe utile prevedere un incontro/convegno con attori, musicisti e studiosi per esaminare questi temi.
Un incontro/convegno che istituisca un tavolo di lavoro per dare continuità alla ricerca e alla sperimentazione anche in collaborazione con le Università.
Continuità che si dovrà assicurare, anche, attraverso rappresentazioni ed eventi, programmati nei luoghi e nel tempo, che diano il senso e il segno di aver recuperato al sistema culturale della città il “dio minore”.

27 febbraio 2008

Una cava per piscina

Una Cava per piscina: Cosi rinascerà Chiaiano
di Luca Marconi
Un piccolo impianto di produzione di «compost di quali- tà» che sarà utile soprattutto agli agricoltori della Selva di Chiaiano (ca-stagneti e ciliegeti) nei progetti dell’Ente Parco Metropolitano delle Colline di Napoli già c'è (ci
lavorano il Wwf e la Federico II). Ma soprattutto nel futuro di Chiaiano ci sono corsi d'acqua balneabili e percorribili in canoa, passeggiate mozzafiato su
costoni tufacei e centinaia di pannelli fotovoltaici vivaci come un elemento di arredo urbano per parco pubblico: più che di un sogno si tratta di un pro-
getto finito con tanto di business-plan per il «Recupero ambientale e riuso produttivo della cava in Cupa Vrito a Chiaiano», firmato dal Dipartimento di Progettazione Architettonica e Ambientale della Federico II.
In estrema sintesi, l’opera da 37 milioni e mezzo di euro recupera la cava realizzando una centrale fotovoltaica verticale su una parete che finisce in ac-
qua, davanti ad un’arena da 1000 posti con vasta scena in legno affacciata sul bacino artificiale e destinata allo svolgimento di eventi spettacolari ed agli
sport acquatici. Attorno all’anello d’acqua: una banchina per le imbarcazioni, chioschi e ombrelloni. Nell’anello superiore della cava: un bar-ristorante panoramico per 300 persone e una piazza panoramica servita da un lungo percorso porticato in quota. Un progetto costato 10 anni di studi e ricerche finanziati dalle Attività Produttive della Regione e oggi «in stadio avan-
zato», spiega il presidente dell'Ente Parco, l’architetto Agostino Di Lorenzo (già dirigente del Servizio Aree Protette Metropolitane e Agricoltura Urbana della Regione) ma che lo stoccaggio di ecoballe nelle cave ventilato in questi ultimi giorni d'emergenza rifiuti manderebbe definitivamente all’aria. Di Lorenzo, fermo nella convinzione che «in nome dell'emergenza rifiuti non si può compromettere il futuro della città e dell'area metropolitana e quindi mai come ora occorre lucidità nelle scelte amministrative», si appella alle norme attuative del Piano Regolatore Generale, che all'articolo 1 comprendono, congiuntamente
nella visione dell'identità territoriale, l'istituzione del Parco delle Colline di Napoli e la riqualificazione del centro storico, individuati quale principale obiettivo della programmazione urbanistica (ed è probabilmente la prima volta
che un Prg assegna pari valore strategico non disgiunto alle aree agricoleambientali ed aquelle storico-artistiche. Testualmente: «La variante persegue.. la tutela e il ripristino dell'integrità fisica e dell'identità culturale del
territorio mediante il recupero della città storica e la valorizzazione del territorio di interesse ambientale e paesistico, anche promuovendo la costituzione dei parchi regionali delle colline di Napoli e della valle del Sebeto, la
ripresa dell'agricoltura urbana e periurbana; la tutela e l'incremento del patrimonio arboreo» e «la riconversione delle aree dismesse, per formare nuovi insediamenti per la produzione di beni e servizi, integrati con le residenze,
anche pubbliche, e per ottenere un'ampia dotazione di verde, a scala urbana e territoriale», ndr).
In altre parole «in questi luoghi si possono avviare attività economiche produttive compatibili e realizzare invasi per il tempo libero per tutta l'area metropolitana, quattro milioni di abitanti — spiega Di Lorenzo —.
Noi abbiamo pensato ad un bacino d'acqua artificiale di 30 mila metri quadri che servirà anche da regimentazione idraulica di tutto l'alveo e ad una grande centrale fotovoltaica da 2,4 megawatt, che conferirebbe un'autonomia economica al parco. Successivamente, la realizzazione di un insieme di masserie in rete, che possono offrire ospitalità diffusa, vendita diretta dei prodotti
in fattoria, realizzare una filiera corta in ambito urbano per ortofrutta, completerebbe il quadro di un grande attrattore metropolitano, tra industria del tempo e ruralità urbana». Nella sola città di Napoli si contano
1150 aziende agricole a conduzione familiare. Il parco delle colline si estende per 11.750 etari, un quinto del territorio cittadino.
Chiaiano è famosa per le sue ciliegie croccanti, la qualità Recca, che gli architetti della Federico II, ispirati alla migliore Land Art, vorrebbero celebrare raffigurandole sulla spianata di pannelli fotovoltaici a strapiombo sul
bacino d'acqua artificiale. La cava, che è un detrattore ambientale,
scrivono gli esperti universitari (diretti da De Crescenzo e Mariniello)
non potrebbe mai essere recuperata allo stato originario ma diventa in questo modo luogo di produzione di energia sostenibile e lo specchio d’acqua,
già attrattore turistico, aumenterebbe la produzione di energia dell'impianto del 30%.
Per la realizzazione, la normativa del Parco coerentemente col Prg prevede convenzioni pubblico-privato. «E noi abbiamo avviato una convenzione con un
proprietario, la Zara Estrazioni Tufo Srl, e l'Università di Architettura
— spiega Di Lorenzo — con un primo impegno finanziario degli assessori Cozzolino, Cundari, Di Lello e De Luca per 2 milioni di euro per l'avvio delle
attività di competenza del Parco». Sulle cave però bussa l'emergenza rifiuti: «Sono stato informato dalla Municipalità della presenza, nelle cave, di tecnici
del Commissariato straordinario impegnati con misurazioni e indagini. Ebbene nella malaugurata ipotesi che si dovesse pensare all'utilizzo delle cave per lo stoccaggio di rifiuti di qualsiasi natura si comprometterebbero 12 anni di programmazione». Il compost, invece, «è diverso — continua Di Lorenzo
—. L'ipotesi di progetto redatta dal Wwf nazionale per un piccolo impianto di compostaggio per produrre fertilizzante è di due anni fa, è stata accolta dall'Asìa e dal Comune di Napoli.
L'impianto sorgerebbe vicino alle cave e servirebbe per prime le campagne di Chaiano, terreni agricoli "stanchi". Non ci interessa, invece, la ricomposizione delle cave, dove vediamo una grande spiaggia ad 800 metri dalla metropolitana collinare, soggetto principale della riqualificazione dell'area Nord. La spazzatura, insomma, qui proprio non ci sta — conclude Di Lorenzo — tanto più che le cave di Chiaiano hanno già intercettato falde acquifere superficiali.
Vorrei invitare il sindaco, Bassolino e gli assessori a dire la loro: Napoli dovrà vivere anche dopo l'emergenza, occorre un momento di lucidità collettiva anche nel dramma. Non distruggiamo quanto di buono abbiamo. Compromettere il parco regionale della città è una follia».
E la leggenda dei rifiuti radioattivi nelle cave di Chiaiano? «Non mi risulta, non ne so nulla e comunque non esageriamo — risponde Di Lorenzo —. È chiaro che anche noi dobbiamo tenere alta la guardia e lo facciamo. E se si dovesse realizzare il parco acquatico le cave saranno settacciate una per una. Recentemente abbiamo fatto arrestare persone che bruciavano cavi elettrici. Ma per l'avvelenamento delle cave, l'ultima volta risale al 2001, quando i carabinieri
del Noe hanno scoperto sversamenti abusivi di residui chimici nei pressi del cimitero e non ricordo quali sostanze fossero ma la fascia di pericolosità era quella del cromo, dell'arsenico, mercurio, cadmio e piombo. La cava è stata sequestrata ed è stato imposto al proprietario la bonifica, che è stata fatta. All'epoca ero presidente della circoscrizione di Chiaiano. Occultarono i prodotti chimici sotto un riempimento di terreno. Ad ogni modo, quando e se riempiremo d'acqua la cava di Cupa Vrito sarà esaminata dall'Arpac come impone la normativa vigente. E dati questi precedenti, a maggior ragione occorrerebbe scongiurare ogni ipotesi di stoccaggio nelle cave e fare presto col recupero a beneficio dell'intera area metropolitana».

da "MEZZOGIORNO ECONOMIA" LUNEDÌ 25 FEBBRAIO 2008

Il welfare non è un lusso



Il welfare non è un lusso

Piattaforma programmatica





Le organizzazioni del terzo settore campano chiedono a Governo, Regione Campania e Comune di Napoli di rivalutare le politiche sociali attraverso: un più forte investimento di risorse e servizi per il sistema sociale; condizioni economiche più adeguate a garantire la qualità nei servizi e maggiori tutele per i lavoratori sociali e sociosanitari; una più puntuale ed efficace programmazione per il reale sviluppo di un sistema integrato di servizi e prestazioni sociali; continuità dei progetti per una presa in carico delle persone disagiate non limitata alle scadenze dei finanziamenti; certezza nei tempi e nelle modalità di pagamento.

In particolare, le organizzazioni chiedono:


  • Al Governo nazionale di: prevedere, anche alla luce delle maggiori entrate fiscali, un più forte investimento per il sistema dei servizi sociali del Meridione, correggendo le gravi sperequazioni presenti tra Nord e Sud del Paese e valorizzando il significato del lavoro sociale nei processi di sviluppo.


  • Alla Regione Campania di destinare più risorse ordinarie e quelle provenienti dai Fondi Strutturali e dal Fondo per le Aree Sottoutilizzate alla spesa sociale, per affrontare le situazioni più urgenti; innalzare ad almeno 120 euro la spesa sociale pro-capite annua; aggiornare le condizioni economiche delle convenzioni e delle gare d’appalto per l’affidamento dei servizi; adeguare le rette per le comunità di accoglienza; costruire un’anagrafe regionale sulla disabilità e istituire un organo preposto al monitoraggio dei bisogni dei disabili; di coinvolgere in maniera vera il terzo settore nella costruzione dei decreti attuativi della legge regionale 11/2007 sulla dignità sociale.


  • A tutti i comuni della Campania di: evitare qualsiasi taglio alla spesa sociale; in particolare al Comune di Napoli di approvare, in consiglio comunale, la modifica dell’articolo 28, comma 10 del regolamento, per inserire i servizi sociali tra quelli “indispensabili” (di cui all’elenco del decreto legislativo n. 504 del 1992), affinché non siano più sottoposti al meccanismo del cosiddetto cronologico, e sia garantita così una priorità nei pagamenti;







26 febbraio 2008

Legge 194: una moratoria sulla obiezione di coscienza

Legge 194: una moratoria
sull'obiezione di coscienza

su Carta quotidiano del 26 feb

Il 59 per cento dei ginecologi in Italia pratica
l’obiezione di coscienza, prevista dall’articolo 9 della
legge 194. L’estensione di questo fenomeno rappresenta
un serio ostacolo alla possibilità per tutte le donne
di interrompere [gratuitamente] una gravidanza. Carlo
Flamigni, noto ginecologo e membro del Comitato
nazionale di bioetica, ha lanciato l’idea di una moratoria
sull’obiezione di coscienza. La legge 194, secondo
Flamigni, non è intoccabile: bisognerebbe anzi modificarne
l’articolo 9. L’obiezione aveva senso quando è
stata varata la legge «Attualmente però – spiega il
ginecologo - chi sceglie una specializzazione o decide
di lavorare in un ospedale pubblico sa bene che cosa lo
aspetta, e se lo fa già sapendo di essere ben deciso a
ignorare i diritti di molte pazienti [..] utilizza una
norma che non era stata scritta per lui».
La proposta è semplice: i reparti di ginecologia non
dovrebbero assumere medici obiettori. Sulla stessa
lunghezza d’onda l’appello – che ha già raccolto 40
mila firme - rivolto da alcune donne [tra le prime
firmatarie Simona Argentieri, Natalia Aspesi, Adriana
Cavarero Margherita Hack Rossana Rossanda] a
Bertinotti e Veltroni perché prendano una posizione
chiara in difesa dell’autodeterminazione femminile.
Tra i provvedimenti proposti nell’appello, che sarà
pubblicato venerdì su Micromega insieme ad un articol
o di Flamigni , c’ è anche l ’el iminazione
dell’obiezione di coscienza. Questo argomento è stato
dibattuto anche durante i due giorni di confronto
organizzati dal «sommovimento femminista e lesbico».
Le proposte formulate si possono leggere sul blog
http://flat.noblogs.

Un comunicato stampa sulla ordinanza di sgombero del Presidio contro la basa Nato a Vicenza

Comunicato Stampa

Base Usa Vicenza
Ordinanza di sgombero del presidio

La democrazia non si demolisce

E' singolare che la Giunta comunale presenti l'ordinanza di sgombero e demolizione al Presidio Permanente nel giorno in cui lascia Palazzo Trissino; Sorrentino, che avrebbe voluto continuare a mangiare astici sulle spalle dei vicentini, era nero d'invidia: lui se ne va, mentre il Presidio resta.
Una Giunta sola e isolata chiede la demolizione di uno spazio nel quale, la stessa mattina, sono state presentate le 6178 firme raccolte nel solo giorno di sabato 23 febbraio a sostegno delle iniziative del Presidio Permanente: da una parte la tristezza e la solitudine, dall'altra la partecipazione e la democrazia.
La destra vicentina apre la campagna elettorale nel modo che più gli si addice: puntando l'indice contro un luogo di democrazia e partecipazione che, in questi mesi, è diventato la casa di quanti vogliono difendere Vicenza dalla militarizzazione e dalla devastazione ambientale. Un atto sciocco, perché tutti sanno che il Presidio Permanente non sarà demolito né spostato di un millimetro fino a quando il movimento che lo ha eletto a simbolo non avrà raggiunto il proprio obiettivo: quello di impedire la realizzazione della nuova base militare statunitense.
Un atto di arroganza, per compiacere ancora una volta l'armata a stelle e strisce, messo in pratica nell'ultimo giorno di amministrazione della Giunta; e, del resto, chi ha svenduto Vicenza tradendo la volontà popolare non poteva che tirare il sasso e togliere la mano.
La Giunta se ne è andata, ma il Presidio Permanente è ben saldo a Ponte Marchese; le bandiere del No Dal Molin che continuano a sventolare sopra ai tendoni dove ogni settimana si riuniscono centinaia di persone sono la miglior risposta a chi vorrebbe demolire la democrazia per permettere la costruzione di una nuova base di guerra.

Presidio Permanente, Vicenza, 26 febbraio 2008

Presidio Permanente contro la costruzione della nuova base Usa a Vicenza
Via Ponte Marchese
c..p. 303 36100 Vicenza
comunicazione@nodalmolin.it
www.nodalmolin.it

Servizi pubblici e beni comuni. Il caso rifiuti in Campania.

Venerdì 29 febbraio, ore 17.00
Sala della Pace e della Solidarietà
II Municipalità, Napoli Piazza Dante
Servizi pubblici e beni comuni. Il caso rifiuti in Campania. La politica tra democrazia partecipativa e interessi privati.
Dibattito promosso dall’associazione Giuristi Democratici di Napoli.

interventi:
Alex Zanotelli — Missionario comboniano
Aldo Loris Rossi — Architetto, docente universitario
Donato Ceglie — Magistrato
Aldo Velo — Associazione Caschi Gialli
Roberto La Macchia — Presidente Giuristi Democratici
Antonio Risi — Esperto Regione Campania

coordinano:
Elena Coccia
Angelo Cutolo
Danilo Risi
Salvatore Romano

Giovedì 28 febbraio, ore 17.00Sala del Consiglio dell’Ordine dei CommercialistiNapoli, piazza dei Martiri 30Raccolta differenziata: Una via di uscita? Quali strumenti, quali destinazioni
a cura dell’associazione Etica Pubblica, in collaborazione con il Comitato Civico della Prima Municipalità

saluti:

Achille Coppola — Presidente dell’ordine dei Dottori Commercialisti di Napoli, Clelia Modesti — Presidente Comitato Civico Prima Municipalità di Napoli, Lorenzo Zoppoli — Presidente dell’Associazione Etica Pubblica

interventi:

Mirella Barracco — Presidente della Fondazione Napoli99,
Giuliana Di Fiore — Assessore all’Ambiente della Provincia di Napoli
P. Calogero Favata — Parroco della Chiesa di Santa Caterina a Chiaia
Raffaele Fiume — Docente di Economia aziendale Università di Napoli “Parthenope”,
Walter Ganapini, — Assessore all’Ambiente della Regione Campania
Ugo Leone — Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio
Pasquale Losa — Presidente Asia
Fabio Matteo — Consigliere di Amministrazione Asia
Gennaro Mola — Assessore alla Mobilità, Nettezza Urbana e rapporti con l’Asia

ore 19 — Dibattito modera:
Chiara Marasca (Osservatorio sulla camorra e sull’illegalità del Corriere del Mezzogiorno)

importante convegno a Salerno sulla costruzione dell' inceneritore

Enzo Venditto, nostro cantierista chimico e prezioso portatore di notizie salernitane al Cantiere, segnala un importante convegno a Salerno che avrà come fulcro la questione della costruzione dell'inceneritore.

Il convegno è organizzato dal PD e prevede contributi, tra gli altri, di tecnici come l'oncologa Patrizia Gentilini e il consulente ambientale Vincenza Chiera, che assicurano la presenza, seppur minoritaria, di voci "dialettiche" sulla scelta dell'iceeritore. Patrizia Gentilini potrà portare dati più che validi e convincenti sulla pericolosità di un impianto di incenerimento, e Vincenzo Chiera presenterà il ciclo dei rifiuti e l'importanza delle pratiche di riduzione della produzione e del riciclo, così come sono indicate nella normativa europea ed italiana.
Gli altri relatori "tecnici", saranno Ada De Cesaris giurista ambientale, Vincenzo Belgiorno dell'Università di Salerno, Renzo Capra Presidente dell'ASM di Brescia. Ci saranno anche il Sindaco di Salerno e il Presidente della Provincia, promotori del piano di costruzione dell'impianto salernitano. La locandina

Inoltre, su invito dell'Università di Salerno, Patrizia Gentilini, in mattinata di venerdì, terrà un seminario, alle ore 11, nell'aula P1 vicino alla presidenza di Scienze.

Convegno Nazionale "Ambiente e Territorio".

Sabato 23 e domenica 24 febbraio 2008, presso Sala delle Conferenze del Comune di Campagna (Sa), L'Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia, l'Associazione ONLUS "pro.g.re.di.re. di territorio Carmine Iuorio", la Rete Nazionale Rifiuti Zero e il Forum Ambientalista si riuniranno per il secondo Convegno Nazionale "Ambiente e Territorio".continua...

Censura legale

NADiRinforma incontra Paolo Barnard, giornalista free lance da sempre impegnato nella produzione di servizi d’inchiesta di elevata valenza sociale, oggi inquisito a seguito di un contenzioso legale facente seguito al reportage trasmesso da Report (RAI 3) nell’ottobre 2001 e in replica, visto l’elevato interesse suscitato, nel febbraio 2003. Barnard, inondato dagli avvenimenti in corso, ha divulgato una lettera via internet che ha suscitato parecchio interesse e che punta l’indice nei confronti della cosiddetta "clausola di Manleva" che gli editori impongono in sede contrattuale declinando così ogni responsabilità dinanzi a qualsivoglia questione giuridica sollevata dai servizi giornalistici. continua...

anche Giorgio Bocca tra noi ?

da Giorgio Bocca (no quite! in realtà da L'Espresso) Si cammina nel vuoto!

"Comunicazione e movimenti sociali in Argentina:l'esperienza del Collettivo Lavaca"

Napoli Monitor propone un incontro con SergioCiancaglini, giornalista e sociologo argentino, fondatore di una cooperativa di lavoro che ha creato uno spazio di difesa dei diritti umani e della libertà di espressione. Costituito come sito internet nel 2002 -http://www.lavaca.org/ - il collettivo ha affiancato con il proprio contributo professionale e militante lo sviluppo dei nuovi movimenti sociali in Argentina, a partire da quello delle imprese autogestite; oggi si articola in un'agenzia di notizie di libera riproduzione, nell'edizione di libri d'inchiesta(Lavaca Editora), nella rivista "Mu" e nell'Istituto di studi di comunicazione sociale, che offre a esperienze sociali di comunicazione strumenti di autogestione dei propri progetti.

25 febbraio 2008

Da Ugo Angelillo
-manifestazione a Locri il 1 Marzo 2008, promossa da un consorzio di cooperative che si oppongono alla 'Ndrangheta e che cercano di ritrovare un senso della legalità in una terra afflitta da gravi corruzioni e malavita organizzata. Qualche informazione in più sul loro sito:
http://www.consorziosociale.coop/alleanza_per_la_locride
http://www.consorziosociale.coop/

24 febbraio 2008

Cara

Cara, son le otto del mattino, e tu ancora stai dormendo, ho gia' fatto le valigie, e adesso sto scrivendo questa lettera per te, ma non so che cosa dire, e' difficile spiegare quel che anch'io non so capire, ma fra poco me ne andro'e mai piu' ritornero', io ti lascio sola. Ah quando s'alza il vento! ah quando s'alza il vento! No, piu' fermare non si puo', dove vado non lo so, quanto male ti faro'. No non ti svegliare mai, no non ti svegliare mai.
di mogol and battisti

Cara Sinistra Arcobaleno

Cara Sinistra Arcobaleno*
di Pierluigi Sullo

Da cittadino ed elettore sempre più svogliato, vorrei porti alcune domande, all’inizio di una campagna elettorale che si preannuncia più vacua del solito. In particolare, mi chiedo quale sia il tuo atteggiamento su una questione che in moltissimi, ormai, riteniamo fondamentale. Mi spiego.
Se non fossi un pacifista nonviolento ecc., direi che Walter Veltroni ha pronunciato una dichiarazione di guerra. Parlo dei dodici punti del programma del Partito democratico, che hanno per ispirazione fondamentale la “crescita” e in cui al primo posto sono le “infrastrutture”. E’ un film che abbiamo già visto, la volta famosa in cui Berlusconi, armato di bacchetta, indicava in tv, qui e là per la penisola, dove si sarebbero realizzati mega-ponti, treni ad alta velocità, autostrade, ecc. Ne seguì, dopo la vittoria del centrodestra, la Legge Obiettivo, che “semplificava” le procedure di valutazione d’impatto ambientale ed escludeva il parere delle comunità locali su un lungo elenco di “grandi opere”. Cinque anni dopo, cambiato il governo, il successore di Lunardi, Di Pietro–oggi il solo a correre in compagnia del Pd–decretò che la Legge Obiettivo era “efficiente”, e dunque andava mantenuta in vigore. Cade il governo, si va a votare, e il nuovo leader del Pd ricomincia da capo: procedure ambientali semplificate, sostegno ai “grandi investimenti” come la Tav, polemica contro i “nimby” localisti nemici del progresso e gli “ambientalisti del no”.
Il messaggio è che non c’è altra via, per la “redistribuzione della ricchezza”, che la “crescita”, che si ottiene con le “grandi opere”. Nella cui scia naviga poi una miriade di altre “opere”: centrali a combustibili fossili, inceneritori o termovalorizzatori, trivellazioni petrolifere, rigassificatori e in generale l’occupazione del territorio da parte di uno “sviluppo” edilizio e commerciale senza altro criterio che non sia approfittare della “valorizzazione” finanziaria del cemento (e Veltroni, da ex sindaco di Roma, se ne intende).
Scusate l’eccesso di virgolette, servono a suggerire che ciascuna di quelle parole, un tempo positive, sono oggi tasselli di una ideologia brutale che in verità significa: un ottimo modo per far quattrini, per i capitalisti italiani, è il sequestro di enormi flussi di denaro pubblico sotto forma di appalti per opere gigantesche quanto inutili. Sulla Tav, ad esempio, ci sono studi e libri molto esaurienti: si sono saccheggiate per un quindicennio le casse dello Stato e delle ferrovie ai danni dei treni per esseri umani, specie se pendolari. Ma, più grave ancora, investire il denaro pubblico in quella direzione impedisce di agire, sull’energia e i trasporti, i rifiuti e l’uso del territorio, l’acqua e il mare, come la crisi climatica e lo stato deplorevole dell’ambiente imporrebbero urgentemente.
Questa ideologia è vecchia, ed è nociva. Ed è ciò che ha aperto una frattura non so quanto sanabile tra le sinistre e i sindacati e i movimenti comunitari e cittadini che in ogni angolo del paese si oppongono alle ondate di cemento e asfalto. Veltroni non inventa nulla, approfitta solo della legge fondamentale di ogni campagna pubblicitaria: la parola “nuovo”, se ripetuta a sufficienza, funziona sempre. In realtà la sua visione della “crescita” è paleolitica. Il guaio è che i grandi sindacati, con poche eccezioni, condividono questa ideologia: pensano cioè che dove c’è profitto per il capitale ci sono anche salari, e qui finisce il loro ruolo. E le stesse sinistre considerano prevalente la questione del lavoro, cioè vanno cercando i voti nel loro insediamento tradizionale – il lavoro dipendente classico – e sottovalutano la portata della crisi dell’idea stessa di “sviluppo”.
Almeno, così mi pare. Potrei sbagliare. Sabato sera ho sentito Bertinotti, in televisione, dire che la questione ambientale ha la stessa importanza di quella del lavoro. Ma la Sinistra Arcobaleno ha iniziato la sua campagna elettorale parlando solo di salari e di “tesoretto”. Intanto, Veltroni metteva ogni cosa al suo posto: primo, la “crescita”. Appunto: non voglio mettere in contrapposizione i due temi, perché ogni cosa si tiene. Uno “sviluppo” nocivo produce, in epoca liberista, lavoro velenoso e precario, e scarso. Un investimento sul bene comune produrrebbe invece lavoro sano e stabile. Si potrebbe far l’esempio dell’incredibile crescita in Germania, negli ultimi anni, dell’industria delle fonti energetiche rinnovabili (il solare, principalmente), che oggi conta 150 mila addetti, ma se si guarda all’agricoltura si vede bene come il mercato stia spopolando le campagne e uccidendo i piccoli agricoltori, quelli che si prendono cura del territorio, e peggiorando la qualità del cibo, che viene peraltro trasportato su lunghe distanze, affamando i lavoratori del Sud del mondo, inquinando ecc.
Ma il punto è politico: la frattura che si è aperta, tra movimenti comunitari e sinistre, è profondamente politica. Primo: perché da una parte si mette in discussione, in pratica e sempre più in modo consapevole, l’ideologia della “crescita”, mentre dall’altra si mantiene una ambiguità, in nome della nostalgia per l’epoca delle grandi fabbriche. Secondo: perché quei movimenti sono fatti di cittadini il cui legame è territoriale, comunitario, mentre dall’altra si propone una scelta ideologica, l’essere “di sinistra”, in nome di una idea della trasformazione sociale tramontata con il Novecento. Terzo: perché quei movimenti cittadini sono fondanti di un altro genere di democrazia, diversa da quella dei partiti e della delega. Sono queste le ragioni di fondo della diffidenza, non solo verso le sinistre ma nei confronti della stessa democrazia rappresentativa, che è dilagata in quei movimenti, e il cui punto di partenza è la constatazione di come le sinistre al governo abbiano troppo spesso fatto prevalere considerazioni e opportunità politiche al merito delle questioni, dalla “sicurezza” alla Tav, appunto.
La nostra proposta, per quel che conta Carta (assai poco, specie in una campagna elettorale), è che la società civile in movimento potrebbe, sul tema dello “sviluppo” come su molti altri, i diritti civili e il lavoro precario, condurre un’”altra campagna”, in modo parallelo e indipendente dai partiti politici, di modo da elaborare una sua visione del cambiamento della società e del paese. Ma questo non impedirebbe una relazione. Io credo che se la Sinistra Arcobaleno proponesse oggi ai movimenti territoriali e cittadini un dialogo onesto, uno scambio effettivo e disposto all’ascolto da ambedue le parti, non la richiesta di voti e la propaganda che butta fumo su quel che è accaduto nei due anni del governo Prodi e negli anni di partecipazione e molte amministrazioni locali (come la Campania), questo sarebbe utile. Lo sarebbe anche per mostrare che può esistere uno stile diverso dalle campagne pubblicitarie a colpi di neopartiti e parole ad effetto, sondaggi inventati e pullman variopinti, con cui si combattono Veltroni e Berlusconi, che poi probabilmente si metteranno d’accordo in qualche modo dopo il voto, visto che le differenze sono solo sfumature.
Però, siccome non capisco niente di politica e di tattiche elettorali, è possibile che mi sbagli totalmente.

*Lettera pubblicata da Liberazione il 19 febbraio 2008

Cara Sinistra

Giacomo ci segnala che ha ricevuto questa mail in risposta all'inoltro in varie mailing list della lettera alla sinistra arcobaleno pubblicata su Liberazione


Sono Raffaele Tessitore di Parete e sono uno di quei pazzi consapevoli che per più di due mesi ha lottato ai piedi dello scempio di Taverna del re. Su quel posto, oggi, penso di essere cresciuto tanto sia dal punto di vista umano che politico. Si perchè, sebbene consapevole, appunto, di non riuscire a raggiungere l'obbiettivo di fermare i tir di Pansa, quel posto per me era diventato un luogo di crescita del senso e del bene collettivo, che sebbene quasi completamente scomparso, l'emergenza rifiuti sembra riportare piano piano a galla. I pazzi oggi sembrano avere passo dopo passo sempre più ragione. Chiunque, oggi riesca a ragionare senza secondi interessi, o sia minimamente informato, ha capito che il nocciolo della questione rifiuti non è se bruciare oppure no ma è un discorso molto più ampio e complesso. Insomma, chiunque abbia un pò di sale nel cervello, ha capito insomma che è una questione che si innesta in un quadro
globale. Eppure nel mondo della globalizzazione si pensa ancora , a maggioranza che dobbiamo togliere i rifiuti dalla strada e bruciarli nell'inceneritore. Non voglio farla lunga.......penso che tutti i destinatari di questa mail la pensino come me. Volevo invece dire qualcosa a proposito della lettera pubblicata, da liberazione.......Nello stato attuale delle cose la Sinarc fa piangere, ed io sono uno di quelli che nel mio paese ha inaugurato proprio domenica scorsa la sede della Sinistra Arcobaleno sbattendomene di segretari prov. o altri grandi, si fa per dire, personaggi dello scenario politoco pseudosinistroide, perchè nonostante la sfiducia generale che nutro verso i partiti, la cultura partitica che la mia famiglia mi ha inculcato (nel senso buono del termine) non mi consente di starne fuori.... Non è la solita retorica del combattere il marcio da dentro, ma un fatto di formazione personale... Tuttavia devo ammettere che è molto più gratificante partecipare al collettivo Tana che si trova ad Aversa e che spesso e volentieri frequento. La questione della frattura che la sinistra ha consolidato con la società, intesa in tutte le sue forme di autorganizzazione, è secondo me il tema centrale che oggi la parte mancina della politica dovrebbe affrontare. Prima del lavoro, prima dell'ambiente ecc ecc ecc, la sinistra deve ritrovare se stessa. Quello che oggi esprime la Sinarc è semplicemente l'apparato di se stessa, ma la sinistra, quella vera, cammina in larga parte fuori dai partiti, fuori dai palazzi e fuori dai compromessi. Siccome anche questa è cosa nota ormai a tutti, io mi chiedo: perchè la sinistra vera, diffusa, plurale, è sempre li che aspetta che qualcuno faccia al suo posto quello che vorrebbe che fosse realizzato? Perchè, visto che non ce la danno, non ce la prendiamo una vera Sinistra? perchè non la ricostruiamo insieme la sinistra che vogliamo? Spero non sia solo per spirito di contraddizione. Io mi sento più ambientalista dei verdi, più comunista dei comunisti e più democratico di sinistra dem, e ho deciso insieme ad altri giovani di spenderci per questo..... forse ci illudiamo ma ci piace ancora sognare.

23 febbraio 2008

Report Gruppo 3

Report del lavoro svolto dal gruppo tre del Cantiere:

costruire relazioni per una città includente

9 Febbraio, Facoltà di Architettura

a cura di G. Laino


Nel terzo gruppo ci siamo ritrovati in 24 persone: operatrici sociali, ricercatori universitari, testimoni di condizioni particolarmente fragili (operai, transessuali), studenti, dirigenti pubblici.


Per riportare una sintesi (che oltre ad essere una riduzione dovrebbe cercare di essere anche una sua elaborazione), parto dalla convinzione che ogni buona traduzione è sempre anche un’interpretazione. Pertanto, assumendo qualche responsabilità, aggrego i contenuti intorno a tre parole chiave che risultano dense e problematiche per tutti i partecipanti al cantiere.

Le tre parole sono Conoscenza, Fiducia e Reti.


CONOSCENZA

In modo diverso, grazie soprattutto ad alcuni interventi e al contributo che ha dato in mattinata Franco Floris (che con Enrica Morlicchio ha partecipato ai lavori del gruppo), è emersa l’evidenza di problemi strutturali, delle specificità della situazione napoletana e della necessità di elaborare, conoscere, condividere visioni, interpretazioni delle condizioni di cui siamo parte, con rinnovate capacità di analisi. Si tratta insomma di evitare una eccessiva dispersione entro una visione molecolare che nasconda o opacizzi troppo dimensioni strutturali che plasmano la riproduzione delle condizioni di vita.

Per richiamare l’importanza dell’immaginazione, suggerisco il ricorso a due termini che, in letteratura, richiamano attività cognitive che non sono solo necessariamente dei singoli: il fare visioning e fraiming. Si propone con questi termini l’essenziale funzione di elaborare e rinnovare visioni, immaginare dei quadri interpretativi, senza in questo inibire le intelligenze delle emozioni.

Da un lato, sia dalle analisi che dalle testimonianze, emergono le condizioni che ripropongono il carattere strutturale di problemi nella conurbazione napoletana: la disoccupazione strutturale, il blocco all’accesso nel mercato del lavoro regolare soprattutto per alcune categorie sociali;

il ruolo molto rilevante del settore pubblico nel mercato del lavoro sia diretto (vedi l’ampiezza in termini di numero di persone che vi lavorano delle aziende pubbliche o miste), come pure il peso che nell’economia del mezzogiorno hanno le filiere legate agli appalti pubblici;

la relativa debolezza dell’economia, dell’imprenditoria privata e il ruolo straordinario del sommerso.

E’ essenziale acquisire una qualche competenza diffusa nell’interpretare queste dimensioni strutturali, transcalari, senza chiudersi nell’economicismo ed evitando nuove forme di millenarismo apocalittico secondo cui tutto è già segnato dal destino.

Diversi interventi hanno sollecitato una visione integrata, non economicistica, riportando le testimonianze secondo cui le persone in difficoltà non hanno bisogno solo di opportunità economiche (certamente necessarie) ma di un accurato sostegno per dare voce alla rabbia, darsi un progetto di speranza.

Più volte è tornata la necessità di non sottovalutare la dimensione culturale, lo stesso Floris in mattinata aveva esortato a riprendere contatto con la cultura già fatta, fermarsi più spesso a pensare (magari insieme), evitando l’attivismo; riflettere i modi e i contenuti del cambiamento: come persone che sono, stanno in e lavorano per il PUBBLICO, dovremo essere vettori del mutamento. Ci interroghiamo abbastanza su, se e quanto, lo siamo effettivamente ?

Quanto le agenzie sociali si stanno schiacciando sulle prestazioni senza invece ri/costruire reti e legame sociale ?

Rispetto a questa esigenza di pensare a quello che facciamo e alle condizioni in cui siamo, emerge una lacuna preoccupante del ruolo dei ricercatori e degli universitari: a parte singole testimonianze, dove sono le Università, i centri di ricerca ?

La politica certo, le politiche senz’altro ! Senza delegare tutto o troppo alla politica !

Da più interventi è emersa la necessità di abitare sempre meglio uno spazio intermedio di autonomia, magari tornando ai territori, quelli dei quartieri come quelli delle comunità di pratiche di cui siamo o possiamo essere parte.

Purtroppo NON ABBIAMO SCAMPO !

Dobbiamo fare più lavori contemporaneamente, evitando troppe approssimazioni. Anche fra noi con l’adozione di un lessico e l’uso di alcuni spezzoni di analisi, ci si illude di fare idonea analisi critica. Invece dobbiamo continuare a sforzarci per documentarci e capire, magari anche cambiando idea, cercando di andare oltre il pensiero di senso comune. Certo si ripropone come centrale la questione dei poteri, degli attori, dei reticoli e delle pratiche di potere e di possibile emancipazione.


FIDUCIA

E’ evidente la necessità di associare interventi di sostegno alle persone, ai nuclei (come sostegno ai reticoli, alle loro capacità di accesso), e attivazione delle persone, proponendo e sottoscrivendo patti, per praticare e ampliare POLITICHE DELLA FIDUCIA.

Dobbiamo ricordare che in questa città da circa dieci anni si “sperimentano” politiche di reddito di cittadinanza. Anche in questi anni, come dimostrano la vicenda dei rifiuti e alcune politiche della formazione, la questione dei disoccupati è centrale.

Dalle testimonianze intorno alle politiche sociali e del lavoro riemerge che quando le politiche vengono disegnate e implementate a partire da visioni e diagnosi parziali ed errate, che non fanno tesoro dei saperi degli esperti dei territori, quando per il disegno delle politiche vengono chiamati gli amici, i fedeli, gli affiliati, poi si scontano errori e si producono sprechi; soprattutto si brucia fiducia. Secondo il pensiero di molti testimoni, per l’efficacia nelle politiche sociali “c’è un forte nesso fra sollecitazione all’indipendenza e sollecitazione al patto”.

E’ necessario adoperarsi, incoraggiarsi, sostenersi per passare dalle sacche di resistenza alla capacità di distanziarsi, abitare nel e con il disagio ritrovandosi, riproponendosi una progettualità senza scorciatoie, per non essere tanto o solo “ruota di scorta” ma vettori, co-protagonisti del cambiamento…………..non è così facile ma forse è l’unica via…… no ?


RETI

A Napoli ci sono molteplici piani in cui sono attive reti; non vi è l’isolamento tipico di altri contesti, magari più garantiti. La questione è che queste reti, spesso familistiche, claniche, clientelaari, spesso condizionano negativamente - come ha riportato Enrica Morlicchio da ricerche fatte da Lei e da alcune Colleghe - coproducono segregazione sociale. Un adolescente o una donna di un quartiere popolare scontano il degrado e il peso dei legami forti (famiglie, gruppo di pari) e la pochezza di altri possibili legami “deboli” (opportunità di istruzione, formazione lavoro regolare, accesso all’informazione). Anche qui torna con forza la necessità di politiche che consentano pratiche virtuose, di sostegni materiali per il mutamento culturale.

Da tempo alcuni riflettono sulla necessità di offrire opportunità e sollecitazioni per favorire la mobilità dei giovani; forse è indispensabile per un reale rinnovamento delle mentalità.


Una parentesi (personale) sulle reti che alla fine non sono ne possono essere un fine in se: sono affezionato a due parole che richiamano due pratiche, solo apparentemente alterative, che invece bisogna creativamente associare: RADICAMENTO (o almeno ancoraggio) e TRESPASSING1 (inteso come attraversamento, superamento di confini, di limiti).

1 Che nei cartelli che segnalano i confini di proprietà negli Stati Uniti significano violazione di limiti di proprietà ma, riferendosi p.e. al contributo di Albert O. Hirschman (1994)Passaggi di frontiera. I luoghi e le idee di un percorso di vita. Roma, Donzelli Editore, indicano una necessaria attitudine del pensiero critico.


LAVORO, LINGUAGGIO E MERCATO.

Un pezzo tutto da leggere da "La voce di Fiore", di narrazione tra fantasia e realtà del lavoro oggi.

sv

Il manifesto pre-Cantiere Fofi lo aveva scritto già un anno fa

La rivista on line "Lavoce di Fiore" è un ricco serbatoio di idee e di pensiero critico (non me ne vogliano i filosofi critici del pensiero critico presenti nella rivista). Pescando alla ricercadi un bell'articolo sul tema lavoro (che riporto nella sezione oggi in cantiere) ho trovato questo testo di Goffredo Fofi che risale a circa un anno fa, a prima di .... tutto il dopo. Leggetelo e dite se non si sente aria di cantiere. Il fatto sembra confermare clamorosamente che siamo ormai incapaci di conoscerci e tristemente dispersi ma anche che dovremmo smetterla di aspettare e come dice Fofi "reagire alla nostra stessa tentazione di rassegnazione, facendo nascere dall’osservazione e riflessione sul negativo che ci condiziona e ci lega, lo scatto, la reazione, la proposta. È sempre più difficile ed è sempre più necessario."

Il giorno del rifiuto (dal sito amicidipeppegrillonapoli)

Una sola parola, aspra e forte, racchiude in sé l'essenza dei movimenti di opinione ed i conflitti sociali che pervadono il nostro paese, come tutto il mondo, in questi tempi moderni.
Rifiuto è ciò che non si accetta, ciò che si rinnega perché lo si ritiene inutile, o dannoso. I criteri usati per separare il rifiuto da ciò che rifiuto non è, sono quelli che fanno la differenza tra una società in cui il progresso è utile al benessere ed alla felicità, e quella in cui si baratta la felicità con l'illusione di un progresso votato a procurare un benessere temporaneo ed immediato, che però nasconde le insidie di quello che si profila, a lungo termine, come un disastro.
Un disastro ambientale od un disastro politico, o magari un disastro culturale, sociale od economico. Tutto ciò ha a che fare con il Rifiuto.
Nel marasma di fazioni che si contrappongono e vicendevolmente rifiutano l'una le opinioni dell'altra, l'una le tesi dell'altra, l'una le azioni dell'altra, ad un osservatore esterno sembra difficile capire dove stia veramente la ragione, quale sia la strada giusta da seguire, i criteri da adottare.
E' per questo che il 23 febbraio 2008 succederà qualcosa di speciale. Cittadini incontreranno scienziati, medici, scrittori e giornalisti, nonché cantanti, musicisti, comici e pensatori ma, soprattutto, cittadini incontreranno cittadini, per condividere tra loro la voglia di riscattarsi, di prendere in mano le redini del loro futuro e continuare, o ricominciare, a sperare.
A Napoli, in Piazza Dante, dalle 12 alle 24. Vieni anche tu.
Perché questo è solo l'inizio.

semaancheno

Se non ci fosse il rifiuto campano, forse in questa campagna elettorale al Grillo il vispo Veltroni avrebbe tolto tutte le parole di bocca;
Ma è anche vero che, se non ci fosse il rifiuto campano, i tenaci proprietari delle nostre istituzioni avrebbero tolto a molti la libertà di partecipare.
Se non esserci è fare un torto a tutte le solitudini-moltitudini prevaricate dal potere politico che di meglio non hanno oggi per manifestare il proprio malumore, è anche vero che in effetti stiamo vivendo questa campagna elettorale con moltissimi eventi extra espressioni della cittadinanza attiva e dunque non c'è solo il grillo. No, non sembra appartenere ad altro dalla proprietà delle nostre istituzioni l'altro evento del giorno.
Ma soprattutto, un altro sabato di passione civile? No, non ce la faccio! riposo. No, anche se aderisco, ma solo per rifiuti zero.
sv

Sinistra e associazioni, tra promesse e tabù

Carta quotidiano venerdì 22 febbraio 2008 ore 17.30 Pagina 3

Continuano gli incontri della Sinistra arcobaleno per completare il programma. Oggi è stata la volta delle associazioni. Si è parlato di precari, laicità e partecipazione. Altri temi rimangono ancora tabù.
di Gianluca Carmosino


Ci possono essere diversi modi con i quali osservare e valutare uno degli incontri promossi in questi giorni dalla Sinistra Arcobaleno per completare la bozza del programma elettorale. La sala Luigi Pintor della sede di Carta, a Roma, ha ospitato oggi quello organizzato con le associazioni. Si potrebbe, ad esempio, segnalare chi c'era [dall'Arci a Libera, dall'Associazione per il Rinnovamento della sinistra alla Lav, dalla Tavola della pace all'Unione degli studenti, dalla Lipu all'Associazione Scuola della Repubblica e molti altri, in tutto poco meno di cento di persone] e chi non c'era, chi è intervenuto e chi no. Si potrebbe anche analizzare cosa è stato detto [una delle proposte più belle è stata di certo quella di Andrea Satta dei Tetes de Bois e della Rete degli artisti: in tutte le scuole deve esserci una giornata a settimana dedicata esclusivamente ad arte e cultura]; altri hanno ricordato come un soggetto che si chiama Sinistra Arcobaleno non può dimenticarsi delle centocinquantamila persone con disabilità che vivono ancora segregate in istituti, dei diritti degli animali, dei rischi di guerra nucleare e delle politiche per il disarmo, e di quanto «ormai ci siamo abituati al razzismo e alle aggressioni fasciste contro i migranti», come ha detto Filippo Miraglia dell'Arci.
Ma forse potrebbe essere interessante anche osservare i linguaggi utilizzati sia dai politici [era assente Fausto Bertinotti colpito dall'influenza, mentre c'erano Patrizia Sentinelli, Titti Di Salvo e Walter de Cesaris] che dai rappresentanti delle associazioni: espressioni come «la lettura della fase», «il punto fondamentale», «gli obiettivi politici», «l'occasione storica», «l'ascolto reciproco», «facciamo rete», «politica concreta», «la crisi della politica», «le speranze nate con il 20 ottobre» ad esempio sono stati piuttosto diffuse. Invece, alcune delle parole chiavi ripetute da molti, a volte alludendo a cose diverse a volte strappando timidi applausi, sono state precari, laicità, partecipazione, ambiente e ovviamente pace [mentre parole come autogoverno, decrescita e rom sembrano ancora dei tabù così pure nomi come No Tav e No Dal Molin].
Difficile dire quali degli interventi hanno dimostrato che, per dirla con Marco Revelli, occorre in questo momento «tenere aperta la possibilità di una lotta politica di sinistra, bisogna tenere un varco». Forse Tonio Dall'Olio [Libera] quando ha parlato ad esempio di nonviolenza come modo nuovo di fare politica e di ripensare l'economia o quando ha raccontato di antimafia sociale territoriale, ma anche Patrizia Sentinelli quando ha detto che l'incontro tra politica e società civile deve essere permanente «e fondante per una nuova idea di politica» e quando ha parlato di reti, di contaminazioni, di altra economia e di «costruire una società di pace, non solo come assenza di guerra, ma come relazione tra persone, comunità e ambiente».
E Andrea Satta quando ha raccontato dei migranti brutalmente sfruttati nelle campagne della Puglia per raccogliere «i pomodori che finiscono nei supermercati delle nostre città». E ancora: si potrebbe osservare l'età media dei presenti [sotto i trenta forse un paio], chi e quanti hanno preso appunti [su cosa e soprattutto perché], chi ha apprezzato il caffè equosolidale distribuito da Carta, chi dopo il proprio intervento se ne è andato [molti], chi si è divertito [pensando di divertire gli altri], a cambiare il tono della voce durante il proprio intervento scambiandolo per un comizio, chi ha rivendicato l'autonomia della società civile dalla politica e chi invece [come Flavio Lotti] pensa che la società civile più che scrivere il programma debba costruire il nuovo soggetto politico e partitico che andrà in parlamento e nelle amministrazioni locali. Infine, si potrebbe indovinare quanti hanno annunciato che avrebbero fatto soltanto «una premessa» e «un paio di cosiderazioni», senza purtroppo riuscirci: ma la risposta sarebbe troppo facile.

21 febbraio 2008

Rifiuti a Pianura, come 35 anni fa

Dal Corriere della Sera del 21 febbraio 2008

Rifiuti a Pianura, come 35 anni fa

La Regione approvò una «dichiarazione d’urgenza» e una legge per gli impianti di smaltimento

Spazzatura, malattie e blocchi stradali: tutto ricorda i tempi del colera
Dalle viscere puzzolenti delle discariche campane, insieme con i rifiuti tossici, continuano a uscire sorprese. Come una lontana legge regionale che, dissepolta, fa retrodatare l'emergenza spazzatura al 1973: cioè 35 anni fa. E indovinate da cosa era stata motivata, quella legge? Dal colera e da una rivolta a Pianura. Prova provata che il nostro è un Paese più smemorato dello smemorato di Collegno. Quanto siano lunghi trentacinque anni è facile da dirsi. Ne bastarono ventuno a Gengis Khan per unificare le tribù mongole, trascinarle alla conquista dell’Asia, arrivare ai Balcani e fondare il più grande impero della storia. Ne bastarono ventisette a Wolfgang Amadeus Mozart, morto appunto trentacinquenne, per scrivere 22 opere liriche, 12 opere sacre, 17 sinfonie e un’altra infinità di concerti e sonate e duetti. Ne bastarono 32 a Pio IX per marcare il pontificato più lungo dopo San Pietro. Bene, in quel lontano 1973 in cui erano ancora vivi Julius Evola e Aldo Palazzeschi, Beppe Savoldi vinceva la classifica marcatori davanti a Paolino Pulici e a Sanremo trionfava Peppino Di Capri, Napoli venne colpita dal colera.
Era la fine di un agosto torrido. Il presidente del Consiglio Mariano Rumor declamava che i problemi del Mezzogiorno erano al primo posto nella sua agenda, le cozze morivano asfissiate negli allevamenti legali e in quelli abusivi, la città non aveva ancora smaltito la rabbia che a metà luglio, nell’incubo d’una crisi energetica, aveva scatenato addirittura una serrata dei panificatori seguita da medievali assalti ai forni. E quando furono segnalati i primi due morti dilagò il panico. Il 30 agosto i decessi erano già sette, i ricoverati negli ospedali oltre centocinquanta, gli americani cominciavano a vaccinare la gente con enormi siringoni. E mentre nel resto d’Italia gli anti-democristiani sorridevano del fatto che per l’Organizzazione mondiale della sanità l’epidemia era causata da un vibrione di tipo Ogawa (con immediato gioco di parole su quello che era allora il viceré doroteo: «’o Gava») in città e nei dintorni divampava la protesta con guerriglia nelle strade, incendi, attacchi alle farmacie.
Ed ecco infine arrivare le prime disposizioni igieniche: vietato vendere frutti di mare, vietato fare il bagno lungo tutto il litorale, vietato abbandonare l’immondizia per strada. I giornali, memori di quanto era accaduto nella storia, ripubblicavano le cronache della spaventosa epidemia di colera del 1884 (settemila morti) e di quella ancora più apocalittica del 1836/1837, quando le vittime erano state 18 mila. Il ministro della Sanità, Luigi Gui, arrivava sotto il Vesuvio dicendo di essere stato informato di quanto accadeva dalla radio e mentre il capo dello Stato Giovanni Leone faceva visita ai malati al «Cotugno», una folla di curiosi, come trent’anni dopo avrebbe ricostruito sul «Diario» Eugenio Lucrezi, assisteva dal lungomare «alla deriva di quintali di cozze senza padrone, sradicate dai tralicci da chissà chi, che fluttuavano libere su e giù per Mergellina e in balìa delle correnti» mentre i fotografi immortalavano gli allevamenti di frutti di mare dove aggallavano i topi morti.
Sul Mattino, riapparve anche un pezzo della combattiva lettera aperta che la grande Matilde Serao aveva indirizzato in quel 1884 al capo del governo Agostino Depretis: «La strada dei Mercanti, l’avete percorsa tutta? Sarà larga quattro metri, tanto che le carrozze non vi possono passare, ed è sinuosa, si torce come un budello; le case altissime la immergono durante le più belle giornate, in una luce scialba e smorta: nel mezzo della via il ruscello è nero, fetido, non si muove, impantanato, è fatto di liscivia e di saponata lurida, di acqua di maccheroni e di acqua di minestra, una miscela fetente che imputridisce. In questa strada dei Mercanti, che è una delle principali del quartiere Porto, v’è di tutto: botteghe oscure, dove si agitano delle ombre, a vendere di tutto, agenzie di pegni, banchi lotto; e ogni tanto un portoncino nero, ogni tanto un angiporto fangoso, ogni tanto un friggitore, da cui esce il fetore dell’olio cattivo, ogni tanto un salumaio, dalla cui bottega esce un puzzo di formaggio che fermenta e di lardo fradicio ».

E tutti a dire: ecco, anche oggi è come allora! Basta! Basta! Era questa l’aria che tirava, quando scoppiarono le rivolte di piazza contro le discariche, a partire da quella di Pianura dove la gente organizzò esattamente come oggi furenti blocchi stradali. E fu nella scia di questi moti che il Consiglio Regionale della Campania (nel quale sedeva sui banchi comunisti il giovane Antonio Bassolino) decise di votare una «dichiarazione di urgenza ». E di varare una legge, la numero 23 del 19 novembre 1973, che portava un titolo quasi incredibile, a rileggerlo oggi: «Finanziamenti regionali per la costruzione, ampliamento e completamento di impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani». E non si trattava solo, come ricorda Mario Simeone, già capo dell’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale, di buoni propositi: per la sua attuazione venne previsto infatti uno stanziamento di 30 miliardi di lire, con i quali i comuni o loro consorzi avrebbero dovuto «costruire i necessari inceneritori nel quadro di un piano regionale di cinque anni di localizzazione razionale degli impianti». All’articolo 9, con minaccioso decisionismo, c’era scritto: «Qualora i Comuni o Consorzi non presentino i progetti esecutivi o non completino le opere nei termini stabiliti, provvede direttamente la Regione alla realizzazione degli impianti». All’opera! All’opera! Cinque anni dopo, al momento del bilancio, non era stata investita seriamente una sola lira. Da allora, mentre si accavallavano emergenze ad emergenze, si sono succeduti 5 presidenti della Repubblica, 9 legislature, 29 governi. E, come se quella legge non fosse mai stata fatta, si è sempre ricominciato da zero.

Gian Antonio Stella
21 febbraio 2008

Il Kosovo: un altro stato etnico nei Balcani

Comunicato Stampa - 21 Febbraio 2008

In questi giorni una delegazione dell'Associazione per la Pace si trova a Mitrovica in Kosovo allo scopo di monitorare gli sviluppi della crisi attuale e di condividerne gli esiti con le popolazioni civili serbe e albanesi.I dirigenti kosovari hanno dichiarato unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia: è nato un altro staterello etnico nei Balcani. In piena Europa si fa scempio del diritto internazionale, si contraddicono le risoluzioni dell'Onu, si disegnano nuovi confini, si crea un precedente che potrebbe diventare dirompente. Partendo dal concetto di autodeterminazione, diritto per altro sacrosanto, legandolo però alla etnia si apre una questione che rischia di aprire scenari inquietanti. Perché per gli Albanesi del Kosovo sì e per quelli della Macedonia no? E i Serbi della Bosnia non avrebbero anche loro diritto all'indipendenza? E gli ungheresi della Transilvania? E i Russi della Moldavia che già hanno un loro stato autoproclamato che si chiama Transnistria? E ancora i Ceceni, i Kurdi che da anni la chiedono e qui nell'Unione Europea i Baschi in Spagna, gli Scozzesi in Gran Bretagna, gli Irlandesi dell'Ulster, i Fiamminghi e i Valloni in Belgio, e perché no i cosiddetti "padani" di Bossi qui nel nostro paese? E la lista potrebbe continuare all'infinito.Ancora una volta l'Unione Europea non ha saputo essere autonoma dalla politica estera americana che ha fortemente voluto l'indipendenza del Kosovo sapendo che questa avrebbe causato nuove divisioni in Europa ed un aumento di tensione nei confronti della Russia che questa indipendenza non voleva. Ora avremo in Europa un altro stato assolutamente non in grado di andare avanti con le sue gambe, privo dei minimi standard democratici, non ha nemmeno una costituzione, senza bandiera perché prende in prestito quella dell'Albania, con una dirigenza impresentabile, sempre sul filo dell'incriminazione presso il tribunale dell'Aja e con una economia inesistente. Sarà quindi uno stato totalmente assistito da ingenti finanziamenti internazionali che, come già abbiamo visto in questi anni, andranno ad alimentare le mafie locali che già controllano il mercato della droga, delle armi e del traffico di esseri umani.Il Governo Italiano avrebbe potuto opporsi a questa situazione solo se avesse proseguito con forza ciò che ha fatto invece molto timidamente: chiedere cioè la continuazione dei negoziati con la Serbia che già aveva offerto al Kosovo una autonomia molto superiore a quella del nostro Alto Adige. Ma come sempre, come nel 1999 quando la Nato ha fatto una guerra, si diceva allora, per impedire la pulizia etnica degli albanesi da parte dell'esercito serbo senza poi però riuscire ad impedire la contropulizia etnica dei serbi alla fine dei bombardamenti, l'Italia si è adeguata; anche nel '99 purtroppo con un governo di centro sinistra con D'Alema, ieri Presidente del Consiglio, oggi Ministro degli Esteri.Si poteva fare diversamente?Nel 1991, all'inizio delle tragedie nella ex Jugoslavia, i pacifisti chiedevano uno sforzo politico perché tutti i Balcani venissero integrati nell'Unione Europea. Solo dentro un quadro di questo tipo forse le rivalità etniche e nazionali potevano trovare soddisfazione. Non si è fatto allora e non si sta facendo nemmeno ora. Speriamo solo che le contraddizioni che si aprono con questa proclamazione unilaterale di indipendenza non facciano esplodere nuovamente la violenza i quelle terre già martoriate.

Gianni Rocco
Associazione per la Pace*

* L'Associazione per la Pace negli ultimi anni ha mantenuto una presenza di volontari e operatori in Kosovo. Attraverso il progetto "Dialoghi di Pace" ha promosso la mediazione e il dialogo tra giovani serbi e albanesi nella città divisa di Mitrovica.

Sulla Sicilia decidano i cittadini siciliani.


La scelta di Anna Finocchiaro da parte del Partito Democratico, come candidata per le elezioni alla presidenza della regione Sicilia, rischia di separare, più che di unire, le forze del centro/sinistra siciliana, mentre da più parti si chiedevano le primarie o, se non ci fosse stato il tempo, procedure basate almeno sul riconoscimento della pari dignità tra partiti e movimenti espressione della società civile. Sarebbe stato questo l’unico modo per salvaguardare i percorsi di aggregazione sociale e i processi di autoorganizzazione, come quelli maturati attorno a Rita Borsellino, sui quali si stanno faticosamente costruendo nuovi argini contro la mafia e il potere clientelare. Le prime fasi della campagna elettorale in Sicilia, come nel resto d’Italia, mettono invece in evidenza, oltre alla arrogante certezza di vittoria e di impunità del centrodestra, che si permette persino il lusso di dividersi, tanto è sicuro della vittoria finale, la volontà egemonica del Partito democratico che, se non sarà immediatamente ridimensionata, potrà solo contribuire ad intaccare la volontà di partecipare (anche al voto) e l’impegno politico dei cittadini siciliani.


Nessuno può pensare di accantonare con una scelta di vertice il movimento e le aggregazioni politiche che da anni si erano espressi unitariamente per Rita Borsellino, né si può caricare la responsabilità del fallimento di un percorso unitario, causato dalle imposizioni maturate a Roma, su chi fino all’ultimo ha lavorato come Rita e le forze che le sono state vicino, per l’unità e per la partecipazione più ampia.


I giochi però sembrano purtroppo ormai fatti, con l’annuncio della candidatura di Anna Finocchiaro, ai partiti della Sinistra arcobaleno non resta che prendere atto del fatto che - al di là della figura prescelta come candidato alla Presidenza della regione - metodo e contenuti che si annunciano da parte del Partito Democratico non potranno dare nessuna copertura a quanti sono quotidianamente impegnati in Sicilia nella lotta contro tutte quelle incrostazioni di potere che strangolano la vita dei siciliani e che costringono sempre più spesso i giovani ad emigrare.


Anche la Sinistra Arcobaleno siciliana dovrà assumersi tutte le sue responsabilità, se restare in una situazione di subordinazione nei confronti del Partito democratico, o se recuperare finalmente piena autonomia e quel rapporto con i movimenti e con i cittadini che, negli anni del governo Prodi, malgrado in Sicilia si lottasse insieme contro Cuffaro, è stato fortemente incrinato.


Non si può tornare a trattative basate sulla conta dei futuri scranni nelle istituzioni di governo. Occorre, da subito, un forte rilancio dell’impegno, della mobilitazione sociale e, se occorre, del conflitto vero e proprio, a fianco delle battaglie dei cittadini e dei residenti (senza dimenticare i migranti) più deboli, per il lavoro nella legalità, per una sanità che funzioni, per l’accesso alla casa, per la legalità della pubblica amministrazione, per una scuola che non sia appannaggio di arricchimento per i privati, per un ambiente che non venga deturpato da opere pubbliche dannose che servono solo ad arricchire la mafia ed i suoi referenti economici e politici.


Il lavoro da fare è tanto, i cittadini e i movimenti che si sono impegnati su territori sempre più difficili proseguiranno nel loro lavoro quotidiano ma, se le scelte dei vertici siciliani dei partiti del centro sinistra non cambieranno, i frutti di questo impegno non passeranno certo dalle urne elettorali.


Fulvio Vassallo Paleologo

Università di Palermo


20 febbraio 2008

Esempio di responsabilità "oggettiva"

da Repubblica di oggi 20 feb

Grazie Fiorello, ma votare si deve

di ROMANO PRODI

Caro direttore, la vicenda dei rifiuti in Campania è stato lo spunto per un ironico -ma non per questo meno graffiante - monito radiofonico di Fiorello sul diritto-dovere dei cittadini a presentarsi alle urne il 13 aprile.

Le immagini di Napoli nella morsa della spazzatura hanno moltiplicato la sensazione di impotenza davanti agli intrecci affaristici e al degrado non solo ambientale di una delle terre più belle del Paese. Sarebbe tuttavia sbagliato, a mio avviso, reagire seguendo la provocazione del bravo Fiorello, perché anche votando si possono cambiare le cose. E per votare in modo consapevole è giusto anche sapere come sono andate veramente le cose, parlando con franchezza di colpe e meriti.

I motivi che hanno determinato il precipitare dell'emergenza rifiuti in Campania sono racchiusi in una parola sola: irresponsabilità. Il mio Governo ha invece avuto come punto di riferimento l'assunzione di responsabilità: in politica estera, in quella economica, nelle scelte infrastrutturali. Da 14 anni, ripeto 14 anni, Napoli e la Campania hanno visto sottratta alla responsabilità naturale degli enti elettivi la gestione dei rifiuti con l'alternarsi di Commissari straordinari e un fiorire di ipotesi di soluzione spesso più propagandistiche che operative tanto che non è neppure decollata nei comportamenti e nella coscienza collettiva l'importanza della raccolta differenziata. Dall'11 febbraio del '94 Antonio Rastrelli, Andrea Losco, Antonio Bassolino e Corrado Catenacci sono stati chiamati dai vari governi di centrodestra e centrosinistra a gestire la situazione. Hanno fallito.
Che il problema dei rifiuti in Campania fosse drammatico ce ne siamo resi conto da subito e per questo il Governo ha affidato al Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso e poi al prefetto Alessandro Pansa il compito di affrontare l'emergenza. Le difficoltà incontrate dai due commissari ci hanno fatto capire che bisognava avere il coraggio di andare oltre, di superare per sempre l'emergenza. Abbiamo dunque deciso di affidare poteri speciali al prefetto Gianni De Gennaro, scelto con plauso unanime. Parallelamente si è deciso che fosse arrivato il momento di chiudere definitivamente l'era geologica dei commissari straordinari, affidando al prefetto Goffredo Sottile il compito di liquidare amministrativamente le gestioni precedenti. E' chiaro che questo ha alzato il livello di conflittualità con tutti coloro che in questi 14 anni hanno succhiato miliardi dal disastro lasciando debiti per oltre 650 milioni di euro, una posizione debitoria dei Comuni campani di 250 milioni e un contenzioso che si aggira su una cifra non inferiore a 2 miliardi di euro.

Non scrivo queste righe per rivendicare, quanto per spiegare. Spiegare che abbiamo trovato una Campania senza termovalorizzatori, che le discariche diventano "misteriosamente" utilizzabili un giorno e vietate quello successivo. Non ci siamo arresi e abbiamo imposto che si procedesse con l'individuazione di nuove aree e di strumenti più rapidi per l'apertura degli impianti. Anche qui, come in un film, in un brutto film, abbiamo assistito a un intreccio di posizioni politiche e di speculazioni territoriali - interne anche alla maggioranza - che hanno finito per diventare parte integrante del problema.

Abbiamo aperto un dialogo con le Regioni affinché questa emergenza venisse affrontata con quel senso di solidarietà necessario quando un problema diventa nazionale ed è quindi l'immagine stessa del Paese a essere compromessa. Abbiamo ricevuto aiuti concreti da pochissimi, promesse da altri e sostanziali dinieghi dalla maggior parte, anche dalle regioni che hanno capacità di smaltimento in eccesso. E questo mentre la Germania ben volentieri mette a disposizione, naturalmente a pagamento, i suoi impianti. Ma nonostante tutto questo, anche grazie alla mobilitazione dell'esercito, la spazzatura quotidiana oggi non è più un problema. Smaltiamo quotidianamente oltre alle 7000 tonnellate giornaliere anche 3000 tonnellate di quelle che si sono accumulate nel tempo lungo le strade della Campania. E' sufficiente? No, affatto. Restano per terra ancora 200mila tonnellate di rifiuti. Tonnellate che giustamente scandalizzano tutti, ma non coloro che scendono per strada con alla testa sindaci, medici, sacerdoti, in una parola i punti di riferimento di una collettività che, certamente in buona fede, sembrano tuttavia preferire i rifiuti per strada a una discarica sia pur temporanea. Mi chiedo e vi chiedo se questo sia senso delle istituzioni e del bene comune.

La crisi ha origini lontane e plurime: il ruolo primario della camorra, la produzione di ecoballe non a norma, l'opaca gestione dei consorzi, i ritardi nella costruzione degli impianti anche a causa della mancata autorizzazione delle agevolazioni Cip6, le inchieste giudiziarie e i processi, il finto ecologismo. Potrei continuare a lungo nell'elencare tutti i protagonisti di questa vicenda. Ma non sarei onesto fino in fondo se non citassi la politica, quella nazionale e quella locale. Faccio un solo esempio: in dicembre, a fronte della prevista chiusura del sito di stoccaggio di Taverna del Re, il commissario Pansa decise, d'accordo con i Presidenti delle Province (che, lo ricordo, erano i subcommissari per l'emergenza) di costruire cinque nuove piazzole per lo stoccaggio delle ecoballe sparse nella Regione. Per l'individuazione dei siti fu espressamente richiesta la loro collaborazione. Ebbene, i presidenti delle Province a loro volta hanno lasciato la palla ai sindaci. E questi si sono rifiutati di affrontare in modo collaborativo il problema.

La relazione commissariale di fine anno evidenziava con chiarezza che man mano che si maturava la sensazione di andare verso l'uscita dalla precarietà, si diffondeva una serie di comportamenti tesi a mantenere, invece, lo stato d'emergenza e commissariale, con gli interessi convergenti anche di amministrazioni locali che percepiscono la tassa sui rifiuti solidi urbani e non li smaltiscono, nonché una serie di interessi assai poco nobili da parte di strutture collegate al ciclo di smaltimento e gestione.

E' questa la politica che i cittadini vogliono? E' questa l'amministrazione del bene comune? Sono domande retoriche, è ovvio. Ma la risposta non deve essere solo l'indignazione. Per questo abbiamo preparato un piano operativo che entro il 7 maggio porti alla pulizia delle strade, all'apertura di discariche temporanee e definitive (quelle indicate dalla legge n. 87 del 2007), al ripristino della responsabilità del ciclo di smaltimento dei rifiuti in capo agli enti locali e infine alla creazione di almeno tre termovalorizzatori (Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno). La situazione attuale, anche a causa degli ostacoli quotidianamente frapposti all'azione del Commissario, è però ancora gravissima. Non solo perché la raccolta differenziata è ben lontana dalla sufficienza e non solo per i blocchi stradali o la mobilitazione della malavita. Ma anche per l'ostinata e cocciuta idea che l'ambientalismo sia una cultura di proprietà di alcuni politici e che sia Roma a dover risolvere i problemi e non Napoli a rimboccarsi le maniche. In un certo senso ringrazio Fiorello. Ha riportato sulle prime pagine un tema che sembrava dimenticato e che invece continuava - non è un gioco di parole - a puzzare di marcio. Ma quello che è accaduto in questi 14 anni a Roma e a Napoli, e che continua ad accadere, non deve essere una fuga dalla politica o un inno all'antipolitica. Ci sono responsabilità precise. Spetta all'elettore valutarle e ai singoli esponenti politici farsene carico.

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